Dobbiamo cominciare ad interrogarci sul linguaggio usato da politici, legislatori, amministratori, burocrati, scrittori e giornalisti (non solo uomini, naturalmente) quando parlano di donne
di Laura Candiani
Le parole delle donne
Un giorno a caso (martedì 1 marzo 2016), un quotidiano a caso (la Repubblica); prendiamo pagina 6. L’articolo scritto da una donna (Annalisa Cuzzocrea) contiene una incertezza quando leggiamo: IL ministro Maria Elena Boschi…e poi… LA presidente della Camera Laura Boldrini (eppure si è donne da ministra e da presidente, alla stessa maniera); nella medesima pagina foto di Beatrice Lorenzin, donna anch’ essa, ma definita MinistrO della Salute.
A pagina 9, stesso giorno, stesso quotidiano, foto di Laura Boldrini: IL presidente della Camera.
Pagina 13: Hillary Clinton,ex SegretariO di Stato; p.19: Teresa Principato, IL procuratore aggiunto. Andiamo a pagina 32; il titolo attraente ”Furono 6 donne a dare un’anima al primo computer” prosegue con tre foto dalle didascalie corrette (LA matematica;LA programmatrice; L’analista) e nel testo si afferma giustamente: “erano tutte matematiCHE espertE”.
Passando a pagina 49, in un brevissimo testo senza firma troviamo, in pochi righi, un bel pasticcio: (Giulia Maria Crespi) è presidente onorariO, e poco dopo: l’imprenditrICE lombardA. Ma allora: è un uomo o una donna?
Potremmo continuare all’infinito fra equivoci, incertezze, contraddizioni, effetti comici. Proviamo allora a fare una buona volta il punto e a batterci – come è nostro dovere – per ottenere che anche la scrittura nelle sue forme più svariate (dalla letteratura alle leggi, dal giornalismo ai libri scolastici, dalla modulistica alla burocrazia) rispetti la parità di genere, come suggeriscono le raccomandazioni europee, come ribadisce l’Accademia della Crusca, come spiegano da tempo linguiste qualificate come Alma Sabatini e Cecilia Robustelli.
In questo spazio periodico cercherò di partire da concreti esempi e di soffermarmi su una serie di errori molto comuni, in cui cadono spesso anche le stesse donne, dovuti a sbadataggine, superficialità, ignoranza, ma anche a pregiudizi radicati, vorrei dire inconsapevoli, che dobbiamo abbattere con gradualità e buon senso, comunque con decisione.
Qualcuno dice che “ministrA” è brutto, ma “maestrA” tutti lo accettiamo! Perché diciamo senza problemi “ allievA”, ”scolarA”, ”bambinA”, ma siamo restii a usare “medicA”, ”notaiA”, “architettA”?
Non è ridicolo leggere “il ministrO incintA” oppure “il marito del prefettO” ?
Qual è dunque la forma corretta fra: avvocato, avvocato donna, avvocata, avvocatessa? Concludo qui questo primo approccio con la tematica, con l’intento di sollevare dubbi e far riflettere sulle possibili alternative.
Autrice: Laura Candiani – laureata in Lettere,ex insegnante-si occupa di studi storici, cinema,l etteratura,ambiente. Dal 2012 è socia e collaboratrice di “Toponomastica femminile” di cui è la referente per la provincia di Pistoia e per cui scrive articoli, biografie,reportage; partecipa a convegni, promuove iniziative e realizza pubblicazioni su tematiche “al femminile”( le balie della Valdinievole, le donne del Risorgimento, le intitolazioni). Collabora con varie commissioni Pari Opportunità ed è consigliera della sezione Storia e storie al femminile dell’Istituto Strorico Lucchese.