Moduli online per evitare le dimissioni in bianco. C’è il decreto. Habemus papam? Non ancora.
di Rosanna Oliva da Aspettare stanca
Ieri, dodici gennaio 2016, è entrato in vigore il decreto del MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI che approva il modulo da inviare in via telematica per presentare le dimissioni.
Ma il modulo potrà essere utilizzato solo dal 12 marzo 2016, come previsto dal comma 8 dell’articolo 26 del Decreto semplificazioni (Dlgs n.151/2015), che per la piena operatività del nuovo modulo fissa il termine di 60 giorni dopo la pubblicazione in G.U. del decreto ministeriale.
Al 12 marzo prossimo saranno trascorsi oltre sette anni dal giorno di entrata in vigore del Decreto legge 25 giugno 2008, n. 111 con cui il Governo Berlusconi cancellò la legge del Governo Prodi che aveva imposto l’invio delle dimissioni in via telematica per impedire il fenomeno delle cosiddette dimissioni in bianco, che colpisce soprattutto le lavoratrici.
Un passo del gambero che sarà finalmente annullato, ma soltanto grazie all’impegno in tutti questi anni di Aspettare stanca, Rete per la Parità, altre associazioni, in particolare SNOQ, e il Comitato 188 (appositamente costituitosi) e di alcune parlamentari e giornaliste, come Ritanna Armeni, che non hanno mancato occasione per sollecitare l’approvazione di una nuova regolamentazione e di criticare anche la norma introdotta dalla ministra Elsa Fornero, del Governo Monti, falsamente presentata come soluzione al problema.
Nonostante l’attivismo e i tempi a volte sin troppo brevi imposti dal giovanilismo dell’attuale Presidente del Consiglio, si va ancora avanti a passi di formica, tanto per restare nel campo del vecchio gioco Uno, Due, Tre, Stella: saranno necessari ancora altri novanta giorni dal dodici gennaio perchè la disposizione contenuta nel Job Act divenga finalmente effettiva.
Si deve constatare amaramente che per raggiungere il risultato di azzerare la cancellazione di quanto già ottenuto nel 2007 è stato necessario un lungo periodo in cui molte giovani donne italiane (per non mettere a rischio il lavoro) hanno dovuto rinunciare alla maternità, sono stati lesi i diritti di persone malate e messe in condizioni di debolezza tutte le persone con un contratto a tempo indeterminato costrette da imprenditori disonesti a firmare delle dimissioni in bianco.
A questi danni si aggiungono quelli subiti dagli imprenditori onesti, soli a dover rispettare gli obblighi di legge, dato che non hanno ritenuto di far passare per dimissioni i licenziamenti.
Per non parlare dell’ impegno di risorse da parte di chi ha a cuore la condizione delle donne in Italia, che potevano essere destinate ad altri fini.
Il 12 marzo si chiuderà un’annosa vicenda e, forse non a caso, quando ormai i nuovi contratti a tempo indeterminato, i cosiddetti contratti a tutele crescenti, lasciano maggiori possibilità di licenziamenti.