Quando ci si ammala le cose cambiano e tutto diventa differente, si cerca rapidamente di rimanere attaccati alla vita come non si era mai fatto prima.
Si parte da un dolore toracico e si finisce al Pronto Soccorso, con un’ischemia cardiaca che rivela una patologia molto piu’ seria.
Passare dalla quotidianieta’ della propria routine famigliare e lavorativa a diventare paziente di un’ unita’ coronarica interventistica di un grande ospedale vuol dire di fatto pagare pegno alla propria vita, scontare le abitudini sbagliate, la familiarità a patologie che erano tipiche dei propri genitori, ma che mai si avrebbe pensato di ereditare.
Insomma quando ci si ammala le cose cambiano e tutto diventa differente, si cerca rapidamente di rimanere attaccati alla vita come non si era mai fatto prima, il gioco si ferma e tutto diventa differente. Ma gli altri, i sani, quelli che stanno bene, quelli che stanno fuori (dall’ospedale) che fanno, che possono fare per aiutarci ?
Certamente ci stanno accanto, ci vengono a trovare, si preoccupano per noi, ma cos’altro possono fare per noi ? Possono tirarci fuori dal caos che inevitabilmente la malattia determina, trainandoci fuori dal tunnel adoperando quel sottile filo che ci lega alla vita chiamato amore.
Ci dovranno convincere del fatto che si puo’ fare, che si possono superare i dolori e i tormenti delle terapie, pur di guarire, perche’ fuori ci sono persone e cari che ci aspettano, perche’ senza di noi le cose non sarebbero piu’ le stesse, perche’ siamo amati e destinati ad amare.
Piano piano riannodando quel filo seguiremo il percorso di guarigione e ne verremo fuori, riprenderemo a vivere, ci legheremo ancora una volta alla vita, proprio per continuare con chi ci vuole bene e non riuscirebbe a stare senza di noi. Insomma nella malattia, qualsiasi cosa accada, c’e’ sempre un filo che ci lega alla vita, che si chiama amore, non dimentichiamolo mai. Il resto poi lo fara’ la medicina.