La verità che appartiene al mistero umano è che mai, mai nulla che ci appartiene è pre-scritto: i miracoli sono sempre in agguato.
(Chiedo perdono se, per la prima volta, in questa mia rubrica bizzarra, questo mese così sfacciatamente parlo di Dio e mescolo epigenetica e Gesù, resurrezioni e incoscienze.
Prometto che non accadrà più…perché amo scrivere per tutti, non solo per me.
E’ che… in questo post di inizio anno dovevo per forza raccontare di certi miracoli. Ovvero: di certe donne e di certi uomini.)
Alcuni raccontano che ci sono storie che non si possono riscrivere.
Alcuni van dicendo che è follia, amore sprecato, adottare o prendere in affido o prendersi cura di un bambino o bambina il cui destino è già, irrimediabilmente, “segnato”.
Raccontano storie che, sì, sono vere.
Ma non sono la verità tutta intera.
La verità che appartiene al mistero umano è che mai, mai nulla che ci appartiene è pre-scritto: i miracoli sono sempre in agguato.
E giungono a validare una realtà che è scientifica, non romantica: l’epigenetica, la fisica post-moderna, le teorie del caos e della complessità, le neuroscienze e la psicologia costruttivista ci descrivono come creature ri-scrivibili.
Quando, ormai quasi vent’anni fa, una mia cara amica adottò una bimba “complessa”, un professionista (!) le disse : “Non avete compiuto un atto d’amore, ma un atto di incoscienza”.
Ed effettivamente: tante tribolazioni, mille travagli quella vita e quelle vite hanno attraversato. (Come il popolo di Dio nel deserto. Fece in quarant’anni i passi che poteva compiere in quattro. Non perché Dio si divertisse a vederli disorientati…ma perché, forse, è nell’errare che l’identità si cerca e si trova.)
Eppure oggi quella bimba è una donna felice. Fra qualche mese si sposa.
Rompendo la logica, mostrando coscienza di quella beata e sacra incoscienza.
Occorre raccontare anche queste di storie. Poiché anche queste sono vere.
Certo: non v’è certezza. Ma per chi, per cosa l’abbiamo?
Non l’abbiamo neppure per i nostri figli di carne e, invero, neppure noi lo fummo e lo siamo per i nostri genitori.
Ci è richiesta quella “incoscienza” che da secoli chiamiamo Fede. Che non è obnubilamento del cervello, resa della ragione, patologia mentale delle anime fragili e credulone.
Oh no, la Fede di ragione ne chiede una di livello superiore: quella che riconosce che molto è quel che sa ma che altrettanto è quello che non sa. E che in quello spazio, misterioso e inintelligibile, avverrà la vita di ciascuno. Fede in Dio e nelle persone. Nelle incredibili capacità, divine e anche umane (dopo il Dio incarnatosi per morire e scoperchiare le tombe portandoci appresso tutti), di resurrezione.
Si chiama, scientificamente, resilienza. Ed è la storia di tutte le storie che si ri-scrivono.
Come? Occorrono molte competenze. La più importante è la consapevolezza che i miracoli non cadranno dall’alto. I miracoli richiedono com-partecipazione. Ogni volta che guariva qualcuno, non è forse vero che quel certo Gesù diceva “è la tua fede che ti ha salvato”?
(Decisamente non era un tipo autoreferenziale, come molti che conosco, professionisti della psicologia e dell’educazione..ops).
Eh sì: fede che non coincide con l’attesa del Salvatore. No, no, quella era roba per chi aveva solo il vecchio di testamento. A noi che siamo venuti dopo, è richiesta una fede diversa: la consapevolezza che già è venuto e che già siamo salvati. Riscritti.
E che dunque non più l’attesa ma l’impegno di ri-scrittura è la cifra della nostra resurrezione.
Eh si: ci sono miracoli che Dio non vuole compiere da solo.
Ma non mi riferisco alla “salvezza” di quelle creature a noi affidate. Mi riferisco alla nostra.
A quella di ciascuno di noi, adulti che hanno deciso di uscire da sé per andare verso quelli che gli altri considerano incoscienza.
Sì, la nostra salvezza: no, no, non nel senso che aiutando o accogliendo un bambino “ci salviamo perché siamo buoni”. Oh no, non è quel genere di salvezza che il Rivoluzionario è venuto ad annunciare.
Mi riferisco al salvarci dal quieto vivere.
Poiché, sicuramente, non è in una vita facile e cheta che i genitori affidatari vanno a infilarsi.
E così anche tutti i temerari di questa temeraria impresa che è il nido “ L’amaca” a Molfetta:
incoscienti agli occhi dei più, stanno invece cercando la strada migliore per la coscienza: quella che sa che è solo attraverso il zigzagare, solo attraverso “discese ardite e risalite” – come cantava qualcuno tanto tempo fa – la vita impara se stessa, scopre il suo miracolo.
Ognuno il suo. Non soltanto i piccoli “smarriti” agli occhi di un giudice, ma anche noi, che mille altre forme di smarrimento conosciamo e abbiamo conosciuto. Anche noi siamo fatti a zigzag.
Ed allora il 10 gennaio ci incontriamo per fare una festa di inaugurazione tra incoscienti.
A raccontarci allegria e bellezza dei miracoli scientificamente fondati.
“L’inimmaginabile
è immaginabile.”
Questo l’ha scritto una incosciente poetessa.
E la neurobiologia concorda.
Ed allora noi – famiglie e operatori, folli inimmaginabili – che facciamo?
Festeggiamo.
Che cosa?
Quella sacra incoscienza che riscrive le storie ed ammutolisce certi… professionisti.
(Con tutta la mia più profonda gratitudine a Patrizia, Luciana, Katia, Roberto, Andrea. Perché per credere in Dio occorrono uomini e donne).
(Foto di Giovanni Ventura)
1 commento
Quanto ho appena letto rappresenta e contiene qualcosa in più di quanto ho appena letto.
E capito.
Tra le righe si nasconde qualcosa di prezi-oso, miracol-oso.
Si, miracoloso. Non è proprio un miracolo, è un miracoloso. Meraviglioso. Coraggioso. Speranzoso.
Non è illuminato quanto l’autrice scrive, è illumin-oso. .
Scrupoloso.
Scientificoso.
E soprattutto rigor-oso.
In quanto Zig-zagoso.
Personalmente riempie e svuota il mio sistema cardio-spirituale. Sistole e diastole si sono unite, facendomi resistere. Re-esistere.
Grazi-osa questa Scardicchio. Scardicchiosa direi.
A!