Le violenze tracciano un solco indelebile e invalicabile, ancora una volta, tra “noi” e “loro”, tra il nostro modo di concepire l’esistenza e il “loro”.
Diciamo che ho un dubbio.
Diciamo anche che alcuni, ne sono sicura, potrebbero definirmi un’amante delle “teorie del complotto”
Diciamo allora che: sono un’amante delle “teorie del complotto” che, dunque, nutre dei dubbi.
Su cosa? Sui fatti di Colonia.
Dubbi, attenzione, non sulla veridicità “effettiva” degli accadimenti: sono convinta che quelle molestie abbiano avuto luogo.
Mi spiego meglio.
Non discuto che ci siano state donne vittime dalla becera e inqualificabile violenza maschile, che è violenza anche quando non arriva allo stupro ma si ferma all’ignobile, indesiderato, apprezzamento o palpeggiamento.
L’animo “complottista” che alberga dentro di me (come un “alter ego” malignetto che sobilla il mio cervello alle più sconsiderate riflessioni), mi suggerisce, però, che possa esserci una regia “ad hoc”, una sceneggiatura ben congegnata e dei volenterosi interpreti.
Una rappresentazione, per farla breve, che abbia voluto dare corpo e vita ad uno degli eventi più deprecabili e terrorizzanti che possa colpire la società civile: la violenza sulla donne (in questo caso violenze multiple, contemporanee, quindi ancora più sconcertanti).
Un dubbio, il mio, che a quanto pare è venuto anche al Ministro della Giustizia tedesco, il signor Maas, che, a poche ore dai fatti, ha paventato la possibilità che dietro le violenze di Colonia, di Amburgo e di Stoccarda, potesse aleggiare il fantasma di una specie di strategia delle tensione, atta a inasprire i rapporti, già così poco pacifici, tra oriundi e immigrati, e condizionare, di conseguenza, la politica tedesca relativa all’accoglienza.
Allora mi dico: ma se pure Maas coltiva i suoi bei dubbi, perché non dovrei coltivarli io?
Provo ribrezzo, lo giuro, per questo spiritello malignetto che mi solletica l’immaginazione e non mi fa stare tranquilla, costruendo riflessioni che, a lungo andare, risultano stremanti e ti fanno il vuoto intorno.
Eppure quelle violenze hanno sortito qualche effetto: le destre ultranazionaliste partono “alla caccia dello straniero”; l’apertura iniziale delle Merkel verso i profughi si assottiglia e con essa possibilità di salvezza per i richiedenti asilo.
Quel
Quelle violenze ci inducono a guardare con sospetto chiunque sia più “ambrato” di noi, alimentando la cultura dell’emarginazione.
Quelle violenze, se architettate ad arte, fanno male alle innanzitutto donne che diventano strumenti attraverso i quali inscenare l’orrore e mistificare la realtà.
Quelle violenze, violentano le donne due volte, perché oltre a fare di loro delle vittime di azioni criminali, le relega al ruolo di dolorose comparse in un film che si prefigge ben altri scopi, certo diversi dalla difesa della loro, sacrosanta, incolumità.
Ma io, me lo dico da sola, sono soltanto un’amante della “teoria del complotto che nutre, sempre, troppi dubbi.