Ma la sua è stata una lunga strada voluta con caparbietà e amore.
Elena, ci racconti cosa vuol dire fare una scoperta di qualcosa di così grande come le onde gravitazionali? E poi ci dici in breve in che cosa consistono?
Le onde gravitazionali erano una previsione della Teoria della Relatività Generale di Einstein. Einstein aveva previsto che il movimento di masse enormi (come quelle di stelle di grande massa o dei buchi neri) possono creare delle piccole oscillazioni nello spazio-tempo, così come, per esempio, un sasso gettato in una pozza d’acqua crea delle onde che si muovono sulla sua superficie.
Averle scoperte non solo ci conferma che Einstein aveva ragione, ma ci fornisce un nuovo strumento per studiare l’Universo
Fare parte di questa scoperta è una soddisfazione senza confronti, lavorativamente parlando. Una ricerca a cui hanno partecipato oltre mille persone, a cui si lavorava da oltre trent’ anni. È bello sapere che la scienza riesca a fare delle previsioni e che queste poi siano verificabili.
Donna del sud, ricercatrice e mamma tre situazioni difficili da superare per arrivare al tuo posto?
Il fatto di essere una donna del sud non l’ho mai considerato un problema. Come molte ragazze e ragazzi del sud ho deciso di venire a studiare a Pisa perchè sapevo che la facoltà di Fisica era una delle migliori in Italia. All’inizio ho fatto la vita del normale studente fuori sede. Diventare mamma e ricercatrice è stato più complicato, perchè quando sono diventata madre non avevo ancora una posizione stabile lavorativa e non avevo alcun supporto.
Ci racconti come hai vinto queste tre barriere?
Io sono sempre stata fiera del mio ‘essere del Sud’ e quindi non l’ho mai visto come una barriera da superare. Nell’ambiente universitario sono tantissime le persone del Sud o non di Pisa o Toscane, quindi ero una come tante.
Diventare mamma è stato per me una cosa naturale, nel senso che passato i 30 anni ho cominciato a pensarci. Io ed io mio ex marito ci siamo sposati giovani durante gli anni del dottorato. Fisici tutti e due, precari tutti e due, ma abbiamo scelto di fare una famiglia comunque, con tutte le complicazioni del caso.
Riuscire a lavorare nella ricerca è stato più complicato. Tanta testardagggine e il percorso che molti di noi fanno, passando dal precariato per tanti anni. Conciliare la vita di madre con il lavoro di ricercatrice è stato quasi acrobatico.
Hai sempre desiderato fare la fisica o è stato un interesse arrivato poi?
Ho sempre desiderato fare la scienziata. Fin da quando ero piccola. Le mie passioni ruotavano sempre attorno alla scienza in ogni sua forma. Adoravo la matematica, ma preferii Fisica perchè avevo visto nella Fisica più sfide da affrontare, più cose da scoprire e la matematica come il linguaggio naturale delle Fisica. Con gli studi mi sono appassionata sempre di più alla Fisica.
Essere mamma è stato difficile, lontano da casa? Ti è stato d’aiuto tuo marito o le strutture pubbliche?
Decisamente si. Lontano da casa non hai nonni, parenti su cui appoggiarti. Per fortuna il padre delle mie figlie ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella loro crescita, anzi posso dire che solo grazie a lui abbiamo potuto fare due figlie nella nostra situazione. Ci siamo sempre scambiati i ruoli e tuttora la sua presenza è fondamentale per crescere le mie figlie con gli impegni che ho e ci aiutiamo vicendevolmente nonostante il divorzio. Le strutture pubbliche non sono state di grande aiuto. Quando è nata la prima figlia non siamo entrati in graduatoria per l’asilo nido comunale e abbiamo dovuto fare i salti mortali per essere sempre presenti e non farle mancare nulla. Poi abbiamo dovuto ricorrere alle babysitter (più di una ovviamente). Con le borse di studio avevamo più elasticità con l’orario, ma all’epoca non era prevista la maternità per gli assegnisti di ricerca e quindi facevamo le nottate per recuperare il lavoro. Con l’arrivo delle due figlie e la scelta della scuola non a tempo pieno abbiamo dovuto appoggiarci su una struttura di supporto a pagamento per la gestione delle figlie fino alle 5:30 di pomeriggio.
Esiste un nido all’interno delle strutture di ricerca?
No. Non in quella in cui lavoro io.
Le tue figlie hanno preso da te, la curiosità l’interesse per i numeri? E tu cosa fai per stimolarle?
Sono figlie di due fisici…e tutte e due hanno la passione per la scienza. Per scelta non entro mai nei loro compiti da fare. Io penso che devono sbagliare ed imparare da sole e trovare stimoli nello studio. Sono una madre anomala in questo, nel senso che non sono una che controlla i loro compiti perchè voglio che siano responsabili di quello che fanno. Dò ampia fiducia al sistema educativo e penso che un genitore non deve sostituirsi agli insegnanti. Dargli stimoli sì, ma in modo indiretto. Parliamo tantissimo in casa. Ovviamente sono coinvolte in quello che faccio. Vengono sul mio posto di lavoro quando c’e’ occasione.
Per una famiglia è meglio vivere in centri piccoli, più a misura d’uomo?
Decisamente. La mia è stata anche una scelta quella di studiare e poi vivere a Pisa. Ora che le mie figlie sono un po’ più grandi possono uscire da sole, rientrare a casa e possono muoversi a piedi in città. Non riuscirei ad immaginare lo stesso stile di vita a Roma per esempio.
Cosa consiglieresti ad una studentessa di fisica oggi?
Di prepararsi ad andare all’estero. Di vederlo come un arricchimento del proprio percorso di apprendimento, di non lasciarsi scoraggiare e di ricordarsi che per fare fisica non bisogna ‘essere come i maschi’,ma bisogna solo essere se stesse e lottare per una passione, credendo nelle proprie capacità.