ARABIA SAUDITA. SVOLTA STORICA.
Le donne hanno infatti potuto partecipare alle elezioni municipali
I sauditi non hanno molta dimestichezza con le urne. La monarchia di Riyad non ha mai attribuito grande importanza alla volontà popolare: negli ultimi dieci anni la cittadinanza è stata interpellata soltanto tre volte, espressamente per il rinnovo dei 284 consigli comunali, quindi su questioni di relativa importanza a livello politico. La consultazione che si è svolta il 12 dicembre scorso si discosta però notevolmente dalle precedenti (indette rispettivamente nel 2005 e nel 2011) e sembra davvero destinata a costituire una pietra miliare della storia nazionale, dal momento che per la prima volta è stato contemplato il suffragio universale.
In ottemperanza al decreto emanato quattro anni fa dal defunto re Abdullah bin Abdelaziz (in base al quale il Consiglio della Shura – organo consultivo quadriennale dai poteri alquanto limitati- avrebbe dovuto essere costituito da una rappresentanza femminile pari al 20%), le donne hanno infatti potuto partecipare alle elezioni municipali, sia in veste di semplici elettrici che in qualità di candidate.
“Sono felice di aver potuto votare: è un’esperienza nuova per tutte noi“, è stato il commento di una donna all’uscita dal seggio. “Ho esercitato il mio legittimo diritto elettorale“, ha incalzato Najla Harir ” e sono ottimista sul futuro brillante che attende il paese“. Più concreta invece la sua amica Fahda al-Rwali: “C’è una grande carenza di servizi per l’infanzia, i giovani, gli anziani. Mi piacerebbe che nascessero nuovi centri di aggregazione. Credo che in questo senso le donne siano più sensibili e quindi possano ottenere risultati migliori rispetto agli uomini“.
Ma l’Arabia Saudita è contraddistinta da una marcata misoginia (quindi poco incline ad assecondare l’intraprendenza femminile) e soggetta alla rigida applicazione dei dettami imposti dalla Sharìa (o legge islamica): di conseguenza la campagna elettorale si è rivelata piuttosto problematica per le 979 aspiranti consigliere municipali (su un totale di settemila iscritti nelle liste).
A causa della segregazione sessuale vigente infatti, le candidate non hanno potuto intrattenere alcun rapporto diretto con i potenziali sostenitori. A ciò va aggiunto il fatto che oltre all’utilizzo di fotografie personali a scopo propagandistico, la Commissione preposta ha precluso loro ogni possibilità di indire comizi pubblici. “Dobbiamo sottostare a controlli legali e siccome la pubblicazione di singole immagini femminili è vietata è giusto che vengano abolite tutte“, ha puntualizzato il responsbile del comitato Jadie al-Qathani. “Dopotutto contano solo i programmi dei candidati di entrambi i sessi. Tutto il resto è relativo“.
Le restrizioni e i cavilli burocratici che vincolano l’ex sesso debole (il divieto di guida, retribuzione lavorativa, spostamento autonomo sono soltanto alcuni tra i tanti) hanno notevolmente penalizzato l’affluenza al voto dell’elettorato femminile; eppure, malgrado le difficoltà, diciassette donne sono riuscite a conquistare la vittoria: “Salma bint Hizab al-Oteibi si è aggiudicata il consiglio di Madrakah“, ha confermato il sindaco della Mecca Osama al-Bar, “Lama al-Suleiman è riuscita a sbaragliare gli avversari a Jiddah (seconda città del paese per importanza, n.d.r.), mentre Hinuiwf al-Hazmi è stata eletta nell’area nordorientale di al-Jawf. Una quarta ha trionfato nella circoscrizione di Ihsaa“.
Dai risultati di un’indagine condotta dal Centro studi Esbar risulta però che – a fronte di una percentuale di tolleranza pari all’11,3 – il 72,5% della popolazione è fermamente contraria alla candidatura femminile, rea di “violare la legge islamica e ledere le tradidizioni locali“. L’attivismo femminile all’interno del contesto socio-politico saudita continua a essere profondamente osteggiato dalla comunità maschile, sebbene sia innegabile che i membri appartenenti all’altrà metà del cielo abbiano compiuto diversi progressi sul piano emancipatorio. “Noi non vogliamo le donne candidate”, è l’eloquente monito lanciato da alcuni giovani manifestanti armati di striscione.
“Non ci aspettavamo che fosse accettata la nostra partecipazione elettorale (130.627 su 1,5 milioni di aventi diritto, n.d.r.).Dobbiamo ancora lavorare sodo per cambiare questa visione negativa“, ha precisato una docente universitaria. “Vi è un ampio e crescente strato della società che riconosce il ruolo delle donne e capisce che l’Islam non ci obbliga a restare in casa”.
Per quanto scarsi possano essere stati i risultati in termini numerici, la recente tornata elettorale incarna comunque quella vittoria ideale a lungo attesa. “Queste elezioni hanno innestato un processo evolutivo inarrestabile. Parecchi che disdegnano il ruolo delle donne negli incarichi pubblici tendono a scorgere nel voto femminile l’inizio del processo di occidentalizzazione, ma non credo siano la maggioranza“, è la convinzione di Mona al-Suliman, figura mediatica di rilievo nella capitale.
“Le donne qui sono medici e ingegneri. Di soliti i media occidentali hanno la vista corta, preferiscono concentrarsi sugli aspetti negativi della nostra società, che certo esistono ma vanno affrontati“, ha eslamato la al-Sulaiman dopo il trionfo. “Ritenere però che solo la metà degli individui voglia cambiare è semplicemente ridicolo“.
I Consigli comunali sono le uniche istituzioni elettive del Regno saudita (ogni decisione spetta al Consiglio degli Ulema) e l’inedito coinvolgimento femminile lascia supporre che una svolta significativa sia davvero in atto ai vertici istituzionali.
Le donne ora attendono la successiva mossa del governo, che potrebbe coincidere con la concessione della libera circolazione. “La gente spera che questo risultato rappresenti la prima tappa di un cammino sociale volto all’inclusione non solo delle donne ma anche dei giovani, visto che l’età minima per accedere ai seggi è stata abbassata dai 21 ai 18 anni“, ha osservato un funzionario loc