23 maggio 1992: seicento chili di tritolo disintegrano la vita di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Da quel giorno Tina, moglie di Antonio Montinaro, caposcorta del giudice Falcone…
…ha iniziato una battaglia affinché nessuno dimentichi e affinché quella tristissima storia possa essere raccontata, nelle scuole d’Italia, a chi quel giorno non era ancora nato: a memoria e a monito.
Tina, di origini napoletane, è rimasta con i suoi due figli a vivere a Palermo, perché ha creduto fosse giusto restare a fianco dei siciliani onesti che ancora oggi quotidianamente combattono la mafia. Suo marito credeva nello Stato, “era l’aspetto pulito dello Stato, era la parte sana di uno Stato che, invece, negli anni susseguenti, si è scoperto essere composto anche da una parte marcia di mandanti e complici, così marcia da tradire i suoi stessi servitori”.
Tina è una donna fiera, determinata, una donna tenace che porta sulle spalle un’eredità pesante. Una donna che si batte per creare una cultura della legalità, una donna simbolo dell’antimafia del fare e non del dire.
“Quarto Savona 15” era il nome in codice della squadra che proteggeva Giovanni Falcone e lo stesso nome è stato dato all’associazione nata nel 2011 di cui Tina è presidente. Lo scopo di questa associazione, ci dice lei, è quello di raccontare le storie delle vittime di quel vile attentato, affinché ne resti sempre memoria, e di indicare alle nuove generazioni le vie della legalità. Ma l’associazione cerca anche di dare risposta alle esigenze di chi ha bisogno di un aiuto concreto, di chi ha subito violenza, di chi ha deciso di denunciare atti ed intimidazioni mafiosi”.
Un compito non certo facile che spesso è ostacolato da indifferenza e da pesante burocrazia, ma Tina non si ferma.
Per lei non ci sono i riflettori abbaglianti dell’antimafia ufficiale, ci sono solo gli sguardi puliti di tanti ragazzi e ragazze con cui crescere, giorno dopo giorno, nell’antimafia della cultura, della conoscenza e della coscienza.
A Tina sta a cuore che il suo giovane marito e i suoi colleghi non rimangano nella sintesi della cronaca e del ricordo come “gli uomini della scorta”.
Quegli uomini avevano un nome, una famiglia, sogni, paure e desideri e avevano tanto coraggio: “non sono dei super eroi ma dei modelli da seguire, degli esempi di vita”.
Incontrando Tina si rimane colpiti dalla sua spontaneità, dal suo sguardo fiero, dal suo coraggio, ma soprattutto dal suo sorriso che dona la speranza di poter vivere in un mondo senza mafia.