Come si giudica un uomo che si è assunto il potere di disporre di un’altra vita, di farne ciò che ha voluto, con efferata crudeltà?
“Non volevo ucciderla”. Lo ha detto Maurizio Falcioni, l’uomo che voleva “solo” massacrare di botte la fidanzata Chiara Insidioso Monda a cui ha inflitto pugni e calci anche alla testa, che ha sbattuto ripetutamente a terra. Fino a che lei, 19 anni e tutta la vita davanti, è svenuta e lo ha accontentato: non è morta. A distanza di due anni Chiara è in gravissime condizioni fisiche e neurologiche. Irreversibili, salvo qualche lento miglioramento. Chiara oggi è quella della foto che suo padre ha pubblicato sul suo profilo Facebook (e che io non mi sento di pubblicare).
Maurizio Falcioni è stato condannato in primo grado a 20 anni. Inizialmente aveva negato le sue responsabilità dicendo che Chiara era caduta, poi di fronte all’evidenza delle perizie mediche, ha ammesso.
Nel processo d’appello ha chiesto perdono, e insieme al perdono ha chiesto anche uno sconto di pena che gli è stato accordato.
Uno sconto di ben 4 anni. Qualcosa mi dice che si comporterà benissimo in carcere, chissà, magari studierà pure, e per la sua buona condotta non si farà nemmeno i 16 anni che oggi sono scritti sulla sentenza. E’ vero che ogni anno di carcere sono 365 giorni tutti uguali chiuso in una stanza ed è una bella penitenza, ma basterebbe guardare la foto di Chiara oggi per capire che a un uomo tanto brutale e meschino, lo sconto di pena doveva essere pari a giorni zero, che avrebbe dovuto avere la decenza di non chiederlo e ritenersi fortunato ad aver preso solo 20 anni, perché Chiara la sua vita non se la riprenderà più.
Alla lettura della sentenza la madre di Chiara ha urlato la sua rabbia, il padre si è sentito male ed è finito in ospedale. Poi ha postato su Facebook la foto, e un messaggio per sua figlia (lo trovate in fondo al post) dove scrive “io non mi sento rappresentato più da nessuno in questo paese…si fanno ricorrenze…si fanno salotti e si parla di violenza sulle donne..ma al dunque chi fa’ del male a una donna ne esce sempre meglio di chi è vittima…”.
Questo dobbiamo dirci mentre guardiamo la foto di Chiara, mentre ci avviciniamo al 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Mentre non abbiamo ancora una ministra delle pari opportunità perché non sembra sia la priorità né per Renzi nè per nessuno e nessuna in questo governo. Questo dirò domani sera in un teatro milanese dove incontrerò esponenti delle istituzioni.
Che delle nostre chiacchiere a Chiara non importa niente, perché è delle azioni che abbiamo bisogno. Della coscienza delle istituzioni, di una assunzione di responsabilità che sale dal basso ma non arriva dall’alto.
Di risorse economiche per mettere in atto le convenzioni, le leggi, i decreti, i piani antiviolenza (mentre si tagliano invece i finanziamenti ai centri).
Per iniziare un programma di formazione che coinvolga tutte le professioni che intercettano la violenza, magistrati compresi.
Sì, perché quando si parla di violenza di genere anche i migliori magistrati si possono scoprire assolutamente impreparati sull’argomento, perché la violenza non è un affare privato ma pubblico, è un tema culturale e va studiato e indagato come qualsiasi altra materia.
Abbiamo tanti esempi di sentenze che a noi cittadini comuni appaiono inspiegabili, noi che invece dei codici ci affidiamo al buon senso. Come nel caso del piccolo Federico Barakat, come nel caso della bambina di Catanzaro, come ogni volta in cui ci domandiamo con che criterio agiscono i giudici, con quale metro applicano le leggi, mettono in pratica il loro sapere. Se mai si mettono nei panni di quelle vite, se sappiano sentire il dolore delle persone per poterlo quantificare.
Perché a guardare la foto di Chiara seduta in quella carrozzina ci si chiede da dove arrivano i 20 anni, i 4 anni di sconto; un tanto a trauma? un tanto a pugno? un tanto a bugia?
Come si giudica un uomo che si è assunto il potere di disporre di un’altra vita, di farne ciò che ha voluto, con tanta efferata crudeltà? perché questo fa un uomo che ti massacra perché teme tu lo possa lasciare: decide che la tua vita è sua, e si fa a modo suo.
Domani un altro processo ritorna in tribunale, quello che ha condannato all’ergastolo Pasquale Iacovone, l’uomo che ha ucciso e dato fuoco ai suoi figli Davide e Andrea, 12 e 9 anni, perché ha anteposto l’odio verso la ex moglie, Erica Patti, al valore delle loro piccole vite. Perché molto spesso il figlicidio non è che una forma ancor più disumana di femminicidio, un atto di potere contro la ex moglie, a cui si infligge la pena più insopportabile. E domani a Brescia che accadrà?
Chi stabilirà il valore di quelle vite?
Il padre di Chiara nel suo post dice che “i giudici non hanno coraggio”. Ha ragione. E’ il coraggio che manca a questo paese che si nasconde.
Questo il post del papà di Chiara:
“Cara Chiara,oggi sono stato affianco a colui che ti ha ridotto così per sempre…lo sai oggi sei stata oltraggiata da lui…dal suo avvocato e dai giudici che non hanno coraggio…Chiara …L’ITALIA è un paese dove non c’è dignità e oggi in quell’aula si parlava solo del modo in cui riabilitare al mondo quel verme di Falcioni…nessuno ha mai pensato a come sei e sarai per sempre ridotta e abbandonata…lui ha ricevuto un bellissimo sconto che lo aiuterà a tornare presto a fare la sua vita…Oggi mi piacerebbe avere la possibilità di sapere che potrei portarti via da questa Italia…bruciare la mia carta d’identità sarebbe un sogno..io non mi sento rappresentato più da nessuno in questo paese…si fanno ricorrenze…si fanno salotti e si parla di violenza sulle donne..ma al dunque chi fa’ del male a una donna ne esce sempre meglio di chi è vittima…Chiare’ oggi non ci vediamo so’ stato male e non mi sento bene…ma vedrai che domani mi rialzo e ci rivediamo…tu sei la mia guida e ti ringrazio perché senza di te non posso sta’…”
#iostoconChiara
Post dal sito cristinaobber.it