Incontro oggi Ilaria, mamma di due figli, di cui una bambina disprattica, che con grande forza e determinazione porta avanti il suo progetto e percorso di vita per sua figlia.
Non vogliamo presentare la disprassia da un punto di vista medico e/o psicologico (chi vuole può trovare qui degli approfondimenti http://www.disprassia.org) ma semplicemente raccontare i sentimenti di una madre che vive il disagio attraverso gli occhi della figlia.
Ciao Ilaria, mi daresti una definizione di disprassia?
La definizione più comune e più rigorosa è: incapacità di operare una sequenza coordinata di movimenti intenzionali più o meno complessa, ma io preferisco chiamarla goffaggine; goffa è l’aggettivo che più spesso viene usato per definire mia figlia da chi non la conosce bene.
In che senso goffa?
Mia figlia è una bambina dai movimenti impacciati, maldestri, con difficoltà nel correre e nell’eseguire attività che richiedono sequenze precise, tipico esempio pratico è la difficoltà nell’allacciarsi le scarpe, o i mille piccoli gesti quotidiani che sembrano, ogni giorno appunto, qualcosa di nuovo, in assenza di quegli automatismi dei quali i “non”disprattici nemmeno si accorgono.
Quando ti sei accorta di queste sue difficoltà?
Diciamo che l’istinto di madre me lo ha suggerito sin dai primi mesi di vita, e ogni madre sa benissimo quanto questi dubbi ancestrali possano nascondere verità assolute.
Cominci ad osservare ogni progresso di tua figlia, a notare ogni piccola conquista che l’età evolutiva richiede, ma allo stesso tempo capisci che ci sono dei piccoli ritardi. Ti confronti con la tua precedente esperienza di madre, ti confronti con altre madri e tutto e tutti pare vogliano dirti “ogni bambino raggiunge le tappe evolutive in tempi e con modi diversi”, ma sai che così non è.
Dopo che il dubbio ti ha logorato dentro e trovi il coraggio di ammettere che qualcosa non va, devi trovare la forza di esternarlo.
In che senso?
Qual è la frase che spesso si dice ad ogni madre che ha dei dubbi sul proprio figlio? Sei la solita madre apprensiva ed iperprotettiva.
Vuoi dire che all’inizio in famiglia è difficile da accettare?
Sì, o meglio, la famiglia inizialmente pareva non voler “vedere”.
Il papà ha condiviso i tuoi dubbi?
Tutti sanno che nei primi mesi di vita il rapporto madre-figlio ha dietro un qualcosa di illogico e puramente istintivo, e in questo rapporto i papà arrivano dopo. Credo che i papà fatichino maggiormente ad accogliere la possibilita’ che un figlio abbia delle difficoltà.
Tu come le hai accettate?
Accettate non direi sia il termine più giusto, ho imparato a conoscerle e a gestirle attraverso gli occhi di mia figlia.
Quando invece tua figlia ha cominciato a percepire il suo disturbo?
Quando ha cominciato ad avere percezione del proprio corpo, di se stessa. Essendo in età preadolescenziale, come tutte le bambine, vede il suo corpo cambiare; il prendere coscienza dei cambiamenti fisici ha portato anche a chiedersi quali possano essere i limiti imposti dalla sua goffaggine e quanto questi possano influenzare le sue scelte future.
Le tue paure per il suo futuro?
Sono legate soprattutto alla sua ingenuità, al suo arrivare un pochino in ritardo ad ogni traguardo.
Credi che la sua ingenuità sia legata alla disprassia?
Credo di sì.
Quanto è difficile per te giudicare come è realmente tua figlia, o meglio quanto non riesci a farti influenzare dalla disprassia nel valutare tua figlia?
E’ molto difficile valutare perché è difficile capire come il suo disturbo possa influenzare il suo carattere e come il suo carattere possa limitare o acutizzare le conseguenza della disprassia: è pigra perché sa di non riuscire o non riesce perché è pigra?. Un dubbio amletico difficile da sbrogliare.
Cosa auguri a tua figlia e cosa vedi nel suo futuro?
Le auguro di riuscire a ritagliarsi un angolino di mondo in cui chi la circonda conosca per nome la disprassia e sappia confrontarsi con le mille sfumature che la caratterizzano, senza pregiudizi, senza competizione.
Le auguro di avere il coraggio di coltivare cio che la appassionerá, senza piu credere di non potercela fare e di conservare il candore e la gentilezza che la contraddistinguono.
Questo è ciò che sento ma che fatico a vedere.
È necessario che ci sia informazione, che si impari ad accettare le diversitá ed a coglierne la bellezza e la ricchezza.