È il momento di unioni civili, di diritti civili, di usare la ragione.
Sabato scorso, 23 gennaio 2015, in 72 piazze italiane la gente è scesa in piazza a favore del disegno di legge per le unioni civili degli omosessuali. Tantissima gente ha riempito le piazze; siamo il fanalino di coda d’Europa dato il vuoto legislativo su questo tema. Nel frattempo qualcuno ha pensato bene di illuminare il Pirellone della regione Lombardia inneggiando invece al Family Day, che avrà luogo sabato prossimo; evento che vuole ricordare a tutti quanto sia importante (e sia l’unica concepibile) la famiglia “tradizionale”.
Spesso mi trovo a pensare a quanti siano stati i mutamenti e gli avanzamenti tecnologici nel corso della storia umana; ma al tempo stesso a quanto l’uomo sia sempre uguale a se stesso, nel bene e nel male. Quante volte la storia ha già assistito a questo: una minoranza che chiede pari diritti. E sempre la maggioranza non glieli vuole concedere o, nel migliore dei casi, fa resistenza passiva.
È sempre questione di esercizio del potere, di avere paura di perdere la propria fetta di torta.
Siccome la storia si ripete ciclicamente ma al contempo è anche magistra vitae, ragionando su questi temi mi vengono alla mente due frasi significative che vengono dalla storia passata.
La prima è “de gustibus non est disputandum” (dei gusti non si deve discutere): detto latino di non precisa attribuzione, forse una frase pronunciata da Cesare, che sentenzia giustamente che è tempo sprecato discutere dei gusti altrui o propri, in quanto soggettivi. È perfettamente inutile che tu cerchi di convincermi della bontà del cavolfiore se a me non piace. Ma possiamo essere tutti e due felici nel mondo: tu mangi il cavolfiore, io i peperoni.
La seconda frase, nata dalla mente di Voltaire durante l’illuminismo è “la mia libertà termina quando comincia quella dell’altro”; dunque io posso vivere secondo le mie scelte e i miei gusti a patto di non danneggiare un altro o comunque di non mettere in discussione la sua, di libertà. Dunque tu non puoi e non devi assolutamente costringermi a farmi piacere il cavolfiore, e se mi inviti a cena per favore non cucinarmelo apposta. Ma io non discuterò sulla tua predilezione per questo cibo.
E dunque, basandosi su un ragionamento razionale (cimento che sempre in meno sono in grado di affrontare, pare): in che cosa danneggia te, cosiddetta famiglia tradizionale, il fatto che persone dello stesso sesso che si amano possano vedere i loro diritti (e doveri, non dimentichiamolo) legalmente riconosciuti? A livello pratico e tangibile non ci sarà alcun cambiamento del tuo status, dei tuoi diritti e doveri. Vogliamo allora parlare di moralità? Cerchiamo di essere seri! Nelle coppie eterosessuali sono all’ordine del giorno tradimenti, divorzi, secondi matrimoni, famiglie allargate. E magari, peraltro, la famiglia allargata finisce per essere un ambiente più sereno di quella nucleare con due genitori che non si sopportano. Al momento attuale due persone che si sono scelte nonostante le difficoltà di vivere l’omosessualità e lottano per sposarsi hanno più possibilità di essere e rimanere una coppia solida di tante altre. E comunque, anche se sulla lunga distanza non lo fossero, devono avere il diritto, appunto, di unirsi civilmente, di sbagliare, forse, di separarsi, se non va. Come tutti gli altri. Senza contare il fatto che le realtà di convivenza fra omosessuali esistono già nei fatti; perché chi può arrogarsi il diritto di impedirmi di vivere con la persona che amo? Così come esistono già famiglie con dei bambini. E a questo proposito la tanto discussa step-child adoption, come ha specificato la Cirinnà, non è solo un diritto che il convivente e compagno o compagna del genitore biologico vuole avere, ma anche una assunzione di responsabilità e un preciso dovere che questa persona si assume nella tutela del bambino e nella sua assistenza come se fosse un figlio, dunque a vita anche per quanto riguarda questioni ereditarie.
Giusto lo slogan delle manifestazioni di questi giorni: SVEGLIA! Non ha nessun senso arroccarsi su posizioni retrograde ora che il mondo già è immerso in un’altra realtà, ora che tutti i paesi che ci circondano sono già oltre, ora che stiamo finendo, come paese, per sconfinare nel ridicolo e nelle negazione di diritti umani.
Può sembrare tutto questo un discorso astratto? Beh, si pensi che i gay non sono alieni dal mondo degli etero, siamo sempre vissuti insieme: può essere gay il mio medico, il mio panettiere, un bravissimo giornalista, il barista che saluto ogni mattina perché mi fa il caffè, la migliore amica di mia figlia, la mia parrucchiera, il chirurgo che mi ha salvato la vita, la professoressa o il professore che mi hanno fatto amare ciò che ho poi studiato all’università, un imprenditore, una cuoca, un web designer, mio cugino, mio zio. E dunque? Davvero cambiereste medico, panettiere, giornale da leggere, bar, chirurgo etc etc? No, non lo fareste. Perché ciò che conta è la persona: chi è, cosa fa, quello che è per voi. Non che cosa le piace, di quale genere si innamora.
Ho deciso di scrivere questo articolo perché credo nell’uguaglianza e perché la vita ha portato sulla mia strada parecchi amici omosessuali e ne sono molto felice. Sono fra i miei amici migliori e sono cresciuta anche grazie al confronto con loro. Sabato sono scesa in Piazza della Scala a Milano per loro, perché voglio loro bene; perché solo quando la maggioranza si unisce alla lotta per i diritti della minoranza le cose possono davvero cambiare; perché la luce della ragione deve continuare, sempre, a illuminare e dirigere la strada. Difatti, e anche questo è già stato detto, “il sonno della ragione genera mostri”.