di Ierina Dabalà
Però… tutto sommato… il paesaggio era bello, sicuramente affascinante, e cominciò a
percorrere le pagine del sito con crescente curiosità.
Da un’altra parte, intanto, un gruppo di sciamannati stava chattando a più non posso,
scambiandosi abbracci e baci virtuali, effusioni e parolacce e lui si divertì a confondere i nik,
così che nessuno riusciva più a capire con chi stesse parlando e chi rispondesse alle sue
parole.
Diavolo d’un server, non s’era mai divertito così tanto in vita sua. Sbirciava da un computer
all’altro le facce dei “connessi”, poi Dikdic si alzò di botto facendo cadere la sedia e alzò un
pugno per colpire il PC.
– No, no, fermo, non farlo… – scrisse in fretta il server sulla finestra di chat e Dikdic si
fermò di colpo.
– Non farlo… cosa?
– Non prendermi a pugni, per favore.
– Ma tu chi sei?
– Il tuo PC, ovvio
Il povero Dikdic fece tanto d’occhi che parevano due uova al tegamino; guardò la lattina di
birra appoggiata per terra e scosse la testa. Doveva essere proprio una gran bomba, quella
roba, se una sola lattina gli faceva quell’effetto!
Spense il computer sorridendo e se ne andò a dormire, intanto però la povera Domitilla79
piangeva disperata inondando la tastiera ed il server le mandò un messaggio.
– Dai, non piangere, ti stava prendendo in giro, non l’avevi ancora capito?
– Ma che ne sai.
– Piccola, quello ha quasi 60 anni e persino suo figlio è troppo vecchio per te!
– Ma che ne sai? Chi sei?
– Io so tutto, mia cara.
– Ma chi sei, non ho mai visto il tuo nik, anzi, non hai nemmeno un nik, come fai a
scrivere?
– Se non ci fossi io, mia cara, avresti finito di chattare, e magari sarebbe anche meglio.
Vai in discoteca con le amiche domani sera.
– Ma chi sei? Mi lasci la tua mail?
– Vai a letto, fila! – digitò, mettendo uno smail arrabbiato – e che non ti veda più
collegata, altrimenti ti sculaccio.
Al server girava un po’ il CPU mentre i suoi chips danzavano allegramente; gli si chiudevano
un po’ anche gli occhi, ed aveva una gran voglia di dormire ma era arrivata Nonn@Lucia e lui
s’affrettò a metterla in contatto con il figlio che era dall’altra parte del mondo, e la povera
donna almeno tre volte alla settimana stava su la notte intera per parlare con lui.
Il figlio era in una sperduta landa del sud America, dove non era sempre facile collegarsi ad
internet, ma quella notte il server agguantò l’Url per il collo e costrinse il sito ad aprirsi in un
batter d’occhi.
Beh, aveva fatto una buona azione e si sentiva contento.
Intanto la bottiglia di liquore si stava lentamente svuotando.
Glu, glu, glu, l’orologio segnava le 4.05 quando stramazzò, sopraffatto dai fumi dell’alcool, e
i nottambuli connessi cominciarono a sbraitare, ed urlare, a smanettare, a saraccare, poi
spensero i rispettivi computer ed andarono finalmente a letto.
Fu Marco, come il solito, ad aprire l’ufficio, quella imbranata di Marinella aveva sempre il
figlio da accompagnare a scuola, e magari anche la spesa da fare. Mai fidarsi delle donne,
pensava spesso Marco, hanno troppe cose per la testa e non sono mai puntuali.
Il computer era silenzioso, nessun sommesso ronzio lo accolse quella mattina, e Marco
impallidì. Era saltato tutto… e adesso? Stava per sollevare il telefono per chiamare Giacomo,
il mago dei computer, e lo squillo lo trovò con la mano sulla cornetta.
– Daigo, sei tu?
Una vocetta tremolante, imbarazzata.
– E tu chi sei? – disse in tono non certo gentile.
– Sono Pablita, tesoro.
– Ma come cavolo hai trovato il mio numero?
– Me lo hai mandato tu, questa notte.
– Io? Ma sei matta? Io non do mai a nessuno il mio numero d’ufficio.
– Era così dolce la tua mail, questa notte… !
– Senti, ho da fare.
E chiuse la comunicazione ma prima di alzare nuovamente la cornetta il telefono suonò
nuovamente.
– C’è Marinella?
– No, non è ancora arrivata, quella là.
– Sono Giovanna, dille di chiamarmi subito, non so cosa sia successo, ma in mail-list
sono tutti impazziti ed ho già ricevuto 23 cancellazioni dalla lista.
– Ci mancava anche questa.
– Ma guarda che è una cosa grave, davvero.
– Va bene. Ti faccio chiamare appena arriva Marinella.
E prima di poter telefonare al tecnico, una nuova telefonata, ancora di Pablita, furiosa, questa
volta.
– Sei un bastardo, un fetente, mi hai presa in giro, ed io che ti amavo, e credevo che
anche tu mi amassi…
– Basta, basta, non ne posso più.
– Ma cosa ho fatto per meritarmi che mi tratti così?
– *****
– Stronzo, ti odio….
Chiuso il telefono… risuona….
– Ti romperò le scatole in continuazione, non puoi comportarti così, non puoi essere così
bastardo…
Suonano alla porta.
Marco appoggia la cornetta sulla scrivania e va ad aprire. Marinella entra, un po’ imbronciata,
sempre di corsa e sempre inciampando.
– Che mattina, che traffico, ed ho anche dimenticato le chiavi!
– A quest’ora arrivi?
– Ehi, non sei mica il mio capo, che ti succede?
Il server, disturbato da quella confusione, aveva aperto gli occhi e si guardò intorno. Che male
al CPU!
Sfilò il cavo che era rimasto penzoloni nella bottiglia di liquore; troppo ubriaco, la notte
precedente, s’era addormentato di colpo. Con la punta della lingua bevve le ultime gocce di
liquore, giusto per ripulirsi, perché nessuno s’accorgesse di quello che era successo.
– Ma perché la cornetta è staccata – disse Marinella portandosela all’orecchio.
– Stronzo, bastardo, me la pagherai…
– Emmm… Marco, credo sia per te.
Marco chiuse in malo modo la comunicazione ma il telefono suonò nuovamente.
– Lasciami in pace, stupida.
– Ma come ti permetti….
– Oh, Giovanna, scusa, aspetta, ti passo Marinella.
– Non ti permettere più di rispondermi così, guarda che questa me la paghi, te lo
assicuro.
– Giovanna, scusa, ma Marco dev’essere impazzito.
– Anche la lista è impazzita, si stanno cancellando tutti. Ma cosa diavolo è successo?
I due si girarono verso il PC che, con aria indifferente, aveva ripreso il suo ronfare lieve, tutto
era assolutamente normale