Da qualche giorno a questa parte si svegliava con la curiosità di correre a scrutarsi allo specchio. Proprio così, puntualmente e precisamente da sei giorni.
Al mattino apriva gli occhi, guardava le travi a vista della sua casetta sul Naviglio e metteva insieme le forze, rimandando l’appuntamento con la nausea. Il cuscino odorava di lavanda e fiori d’arancio. Poi, scendendo le scale verso il bagno un lampo le attraversava la testa. Veloce e inequivocabile. Non proprio indolore. Un pensiero fisso che le faceva trascurare anche il primo caffè ma non le sue piante verdi che riempivano i gradini.
Ecco che apriva la porta del bagno per ritrovarsi davanti allo specchio, uno dei pezzi del suo bottino da brocantage parcheggiato tra phalenopsis violacee. Lì ritrovava una giovane donna di cui riconosceva lo sguardo, le spalle, quel decoltè nobile, come lo definiva affettuosamente suo Padre per prenderla un po’ in giro quando lei stessa, da adolescente, faceva notare la mancanza di quel 90 da mannequin.
L’operazione, primo passo per contrastare quel linfoma che stava albergando tra le sue cellule senza chiedere il permesso, non aveva rovinato il collo. Certo la cicatrice si notava ma era sicura che alla lunga si sarebbe mimetizzata tra le rughe del tempo. Perché di tempo da contare ne avrebbe avuto. Solo i ricci castani e ramati mostravano chiaramente la volontà di tradirla. Quei ricci che aveva curato e amato, quei ricci che avevano raccolto tutte le attenzioni vanitose possibili. Eh si, la riconoscenza non è proprio di questo mondo, si ripeteva ironicamente. Eh si…Di giorno in giorno la chioma andava assottigliandosi. I ricci apparivano meno vitali. E così giorno dopo giorno si ripeteva il conto. Passava in rassegna analizzando bene lo stato della sua chioma. Poi usciva per andare verso l’ufficio o verso uno dei controlli. Allungava di qualche passo pur di passare davanti al negozio di fiori per scrutare quale sarebbe stato l’acquisto della giornata.
E lei, come era solita fare da quel mese di ottobre che aveva segnato una nuova maturità, affrontava il cambiamento andando a comprare fiori. Ogni giorno un fiore nuovo, una nuance particolare, una varietà diversa. Compensava così portando a casa frammenti di bellezza: un giorno un colore vivace, un altro una nuance delicata e il giorno dopo ancora la leggerezza dei petali o la carnosità di una foglia. E spaziava dal bouquet di fiori recisi alle piante in vaso, azzardava anche degli accostamenti inediti che facevano inorridire il fioraio che chiedeva “ma ne è proprio sicura?”.
Passavano i giorni e lo specchio tradiva dei ricci un po’ stanchi. Stava per finire una settimana senza appuntamenti con le terapie. Avrebbe avuto un week end libero. Che gioia! Relax e mercato dei fiori sul Naviglio Grande. Già si vedeva tra piante e petali posta solo davanti al dilemma della scelta. Ma ogni tanto distoglieva il pensiero dall’attesa di tanta meraviglia per tornare al conto dei ricci. Quasi quindici giorni dai primi cambiamenti. Era giunto il momento di prendere una decisione. Del resto sin dal primo giorno aveva deciso come affrontare la situazione. Con piglio determinato. Uno sguardo all’orologio, un altro ai messaggi mail sul video del computer. Di nuovo sull’orologio. Si, sarebbe arrivata in tempo. Subito su un taxi, uno di quelli fedeli dell’8585. Dopo quasi 30 minuti era di fronte allo specchio, quello del suo parrucchiere. Zaaac. Un taglio deciso, si un taglio vero. Via tutti i ricci, un bel taglio come non avrebbe mai osato. Poi il rientro a casa. Lo sguardo silenzioso della madre e della zia arrivata per trascorrere un week end tutte insieme. Sguardi che valevano mille intese rotti dalla sua voce che raccontava del mercato della domenica. Poco meno di 24 ore allo spettacolo del Naviglio in fiore. E mentre ne parlava e ne illustrava l’organizzazione, passava in rassegna gli odori e i colori tra cui scegliere. E così si alternava il richiamo del gelsomino, della passiflora da fare arrampicare intorno alla porta, delle surfinie da far cadere dall’alto. E poi avrebbe trovato qualche pianta grassa succulenta, una di quelle che si adorna a sorpresa di fiori fieri e gialli. E poi sarebbe stato tempo per un nuovo ornitogallo.
Dei fiori a stella, orgogliosamente sugli steli come fossero delle creste di gallo pronte a cantare l’alba. Raccolti, persistenti e tondi ma possono anche nascere isolati e resistere ai momenti di siccità. Dei bulbi primaverili che serbano delle sorprese anche a stagione inoltrata. Proprio quella che attendeva. Si, così nella generosità della natura aveva avviato un nuovo conto. O meglio un canto, quello dell’ornitogallo che allegro l’avrebbe svegliata con nuove promesse e nuovi ricci. Puntuale e gioioso annunciando un nuovo giorno, arancione e rosso allo stesso tempo. Avrebbe raccontato il giorno che nasce e che muore tra le stelle. Avrebbe raccontato un alba piena di gioia, senza ansia e senza specchi. Una voce pronta a intornare i versi della melodia di Franco Battiato “eh si avrò cura di te, perché sei un essere speciale… Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto…”. Un conto che stava per farsi canto dell’ornitogallo.