L’ASSOCIAZIONE BAM Bottega delle arti e dei Mestieri HA LANCIATO UN PROGETTO NEL 2013 FARE MODA AD ADDIS ABEBA che sta raccogliedo oggi i suoi risultati
BAM collabora in Etiopia con le donne del Centro Sara Canizzaro “Child Minders Association Family, children and youth empowerment.”-SCCMA.
“Bottega delle Arti e dei Mestieri” fondata a Milano nel 2012 è un’associazione di promozione sociale no profit, formata da un gruppo di esperti di varie discipline e diversi settori, a garanzia di livelli superiori di efficienza. La maggiore parte dei soci fondatori (i cui curriculum sono inseriti nel sito web dell’associazione) lavorano come consulenti per le agenzie internazionali di cooperazione quali FAO, World Bank, Unione Europea e anche in ONG nei paesi in via di sviluppo. Altri sono esperti nel settore della Moda internazionale, nel settore “Psicologia del Lavoro” per lo sviluppo di progetti formativi per aziende di medie e grandi dimensioni, nel settore “Architettura ed Arte” e nel settore “Medicina e Chirurgia”
L’Associazione mira a promuovere l’imprenditoria autosufficiente nei paesi in via di sviluppo, in Europa, in Italia, nelle periferie più fragili sviluppando iniziative che comportino il trasferimento di opportune conoscenze non solo tecniche ma anche imprenditoriali, atte a rendere i soggetti coinvolti il più possibile indipendenti dal punto di vista professionale ed economico nel loro paese di origine e nel proprio ambito sociale.
IL PROGETTO, portato avanti grazie all’esperienza della Presidente dell’Associazione ha lavorato in Etiopia per cinque anni con gli organismi internazionali di cooperazione quali World Bank, e Unione Europea in progetti di comunicazione per la promozione del patrimonio artistico, tradizionale e culturale del paese è stato finalizzato ad analizzare i bisogni e le aspettative nel campo della tradizione artistica e artigianale attraverso incontri e interviste con artigiane/artigiani e operatori del settore e incontri con i beneficiari finali.
– I giovani etiopi e non solo giovani ormai vestono moderno. Per esempio molte studentesse che accedono all’Università sono alla ricerca di abbigliamento di qualità e soprattutto “moderno”, fatto che conforta la nostra analisi iniziale di questo grande mercato nazionale “giovane” che accede sempre più massicciamente allo studio e che nello stesso tempo vuole sempre più “vestir bene e alla moda”.
– Di conseguenza gli artigiani tradizionali e il loro Know how rischiano di andare perso lavorando ormai solo per abiti da cerimonia religiosa. Anche per il matrimonio la tendenza è ormai di non indossare abiti tradizionali.
– L’Etiopia è uno tra i primi produttori di ottimo cotone (compete per la sua qualità con quello.
Egiziano), di seta pregiata e pelle.
– Proprio per questo le grandi fabbriche di tessuto locale si stanno adoperando per ottimizzare o meglio rendere più moderni i loro tessuti per salvaguardare le loro produzioni.
– Gli abiti moderni immessi sul mercato non sono quasi mai di qualità, sono frutto (per la maggiore parte dei casi) di tessuti d’importazioni scadenti così come la qualità sartoriale.
Considerato quanto sopra abbiamo deciso di puntare su un progetto che utilizzi i saperi tradizionali e i loro tessuti traghettandoli dalla tradizione alla modernità e all’imprenditorialità.
“E fare moda ad Addis Abeba” sembra la partenza migliore. Il progetto, in collaborazione con una associazione etiope, è un laboratorio creativo che elabora il know how tradizionale traghettandolo verso nuove forme, più adatte al mercato moderno, nazionale e internazionale.
Il progetto ha lo scopo di inserire nel campo del lavoro donne e uomini, attraverso laboratori di specializzazione che li accompagnino a una valorizzazione delle loro abilità e conoscenze culturali, integrandole con le nuove esigenze del mercato.
Laboratori dunque capaci di coniugare tradizione, modernità e nuova imprenditorialità.
Il progetto si è articolato in una serie di workshop tendenti a disegnare ed elaborare una produzione di modelli alla moda coi tempi.
Gli ultimi workshopsono stati dedicati alla cultura d’impresa e all’inserimento del prodotto nel mercato.
Lo staff è composto da stiliste professioniste (che si alternano), e da sarte e capo modelliste che hanno lavorato presso stilisti italiani o tuttora docenti presso scuole di moda di Milano.
Dal 2013 ad oggi, sono stati già effettuati una decina di laboratori nei quali sono stati inseriti il concetto di “collezione di moda di base” (classica, di tendenza e sportiva) abbinando modelli, disegni, colori e tessuti.
Dopo i training effettuati negli ultimi due anni ed i risultati ottenuti, il 2016 è iniziato con l’idea di far uscire le beneficiarie dal non profit per farle entrare nel mondo del lavoro
Analisi del lavoro svolto
Lavoro Anno 2014
Prima fase
Il gruppo con il quale si è cominciato a lavorare era costituito da 12 donne.
Il lavoro iniziale è stato quello di spiegare il concetto di moda e l’importanza di costituire un gruppo di lavoro omogeneo.
La stilista Angelique Brouwers (esperienza ventennale con Giorgio Kauten) ha iniziato con una lezione teorica di collezione di moda per poi affrontare le basi pratiche della confezione di abbigliamento: casual, sportivo, elegante.
A fronte di questa differenziazione, si è lavorato insegnando alle donne i diversi concetti di gonna, pantalone, abito, top e giacca.
E’ stata individuata una capo sarta etiope che potesse seguire il gruppo e tradurre le spiegazioni ed i termini tecnici usati dal nostro staff tra l’altro composto da capo sarte italiane di lunga esperienza.
Si è partiti dall’elaborazione di un cartamodello semplice: un top.
La stilista ha disegnato il modello e con le sarte ha ritagliato la sagoma spiegando a tutto il gruppo come si definivano le misure di base.
Dopo questo primo lavoro di impostazione, la capo sarta etiope ha ritagliato nuovamente il modello spiegando i vari passaggi al gruppo in lingua locale.
Successivamente il gruppo è stato suddiviso in quattro gruppi che, sotto la regia delle sarte e della stilista, hanno cominciato a riprodurre il cartamodello.
Dal cartamodello si è passati a tagliare il tessuto (cotone bianco etiope) e le nostre sarte hanno insegnato loro il modo di cucire, naturalmente partendo dall’imbastitura.
Il primo sistema di cucitura usato è stato quello della macchina per cucire manuale (vedi singer a pedale) in quanto unico metodo conosciuto.
Questo periodo propedeutico ha dato i seguenti risultati:
-tutte le donne hanno capito il concetto di cartamodello
-ognuna ha cominciato ad impostare, tagliare e cucire il proprio modello
imparando ad inserire elementi quali zip o elastici.
E’ stata lasciata loro la scelta di ricamare il modello elaborato.
Seconda fase
Il gruppo è costituito da 9 persone.
Tre donne hanno dovuto abbandonare per motivi di famiglia.
La stilista è Debora Sinibaldi, Professore Associato del Dipartimento Design del Politecnico di Milano.
Il punto, è di sviluppare quanto fatto in precedenza e per questo l’insegnamento si è incentrato su:
-valutazione dei lavori svolti, prototipi e ricami
-spiegazione approfondita della base di un abito
-tele propedeutiche per la base di un abito
– scelta di un disegno di abito da sviluppare
– tela di prova dell’abito scelto
– lezioni di prova pratica dell’uso delle macchine per cucire elettriche
– perfezionamento dei ricami esistenti con applicazioni di nuovi elementi decorativi
– ricerca ed acquisto di nuovi tessuti
-spiegazione delle basi di sartoria applicata e confezione completa dell’abito
-prova e sdifettamento dell’abito con conseguente modifica del cartamodello
– nuovi disegni d’abbigliamento e nuovi disegni di ricami da realizzare.
Le considerazioni che si possono trarre da queste fasi è che le donne hanno imparato le attività e le tecniche proposte e hanno partecipato alla formazione con grande voglia di apprendere.
Durante le varie sessioni di formazione è emersa la figura della sarta Etiope Elisabeth Berhane che ha assunto la figura di insegnante locale ed è diventata interfaccia tra noi formatori e le apprendiste.
Lavoro Anno 2015
Il gruppo di lavoro è sempre di 9 persone.
Nella prima parte dell’anno si perfeziona il cucito e si rimodulano gli abiti fin qui fatti introducendo nuove forme di scollature, di colli, di maniche, di pantaloni (stretti e larghi), di top e di bluse e di gonne (a tubo e larghe).
A fianco del classico cotone bianco dell’abujadin viene introdotto un nuovo tessuto etiope colorato, lavorato a telaio a mano da tessitori locali, più leggero e raffinato ma più difficile da trattare in quanto di trama più larga.
Le donne imparano un nuovo modo di cucire ed utilizzano, con sempre maggior frequenza, le macchine elettriche più idonee a questo tipo di tessuto.
Il gruppo impara a lavorare singolarmente sul proprio pezzo e la produzione comincia ad essere in serie in quanto ora ogni donna produce contemporaneamente un proprio modello.
I ricami diventano sempre più stilizzati abbandonando le precedenti forme tradizionali della croce ortodossa. Nuovi elementi decorativi (perline, bottoni, paillettes) fanno la loro comparsa.
Considerato che il gruppo manifesta un salto di qualità nell’elaborazione dei modelli, nella perfezione delle cuciturel, lo staff tecnico propone il lancio di nuove bluses e camicette ricamate per il bazar, canale di vendita autorizzato dallo stato etiope per le organizzazioni non profit.
Le donne si sentono motivate e producono mensilmente alcune decine di modelli.
Le buone cuciture e i buoni ricami contribuiscono ad aumentare le vendite al bazar.
Si pensa pure che sia giunta l’ora di partecipare a manifestazioni pubbliche per verificare l’impatto del prodotto sul mercato.
La conduzione tecnica del progetto passa ad uno stilista giovane che può seguire il gruppo con continuità di tempo e di linea , considerando il grande cambiamento della società etiope che si sta avviando decisamente verso la modernità abbandonando sempre più il modo di vestire tradizionale
Partecipiamo alla “Fair & Ethical Fashion Show” in Milano nel maggio 2015 e successivamente all’”African Fashion Week” ad Addis Ababa nell’ottobre scorso.
Per la prima manifestazione, le donne hanno lavorato su top e casacche più o meno lunghe e con ricami floreali cercando di migliorare la cucitura dei nuovi tessuti ed il giromanica (molto difficile da apprendere e sviluppare anche da parte di sarte professioniste).
Nella seconda manifestazione, a fronte del buon impatto ottenuto nella prima, si è passati decisamente ad una vera e propria minicollezione di 8/9 modelli: top, bluses, pantaloni e gonne.
Lo stilista Kleant Stasa ha disegnato i modelli e le donne hanno avuto il compito in due mesi di predisporre tutta la capsule.
Il gruppo si è quindi trovato davanti :
-all’elaborazione di nuovi cartamodelli
-alla messa in opera di nuovi modelli su tessuti diversi
-al rispetto della massima precisione nel taglio e nel cucito
-all’inserimento di nuove forme di ricamo colorato (vedi utilizzo di lettere dell’alfabeto etiope che si prestano molto ad essere un elemento decorativo)
-alla messa in opera di uno stand espositivo (hanno contribuito alla sistemazione del nostro spazio espositivo)
partecipando dal vivo, per la prima volta, ad una manifestazione di moda in cui hanno potuto vedere di persona le nuove tendenze del mondo africano e aprire sempre più la propria visione di un mondo della moda finora ristretto all’apprendimento.
Di conseguenza si sono allacciati rapporti importanti con l’Ambasciata Italiana di Addis Ababa che ci ha permesso di esporre i modelli nella loro sede durante la serata conclusiva dell’Africa Fashion Week e anche c on l’UNIDO (United Nations Industrial Development Organization) che, dopo aver sponsorizzato il nostro stand alla settimana della moda di Addis, ha dato l’incarico alle nostre beneficiarie (dietro compenso) di confezionare i nastrini color arancio distribuiti a New York in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne (25 nov.2015).
Un altro importante passaggio non solo professionale ma anche di autodeterminazione, di conoscenza e di tutela dei diritti delle donne.
Alla fine del l’ultimo training (ottobre 2015), lo staff tecnico decide di differenziare la gamma dei prodotti aggiungendo alla collezione altri 2/3 modelli colorando il classico cotone abujadin bianco.
Il gruppo è sempre composto da 9 persone.
Lo stilista è sempre Kleant Stasa.
Dopo il training di ottobre, le donne predispongono il lavoro per il training di gennaio.
Prendono contatti con una signora etiope esperta in tintura del tessuto e riescono a procurarsi dell’abujadin colorato (giallo, verde, blu, marrone e grigio) col quale impostano la serie di nuovi modelli che nel frattempo è stata disegnata dallo stilista Kleant e fatta pervenire al gruppo con whatsapp.
Si decide di inserire nel programma d’insegnamento anche la “Progettazione Design della Moda” tramite il docente Claudio Vendramin, titolare della cattedra di Progettazione presso il Liceo Artistico Statale di Sassari che entra a far parte della nostra associazione come collaboratore volontario.
Vivendo temporaneamente ad Addis, segue direttamente il gruppo settimanalmente e comincia a proporre questo nuovo elemento di didattica, fondamentale per lo sviluppo artistico di una collezione e di una linea di moda.
Le donne applicano su tessuto nuovi schemi, nuove forme di vestito, nuove idee di ricamo e cominciano a delineare nuovi prototipi che potrebbero diventare nuovi modelli.
Nel frattempo, il lavoro fatto viene fatto vedere alla direttrice della BEConnected Africa che vive ad Addis e ipotizza la possibilità di poter aiutare il nostro progetto mettendo a disposizione la sua struttura organizzativa in fatto di marketing ed aperture sul mercato
Si prevede, quindi, durante il primo training del 2016 di valutare con l‘associazione etiope con cui collaboriamo, la possibilità di inserire il gruppo delle nostre beneficiarie sul mercato attraverso la costituzione di un laboratorio/cooperativa con il nostro iniziale supporto tecnico/organizzativo.