Nel continente asiatico c’è stato, ed in alcune zone è ancora probabilmente in corso, un terribile genocidio, sicuramente il “più dimenticato” fra i dimenticati : è il genocidio di cento milioni di bambine. Cina, India, Bangladesh e Pakistan i territori coinvolti.
In tutto il mondo, il rapporto proporzionale tra uomini e donne in una data popolazione è sempre a favore delle donne ma i demografi, più di un ventennio fa, si accorsero di due anomalie statistiche in Asia: più decessi femminili durante l’infanzia e più maschi alla nascita. Mancavano all’appello le donne, decine di milioni di donne. Ci si trovò di fronte alla cruda realtà dei numeri: a cento milioni di bambine era stata negata la vita. In che modo? Moltissime di loro erano morte prima ancora di nascere, con la pratica dell’aborto selettivo dei feti femminili. Se questo non accadeva, alla nascita di una bimba si ricorreva all’infanticidio :” un chicco di riso in gola, un biberon contenente erbe velenose, un po’ di etere sul fazzoletto, un annegamento…” e se mancava il coraggio di queste azioni dirette, le sopravvissute venivano colpite da un tasso di mortalità superiore: erano nutrite meno dei maschi della famiglia, mangiavano solo gli avanzi e gli scarti dei pasti destinati al padre ed ai fratelli. Se si ammalavano, come era prevedibile. ricevevano poche cure e si ricorreva al medico o al ricovero in ospedale solo ad uno stadio avanzato della malattia.
Alle bambine, spesso, non venivano somministrati i vaccini.
Ci si domanda sgomenti: ma perchè? Le risposte sono molteplici ed è estremamente arduo riassumerle in poche righe, ma sicuramente la soppressione delle bambine ha la propria fonte in fattori di matrice culturale, sociale e religiosa presenti e radicati in quella parte di mondo.
In alcuni stati dell’India, come nel Tamil Nadu, la soppressione delle bambine raggiunse proporzioni così allarmanti che le autorità promossero una campagna di sensibilizzazione il cui slogan era “Non uccidete le bambine: piuttosto abbandonatele”, provvedendo poi a “raccogliere le neonate”
Ancora oggi, in alcune zone rurali del Pakistan e del Bangladesh, le ostetriche vengono pagate il doppio se nasce un maschio, mentre la nascita di una femmina è accompagnata da rituali di lutto.
Ed ancora, un proverbio indiano recita :” In India bisogna fare attenzione a non essere nè vedove, nè cani, nè bambine”.
In Cina, con la politica del figlio unico, la soppressione delle bambine diventò un fenomeno dilagante. L’infanticidio e l’abbandono delle neonate negli orfanotrofi, assunsero proporzioni tali da indurre le autorità cinesi a mitigare, nelle campagne, il divieto di avere un secondo figlio quando il primo era di sesso femminile.
In Asia, come ha evidenziato la ricercatrice e demografa Isabella Attanè, si è concretizzata quella che oggi si definisce “ingegneria demografica” cioè la manipolazione volontaria delle leggi della natura per raggiungere scopi familiari o societari.
E’ stato questo un genocidio senza lager, che non ha commemorazione e ricordo.
Cento milioni di bambine soppresse con piccoli gesti, cento milioni di bambine per le quali nessuno si indigna o versa una lacrima.
Cento milioni di bambine a cui noi, oggi, tramite il ricordo, vogliamo ridare un po’ di dignità nella Giornata dellla Memoria.
In india tante donne si chiamano Ayee Gyee, che significa “colei che se ne va” oppure Nakusha che significa “non voluta”
In Cina tante si chiamano Laidi, che significa “seguirà un maschio” o Zhaodi “donaci un figlio” oppure Pandi “in attesa di un figlio.”
Sono donne fortunate, a loro è stato permesso di sopravvivere al genocidio, o come preferiscono definirlo alcuni al ginocidio.