Cassandra, personaggio affascinante e controverso, dotata del dono della profezia ma condannata a non essere mai creduta.
Il 2 Marzo 2016 si è svolta al Teatro Franco Parenti di Milano una lectio magistralis tenuta da Umberto Curi, Professore Ordinario di Storia della Filosofia presso l’Università degli Studi di Padova.
La lectio è stata inserita nell’ambito delle messe in scena di tre spettacoli su personaggi dei miti greci e in particolare Edipo, Medea e Cassandra. Ciascuno degli spettacoli è stato preceduto da un intervento di questo tipo.
Curi si è soffermato sulla figura di Cassandra, personaggio affascinante e controverso, dotata del dono della profezia ma condannata a non essere mai creduta.
Per sviscerare tuttavia l’essenza e la funzione di Cassandra nella mitologia greca, Curi ha ritenuto fondamentale puntualizzare alcuni aspetti della società greca classica, deducibili peraltro dai poemi omerici Iliade e Odissea, dalle opere dei grandi tragediografi (Eschilo, Sofocle e Euripide) e da molti altri autori.
Come appunto dimostrano due scene tratte dall’Iliade, l’incontro fra Ettore e Andromaca alle Porte Scee, e dall’Odissea, un dialogo fra Penelope e il figlio Telemaco, la donna occupava nella Grecia classica un ruolo decisamente subalterno rispetto all’uomo, limitato spazialmente in una parte della casa (l’oikos) e operativamente dedicato esclusivamente al lavoro al telaio, al fuso e all’organizzazione dei compiti delle ancelle.
La donna era vista come caratterizzata dall’emotività, contrapposta alla razionalità del logos, tipica invece dell’uomo. Anche il rischio e il dolore fisico provocato da eventuali ferite e da morte violenta, peraltro, si pensava fosse esclusivo appannaggio dell’uomo. Tuttavia, nella letteratura e nella mitologia greca, oltre a personaggi femminili che si adeguano al ruolo assegnato loro, ce ne sono anche alcuni che parlano e agiscono diversamente, mettendo in luce un altro punto di vista. Che dire infatti, sottolinea Medea nell’omonima tragedia di Euripide, del tremendo dolore del parto e dei rischi che esso comporta? Fatto inequivocabilmente vero, così come quello che la donna riveste una funzione importantissima e insostituibile, quella della generazione.
La società maschilista dunque cerca di sminuire e mettere in discussione anche questo; i nuovi nati infatti escono da una parte del corpo femminile vicinissima ad altre parti che ricoprono funzioni basse e sporche: l’evacuazione delle feci e dell’urina. La puerpera è dunque contaminata e impura. Il passaggio successivo è cercare di scindere il parto dalla natività in modo che questa seconda possa essere attribuita anche a figure maschili (Atena, per esempio, nasce dalla testa di Zeus; e Dioniso dimora gli ultimi tre mesi nella coscia del padre prima di venire al mondo).
Nonostante il maschilismo imperante, tuttavia, la tragedia attica genera personaggi femminili di indiscusso spessore etico e forte personalità, ben al di sopra dei loro comprimari uomini; sono vere e proprie eroine Antigone, Alcesti, Medea. E lo stesso Socrate, rappresentato nel Simposio, dice di voler sapere la verità sull’amore, e di averla appresa solo da Diotima: una donna, una sacerdotessa e una straniera (in quanto non attica). Ecco che dunque la donna non solo partorisce i figli ma può anche partorire la verità, la quale supera persino il logos maschile. E non è un caso, dice Curi, che la celebre Pizia sia rappresentata nella stessa posizione e nelle stesse condizioni di una partoriente: seduta, avvolta tra vapori, e emettendo grida inarticolate.
In questo contesto Cassandra è una figura unica e del tutto particolare; istruita da Apollo in persona nell’arte della mantica (cioè della divinazione) viene successivamente condannata dal dio stesso a non essere mai creduta per non aver voluto concedersi a lui. Nessuno le crede dunque quando dice che Paride non deve partire per la Grecia (dove poi rapirà Elena) né quando profetizza che il cavallo di legno sarà la rovina di Troia. Le sue visioni sono esatte e chiarissime, a differenza degli enigmatici vaticini della Pizia; sono il frutto dell’esplorazione di una dimensione inattingibile agli altri mortali che comprende e conosce presente, passato e futuro. Cassandra è dunque portatrice della vera e propria conoscenza: ed è una donna.
Tuttavia, e questa potrebbe essere considerata ulteriore metafora, la conoscenza personificata da Cassandra è condannata a rimanere inascoltata dal potere maschile che, spesso in maniera miope, considera la conoscenza della verità un limite o una minaccia alla sua propria solidità.
Da una parte dunque l’inevitabile considerazione che il sapere di Cassandra risulta inutile agli altri e addirittura dannoso per colei che ne è la depositaria; dall’altro la speranza, che Curi esprime, che nel tempo presente “le conseguenze del tacitare i sapienti non siano funeste e luttuose come lo furono in quel caso”.
Viene da concludere dunque: non tacitiamo le donne e non tacitiamo i sapienti (uomini e donne)!
Nota: il presente articolo si basa sulla lectio tenuta dal Professor Curi nell’ambito del ciclo “Variazioni sul mito” al Teatro Franco Parenti di Milano e sull’intervista a lui fatta da Maria Teresa Magi.
http://teatrofrancoparentiblog.com/2016/03/02/non-abbiamo-paura-di-cassandra-intervista-a-umberto-curi/