Non ho bisogno di un principe. Proprio così, nei primi 5 minuti del film “Joy” la protagonista, bambina, pronuncia questa frase.
Il suo incanto infantile, il gioco che la impegna e la stimola a sognare è inventare cose, costruire oggetti; immaginare di poter cambiare la vita delle persone con le sue invenzioni; piuttosto che stare nel castello con il principe preferirebbe vivere nel regno ma in una casa attigua per conto proprio e fare l’inventrice di corte. La sorellastra Peggy, scettica e perplessa riguardo a questo sogno di futuro, le dice: “Ti ci vorrebbe un principe; ecco di cosa hai bisogno”; ma Joy dissente, non ne avrà bisogno perché avrà le sue invenzioni.
Tratto dalla storia vera di Joy Mangano, l’inventrice di un Joy e il mocio innovativo che l’ha resa multimilionaria insieme ad altre sue invenzioni, il film percorre la vita di questa eroina moderna, sulle cui spalle grava la vita della sua intera famiglia: la madre, dipendente dalle telenovelas e completamente assente dal mondo reale, il padre, operativo dal punto di vista professionale, ma in perenne ricerca di una nuova fidanzata che si occupi di lui e che lo ospiti in casa sua; l’ex marito, musicista fallito, disoccupato e che, nonostante i due siano divorziati, vive nello scantinato della casa; due figli. Completa il quadro una sorellastra che la osteggia. Fortunatamente c’è la nonna, che l’ha osservata affettuosamente e attentamente fin da piccola e che le augura di realizzare le proprie invenzioni e anche di trovare il principe.
Ma la vita può costringere o spingere a dimenticarsi delle proprie aspirazioni infantili, a venire a compromessi con una realtà dura in cui la mente e le energie devono essere dedicate alla sopravvivenza. La stessa vita che però, in altre occasioni, ci ricorda, grazie all’inconscio o a un avvenimento, che non è giusto non dare spazio ai nostri talenti, soffocare i nostri sogni, rinunciare alla realizzazione dei nostri desideri. Nonostante tutto.
Ed ecco dunque la storia di una donna che ha rinunciato, inizialmente: ha rinunciato agli studi, ha rinunciato alla fiducia in se stessa, a rivendicare un ruolo che sia diverso da quello, tipicamente femminile, di madre, figlia, lavoratrice, donna delle pulizie, mediatrice, psicologa di tutta la famiglia: salvatrice di tutti e di tutto. Ma che poi, al momento giusto osa, pretende fiducia e aiuto da coloro che da lei hanno solo preso, e non accetta dei no come risposta: frustrata, stanca, assolutamente inesperta dal punto di vista commerciale e legale, e ignara delle bassezze, delle scorrettezze e degli intrighi che si possono presentare a ogni angolo in questi ambiti, lotta, cade, lotta di nuovo e alla fine vince. Lotta in un mondo di uomini: quelli dell’industria che le produce i pezzi del mocio, gli avvocati, un superbo uomo d’affari texano che la imbroglia senza che lei lo sappia (all’inizio) il direttore della tv commerciale che, da lei convinto, le dà una possibilità; ma che con la medesima rapidità e pronto a sottrargliela. Ma Joy sa di essere nel giusto, di non essere e di non volere essere considerata una qualsiasi casalinga frustrata con ambizioni velleitarie. Non più. Diventa una self-made-woman esercitando la propria volontà ma nello stesso tempo rimanendo se stessa e facendo un punto di forza di chi è: l’invenzione da cui parte e le successive prenderanno sempre spunto da esigenze della vita domestica che lei ha sperimentato.
Si è sposata perché voleva l’amore ma non perché avesse bisogno di un uomo per completarsi; quando si separa non è alla ricerca di un altro fidanzato; ma di se stessa. Diventa, come aveva previsto la nonna, la matriarca della famiglia: che continua a salvare tutti ma che nel frattempo ha salvato anche la sé bambina che sognava di diventare inventrice. E supera, nel suo campo, gli uomini che inizialmente la guardavano con sufficienza.
Penso che questo film possa dare forza e speranza: ho idea che siano ancora la maggior parte le donne che sognano di trovare l’uomo giusto per loro; perché, inutile che lo si neghi a volte cinicamente, tutte e tutti vogliono essere amati. Anche vero, però, che “Amare se stessi è l’inizio di un idillio che dura una vita”, come diceva Oscar Wilde. Cerchiamo di completarci da noi, di amare noi stessi, di ascoltarci. Poi forse verrà il successo, o l’amore giusto o una vita interessante. O tutto quanto.
“Joy”: un film di David O. Russell. Con Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Bradley Cooper, Edgar Ramirez, Diane Ladd, Isabella Rossellini; USA, 2016.