Sanremo, Festival della canzone italiana e ricerche sul linguaggio e sugli stereotipi veicolati dai media.
La spettatrice
Ho iniziato settimane fa l’attenta lettura della rassegna stampa coi pezzi che avevano come argomento l’imminente Festival della canzone italiana. Non certo perché ne sia una fan entusiasta ma per le mie solite ricerche sul linguaggio e sugli stereotipi veicolati dai media. A bocce ferme, ecco che posso delineare una mia personale elaborazione di quanto ho letto in merito. E non parlerò di canzoni, perché non ne ho ascoltata nemmeno una. Sui cantanti posso dire che mi ha fatto sorridere il fatto che si ricorresse agli stessi sfottò sia per la veterana Pravo che per i Pooh: invecchiare non è facile per nessuno/a e c’è una sorta di uguaglianza nel ridicolizzare lifting eccessivi e tinture estreme, nonché nel constatare con amarezza che la voce perde in qualità e spessore con gli anni e che magari la lucidità espressiva viene meno, come si è notato per Zero.
A una sostanziale parità nel numero di presenze maschili e femminili nella selezione dei concorrenti big e giovani, quest’anno si è affiancata la scelta di avere anche un uomo nelle vesti di “accompagnatore” del conduttore Carlo Conti insieme a due donne.
Comincio col rilevare che Gabriel Garko ha evitato come la peste l’appellativo di valletto che i giornalisti più maliziosi hanno da subito virgolettato e appioppato come titolo onorifico all’attore. Quasi invelenite le ex vallette delle edizioni passate gli hanno ribadito il concetto dicendogli – tramite succose interviste – che doveva scordarsi la definizione di co-conduttore e che se proprio ci teneva a sapere un consiglio per andare bene sul palco era quello di parlare il meno possibile.
Nella norma la selezione delle due altre presenze sul palco: una attrice alle prime armi scelta per il suo aspetto fisico, una comica talentuosa. Una mora e una bionda, tutto secondo il più classico cliché sanremese. Non mi soffermo su come cantanti e ospiti abbiano provato a dire la propria in favore delle unioni civili mettendosi braccialetti arcobaleno, facendo velate allusioni o pontificando sul significato della famiglia. Sebbene i riflettori fossero realmente puntati su questo scottante argomento d’attualità, è mancata una incisiva volontà di trattarlo e forse non era nemmeno il palco adatto per farlo. Ci sono stati degli schieramenti e i politici non hanno mancato di offendere chi predicava idee differenti dalle proprie su tutti i social network. Nulla di altamente edificante e, sinceramente, non so quanto i nastrini colorati abbiano giovato alla causa. Posso solo rilevare che il conduttore ha fatto cenno a tutte le tematiche che sono più o meno emergenti in Italia, compresi il cyberbullismo e l’inquinamento. Tutto secondo copione per uno spettacolo nazional-popolare.
Conti ha presentato e motivato la scelta di Garko come un regalo fatto alle donne, ammiccando. Data la carriera dell’attore in questione, conosciuto soprattutto per le fiction in cui non ha trascurato di presentarsi completamente nudo, non escludo che le sue parole fossero ponderate. Non aveva calcolato che anche i gay avrebbero espresso il loro apprezzamento e che la solita polemica sull’orientamento sessuale del bel Garko si sarebbe innescata immancabilmente.
Mi piace rilevare l’assoluto parallelismo nei commenti e negli argomenti che hanno riguardato Madalina Ghenea e Gabriel Garko: i loro abiti in primis, come si confà a chi è su quel palco solo per il suo aspetto fisico. Niente da rilevare sulla capacità di stare in scena, sulla prontezza di spirito o altro. Molti hanno utilizzato il termine “incantare” per la valletta bruna, apprezzata anche grazie alle lunghissime inquadrature su dècolleté e gambe. Nessun altro commento che non fosse per il fisico esibito. E rilevo la parte tragicomica e, insieme, paritaria suo malgrado: messe da parte in fretta le mise eleganti, l’attore è stato bersagliato per la lentezza, la scarsa abilità nel parlare, lo sguardo fisso, la poca flessibilità nell’affrontare il palcoscenico. Lui si è giustificato, in conferenza stampa, rispondendo sempre agli attacchi, come fosse un principiante. Senza tuttavia riuscire a scrollarsi di dosso l’etichetta di bello un po’ tonto. Ho letto sui social centinaia di commenti delusi proprio da parte di quel pubblico femminile che doveva essere in adorazione. Se di uomo oggetto si è parlato, ebbene gli è stato riservato esattamente lo stesso trattamento che viene riservato alle donne costrette nel suo stesso ruolo. Credo che la cosa non sia risultata particolarmente piacevole. Soffocata dalla zavorra dei personaggi belli e misteriosi che interpreta, l’operazione “questo sono io” non ha riscosso il successo sperato.
E ciò mi dà molto da pensare, specialmente se parlo di Virginia Raffaele, l’ultima protagonista dell’evento musicale. Smarcata subito dall’obbligo di essere bellissima a tutti i costi, è riuscita a fare molto di più: essere se stessa pur imitando donne famose. Una leggiadria, una spensieratezza e una cura che hanno ripagato in pieno l’attrice comica, risultata la più acclamata dal pubblico. Frizzante al punto giusto, sdogana la parolaccia in prima serata sulla rete ammiraglia e raccoglie i commenti entusiastici di tutte le star che ha imitato. Siamo ben lontane dalle querele che tanti comici esperti di satira si beccano quasi ad ogni apparizione in tv. No, per lei solo elogi sinceri e cori da stadio. E non mi si venga a dire che fare ridere è facile. Tutt’altro: lo sa bene chi si dedica al suo stesso mestiere.
Dunque, la mia visuale su questo festival è forse un po’ particolare ma mi lascia la possibilità di rilevare che piccole fratture nelle solite forme stereotipate di rappresentazione delle donne e degli uomini si incominciano a vedere. Esse mostrano appieno quanto siamo vincolati nei nostri giudizi da quelli che sono i nostri pregiudizi (consapevoli o meno) e, al contempo, ci fanno capire che un modo differente di fare tv è possibile proprio a partire dall’abbattimento di certe barriere che appaiono insormontabili perché radicate nell’uso comune. Questa inversione dei ruoli ha mostrato tutte le potenzialità che nuove strade possono offrire se solo si decide di percorrerle. Tanto è vero che alla fine della kermesse Virginia Raffaele è stata sul palco senza cerone e parrucche risultando brava comunque a condurre, cosa che non posso mancare di sottolineare. E tanti utenti scrivevano su Facebook: “E dire che è pure bella e non usa il suo corpo, preferendo impegnarsi”. Saranno pure frasi fatte, ma se nel 2016 ci si stupisce ancora di questo, a me sorgono tantissimi interrogativi.