La mostra è visitabile fino al 15 novembre a Palazzo Reale di Milano. Dedicata alla madre, e agli ottantamila modi per esserlo.
L’arte di parte
La Grande Madre è una mostra sul potere della donna: partendo dalla rappresentazione della maternità, l’esposizione passa in rassegna un secolo di scontri e lotte tra emancipazione e tradizione, raccontando le trasformazioni della sessualità, dei generi e della percezione del corpo e dei suoi desideri (dalla presentazione sul sito).
L’immagine straniante di copertina: l’autoritratto dell’artista britannica Gillian Wearing nei panni della propria madre (Annalisa Guglielmino).
Il tema universale della Madre (la Grande Madre simbolica) e quello, connesso, delle madri che tutte noi abbiamo avuto e potremmo/vorremmo essere è presente oggi con molta forza nel panorama culturale. Insomma, il tema per quanto universale è tutt’altro che scontato e non è un caso che se ne discuta con forza oggi, di fronte alle trasformazioni delle condizioni, dei ruoli e dell’ immaginario femminile e maschile sulla maternità (Vittoria Longoni).
Essere figlie senza madri è in realtà la condizione che caratterizza simbolicamente tutte le donne, nella cultura patriarcale: privata del continuum simbolico materno, per una donna non solo è difficile riconoscere l’apporto di sapere di quelle che sono venute prima di lei, ma risulta conflittuale e problematico il rapporto con la madre (quella vera) e la stessa esperienza fisica e psichica della maternità (Mariella Pasinati).
…un’esperienza universale e trasversale che unisce donne lontane per età, religione, cultura, aree geografiche… (Beatrice Trussardi).
… questa mostra ha come tema l’immaginario riguardante il femminile, di uomini e donne. In altre parole quello legato alla visione maschile della donna, e il modo con cui le donne lo hanno fatto proprio, rielaborato, decostruito, smitizzato (Lea Melandri).
… la ricchezza dei riferimenti al “desiderio” delle donne, riletto attraverso una cultura patriarcale da cui liberarsi rende arduo il percorso, se non si indaga con sguardo critico il cammino storico dell’umanità. Come suggerisce Lea Melandri «L’immaginario che la civiltà maschile ha costruito intorno al corpo femminile – erotico / generativo – ritorna nell’opera di una grande quantità di artiste rielaborato e riproposto con sorprendente criticità, ironia, sarcasmo, drammaticità (Gabriella Musetti).
Rituale quotidiano Sheela Na gig di Nancy Spero
Dimensione del corpo. Corpo come dimensione
…si tratta, infatti, di un tema complesso e problematico, non solo perché intrecciato con la dimensione del corpo, del desiderio, della sessualità, con le trasformazioni dei ruoli sociali e del rapporto fra i sessi, ma perché il materno è da sempre per le donne terreno ostico e rischioso, in quanto fortemente segnato dall’immaginario di un maschile costantemente ossessionato dalla potenza generativa delle donne e dall’idea di controllarne il corpo col discorso e con la legge (Mariella Pasinati).
… la mostra ha comunque il merito di restituire la ricchezza e le innumerevoli trame di una poderosa creatività femminile (Mariella Pasinati).
… la rappresentazione della potenza e della creatività di una divinità femminile da cui dipende tutto il cosmo La Gigantessa, La custode dell’uovo (1947) della surrealista Leonora Carrington (Mariella Pasinati).
…Jeff Koons, gigantesca versione neo pop della Venere di Willendorf, in lucido acciaio verniciato nelle sue tipiche forme di palloncini e intorno alla quale può capitare di incontrare un/a bambino/a cui la mamma insegna a camminare, performance programmata da Roman Ondak -Teaching to walk (2002)- che sfuma i confini fra arte e realtà (Mariella Pasinati).
…le fantasie maschili su un femminile virtualmente distruttivo che ha ancora nella potenza della Grande Madre, nella sua capacità di dare oltre alla vita anche la morte, una delle radici della misoginia e delle rappresentazioni stereotipate dell’essere donna (Mariella Pasinati).
Negarsi/prendersi spazio
…c’è l’ideologia fascista della madre documentata con foto e testi, c’è un’ampia sezione delle artiste futuriste in lotta coi loro maschi (ma spesso anche con le altre donne) che ci hanno lasciato minuscoli disegni o manifesti ma nessuna grande tela quasi negandosi lo spazio, esclusa un L’ebbrezza fisica della maternità rossa e avvolgente di Marisa Mori… (Silvia Neonato).
…alcune ultime immagini di artiste che si sono finalmente prese lo spazio lavorando su grandi tele. Al ’94 risale il ciclo di foto dell’artista olandese Rineke Dijkstra che ritrae madri fotografate poche ore dopo il parto nude col bimbo piccolissimo tra le braccia: una rappresentazione decisamente non sentimentale del parto, anzi dura… (Silvia Neonato).
“Soggette”
… che la donna non dovesse mai aver bisogno di affermare la sua individualità, che fosse destinata a “vivere per gli altri”, “amare e partorire”, e che questo sacrificio di sé facesse di lei una “religione”, era stato il massimo tributo che pensatori del secolo precedente, come Michelet, Bachofen, Mantegazza, avevano creduto di fare alla “differenza” femminile (Lea Melandri).
…evidentemente, separare la sessualità dalla procreazione, legittimare l’aborto, scrollarsi di dosso le tante illibertà di cui hanno sofferto le donne, a partire dalla cancellazione di esistenza propria, non è bastato a scalfire il carattere fondativo dell’identità femminile, che ancora viene attribuito all’essere madre. C’è ancora una comprensibile resistenza delle donne ad abbandonare un potere – sostitutivo di altri a loro negati – che viene dal rendersi indispensabili, necessarie a uomini che non hanno mai smesso di affidarsi alle loro cure come figli, mettendo a rischio la loro maschera virile (Lea Melandri).
…è una mostra non solo sul potere generativo e creativo della madre, ma soprattutto sul potere negato e sul potere conquistato dalle donne nel corso del secolo. L’arte e cultura hanno spesso posto al centro la figura della madre, come simbolo della creatività e metafora della definizione stessa di arte (Massimiliano Gioni).
…perché dovrei essere madre per forza? Per il solo fatto di essere donna? C’è un gusto selvaggio nel dire no. C’è piacere nel dire: che le mie mani restino libere da vincoli. Ho troppo da dare al mondo per dare a uno soltanto. Ho bisogno di stare con me stessa, ora e qui su questo mondo. Non voglio essere due solo perché si deve. Pare che, quando l’occupazione principale di una donna non sia quella di madre ma di cittadina, c’è sempre qualcuno che si preoccupa di metterla a posto. (Eleonora Cirant, Una su cinque non lo fa. Maternità e altre scelte, Franco Angeli 2012).
…quando é nato il mio primogenito alla Macedonio Melloni, nel letto accanto al mio una giovane donna piangeva disperatamente. Aveva appena partorito il suo quinto figlio e il marito si era fatto vivo in ospedale soltanto per minacciarla: “Se lo porti a casa ti ammazzo di botte”. Parole inequivocabili (Rosanna Sorani Doplicher).
Avere una madre è anche riconoscere di essere fatte dalle parole delle altre donne.
P. S.
Ecco un piccolo itinerario sulla figura della madre nella letteratura: Grazia Deledda “La madre”, Elsa Morante “Aracoeli”, Irène Némirovsky “La nemica”, Emanuele Tonon “La luce prima”, Marco Peano “L’invenzione della madre”, Ornela Vorpsi “Viaggio intorno alla madre” e Milena Busquets “Passerà anche questa”. (da un seminario di Laura Lepri, grazie a Vittoria Longoni). Ulteriori segnalazioni sono oltremodo gradite.