E se è buono lo sapremo solo dopo averlo assaggiato!
Per questo non sembra utile aggregarsi al coro di chi si dice soddisfatto o meno di queste nomine. Alcune riflessioni, che riguardano principalmente il sistema Rai, sono però inevitabili.
Nell’immaginario collettivo, almeno per quello che ci hanno fatto credere per un lungo periodo, la Rai è sempre apparsa come un Ente autosufficiente e, se non indifferente, autonomo dalla politica. Al suo interno si sono sviluppate e formate risorse qualitativamente eccellenti. Ma la televisione sperimentale dei primi decenni si è nel tempo trasformata venendo a perdere visibilmente ed inesorabilmente l’autonomia sia gestionale che culturale. Basti ricordare quello che accadde dopo l’approvazione da parte del Parlamento della legge di riforma della Rai del 1975, che introduceva nuove norme di diffusione e, soprattutto il passaggio del servizio pubblico televisivo al controllo parlamentare. L’autonomia della Rai venne travolta già dalle e nelle trattative politiche dando il via ad una lottizzazione politica. Tutto venne spartito e la Rai divenne un terreno di conquista e di potere per i diversi partiti. Ciononostante, al suo interno, la Rai seppe sviluppare programmi di qualità e permettere la crescita di figure professionali di straordinaria competenza.
Non potendo, non volendo, ripercorrere la storia della Rai, non ci resta che munirci di un cucchiaino, essere disposti all’assaggio del budino che oggi ci viene offerto.
Se ci permettiamo di essere caute/i nel fare quest’assaggio è perché continuiamo a credere che la Rai ci appartenga un poco. Non solo perché paghiamo un canone ma anche perché essa è nata come un servizio pubblico d’informazione e formazione. Vogliamo verificare se le idee, i valori di tutti i cittadini, di qualsiasi orientamento politico e religioso sono rispettate, se le realtà vengono rappresentate nella loro differenza, se la verità dei fatti viene fatta circolare e restituita in modo libero e trasparente, se, infine, tutto ciò concorre al mantenimento della democrazia del nostro Paese. Le questioni interne alla Rai non possono limitarsi a regole di bilancio, di assetti e regole interni.
Gli ingredienti del budino Rai, spesso sono stati manipolati e controllati, condizionati da interessi altri. Un condizionamento che non si è espresso solo in termini di funzionamento ma che ha operato a volte in modo censorio verso professionisti di valore piuttosto che referenti di aree politiche. A noi utenti, quelli che tutte le sere guardano con insofferenza programmi spesso noiosi, inutili, a volte volgari, ci sembrerebbe utile un ritorno di stile, di qualità, di contenuti che forse solo professionisti del settore potrebbero svolgere rispettando non solo le esigenze produttive ma anche quelle culturali del servizio.
Venendo dunque al caramello del budino, le ultime nomine, non sembra proprio che siano avvenute all’insegna della trasparenza ma piuttosto imposte senza se e senza ma. Il Direttore Generale della Rai, ha voluto sottolineare che esse sono “basate su esperienza e merito, autonomia dai partiti, nel segno della valorizzazione delle risorse interne”. Eppure è proprio quest’ultima indicazione che sembra sia venuta meno. Possibile che la Rai non abbia trovato, al suo interno, una figura adatta a riempire almeno una di quelle caselle? E se è così è legittimo chiedersi come si lavora al suo interno? Perché si sa, la macchina Rai ha bisogno di essere oliata e manovrata da un esercito di donne e uomini capaci di farla andare avanti. Forse il budino avrebbe avuto un colore meno pallido, chissà. In queste nuove nomine, viene fatto osservare, ci sono due donne. Allora? Non appare così strano, perché farlo apparire come un miracolo? Queste professioniste sono sicuramente di alta qualità; una, Ilaria Dallatana, proveniente dall’esperienza Mediaset e fondatrice della società Magnolia, l’altra, Daria Bignardi, giornalista, scrittrice, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici.
Il budino Rai, ha messo in campo ingredienti meno tradizionali e la nouvelle cuisine a volte ottiene consensi inaspettati. Le donne, si sa, preferiscono andare sulla tradizione, sul sicuro ma in questa occasione ci sembra giusto puntare su queste professioniste, che ci risveglino dai torpori serali, dalla noia del tutto già visto, dall’inutilità delle parole, dal cattivo gusto dell’immagine, dalla prepotenza di genere per una migliore cultura rispettosa e intelligente.