Anima Mundi, La drammaturgia delle donne – letture sceniche
Spettacolo in replica al Teatro della Memoria, Via Domenico Cucchiari 4 (Milano) Venerdì 8 Aprile 2016
Perché parlare di opere e pensieri di donne specialmente o solo in occasione della festa della donna? Certo, è un’occasione ma, come del resto si propone di fare questa rivista, è importante portare ala luce le storie di donne e delle loro produzioni tutti i giorni. Perché c’è tanto di sconosciuto o dimenticato. Questo pensiero si è confermato tanto più il 7 marzo, quando al Teatro Franco Parenti si è svolto lo spettacolo Anima Mundi – la drammaturgia delle donne, letture sceniche; tre letture drammatizzate e in parte recitate tratte da testi di drammaturghe donne e riguardanti tre diverse epoche storiche: il XX secolo dei campi di concentramento; il XVII secolo della Querelles de femmes e il XIII secolo del movimento delle Beghine.
In un viaggio a ritroso si parte prima da “Racconto di maggio” di Maricla Boggio, che vuole sottolineare come le donne siano in grado di unirsi e fare rete in condizioni di vita estrema per sostenersi e affermare se stesse. Cercano di sopravvivere alle tremende condizioni dei campi, e quella è una lotta individuale; ma la sera cercano di ritrovarsi e di dare spazio alla parola, che ha una funzione di sfogo, di consolazione, ma anche di testimonianza. La donna, per tradizione custode dei ricordi famigliari, qui si sente investita di una responsabilità storica ben definita: ciò che sta succedendo non deve essere dimenticato o occultato. Al tempo stesso la sera è anche momento di condivisione di ricette, che le donne provenienti da diversi paesi si scambiano oralmente: una celebrazione della propria terra e delle proprie tradizioni che ormai sembrano lontanissime. Paradossalmente tutti i piatti immaginari che passano nella loro mente sembrano quasi saziarle e dare loro un’illusione di normalità.
Ci si cala poi nel XVI secolo, nell’ambito della Querelles de femmes, ovvero il dibattito sulla condizione della donna nella società che ebbe origine in Francia. Ecco qui, dunque, la riduzione drammaturgica da un testo della poetessa e scrittrice veneziana Lucrezia Marinelli (1571-1653) che, in risposta all’opera misogina dello scrittore Giuseppe Passi, Dei donneschi difetti pubblicata nel 1599, scrisse La nobiltà et l’eccellenza delle donne co’ difetti et mancamenti de gli uomini. Da notare che l’unica copia di questo testo, presente alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, è oggetto di studio in America ma non in Italia.
Il ragionamento della Marinelli parte dall’analisi dei nomi con i quali la donna viene denominata e ne illustra l’origine e il significato. La donna è “domina” (padrona), “femina” (che genera il feto ma è anche collegata al fuoco), Isha (identificata col fuoco spirituale contrapposto a quello materico), è “mulier”, delicata e benigna.
Inutile negare, inoltre, che sia la donna a generare il maschio. Secondo il ragionamento della Marinelli, che ribatte punto su punto alle accuse mosse in quell’epoca (ma non solo) al genere femminile “più nobile è tutto il composto” della donna. Il corpo temperato e umido della donna (in contrasto con quello più caldo e secco dell’uomo) è più favorevole alle attività dell’intelletto; rende inclini alla giustizia e alla prudenza; inoltre le donne, raramente proprietarie di denaro, sono di norma diligenti e capaci di risparmio per garantire buona vita e stabilità ai figli e al marito. Per contro l’uomo è più incline a essere obnubilato dalle passioni e a farsi dominare da esse, nonché portato in alcuni casi alla violenza; dalla qual cosa la donna cerca di distoglierlo frenandolo e moderando i suoi atteggiamenti.
Il terzo episodio dello spettacolo ci racconta infine di come la studiosa Romana Guarnieri (1913-2004), storica e studiosa della mistica medievale e della Chiesa, si imbatté, durante alcuni suoi studi nella Biblioteca Vaticana in un libricino intitolato Lo specchio delle anime semplici: attribuito dopo ricerche e approfondimenti a Marguerite Porete, una beghina studiosa di teologia, la cui opera è quindi incasellabile nell’ambito della cosiddetta mistica beghinale.
Ma chi erano, precisamente, le beghine? Agli inizi del 1200 nelle Fiandre e successivamente in Germania, Francia e Italia (in misura minore), con la crisi della Chiesa e tanti uomini impegnati in guerra, dei quali molti peraltro non sarebbero tornati vivi, alcune donne si ritrovarono proprietarie di beni e libere di amministrarli come meglio credevano. Fortemente credenti, iniziarono a trovarsi insieme per studiare i testi sacri e a prestare assistenza a persone bisognose. Incominciarono poi a vivere nei beghinaggi: piccoli agglomerati di casette di legno poste in maniera circolare; ciascuna delle beghine aveva la propria casa ma costituivano una sorta di comunità, nella quale, comunque, ognuna si manteneva con i propri beni e lavorando.
Nonostante le gerarchie ecclesiastiche spingessero in tal senso, le beghine non volevano assolutamente rientrare in un ordine monastico o costituirne uno nuovo. Il loro status fu dunque approvato da Papa Gregorio IX nella bolla Gloriam Virginalem del 1233. In questo contesto si inserisce la figura della Porete, il cui libro di teologia in forma dialogica fu posto al vaglio di 21 teologi della Sorbona. Di indubbio valore, era però sospetto per il solo fatto di essere stato scritto da una donna che infatti, essendosi rifiutata di parlare con gli inquisitori e di ritrattarlo, fu arsa viva come eretica nel 1310. Le beghine erano molto amate dal popolo per le funzioni che svolgevano, ma progressivamente diventarono sempre più invise al potere religioso e furono infine condannate da Papa Clemente V nel 1311 e in alcuni sinodi negli anni seguenti; cosicché iniziarono ad essere perseguitate, insultate, cacciate e anche processate e bruciate; progressivamente dunque il movimento sparì.
Questi tre episodi di grande interesse vengono drammatizzati e messi in scena in maniera efficace e a tratti non priva di ironia da Angelica Cacciapaglia, Maurizia Ferrari, Raffaella Gallerati, Giovanni Giangiobbe, Annamaria Indinimeo, Francesco Manicone, Donatella Massara, Laura Modini, Cristina Salardi e Francesco Tinnirello.
I testi sono ideati e curati da: Maricla Boggio, autrice di Racconto di Maggio
Laura Modini e Ombretta De Biase per la riduzione drammaturgica e l’idea tratta da La nobiltà et ll’eccellenza delle donne co’ difetti e mancamenti de gli uomini
Ombretta De Biase per La verità sulle Beghine-documentario in teatro.
Maricla Boggio, scrtttrice, drammaturga e giornalista torinese, diplomata in regia all’Accademia di Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, è autrice di più di settanta testi teatrali rappresentati in numerosissimi teatri e vincitrice di svariati premi.
Ombretta De Biase, drammaturga, regista e acting-coach, è autrice di manuali di recitazione che si basano essenzialmente sulle tecniche attoriali in uso presso l’Actors Studio di New York. È creatrice del Premio Fersen dedicato alla memoria del Maestro Alessandro Fersen, e delle Rassegne teatrali Dopo Pirandello e Anima Mundi, che ha avuto diverse repliche a partire dal 2010.
Laura Modini fa parte del progetto “Donne di parola”, che vuole offrire alla rete testi scritti da donne selezionati, letti e interpretati dalle appartenenti a questo gruppo di lavoro, disponibili quindi in formato MP3. Il desiderio è quello di leggere e discutere della scrittura femminile e darle spazio e voce come si merita.
http://www.donnediparola.eu/chi-siamo/
https://it.wikipedia.org/wiki/Margherita_Porete
https://it.wikipedia.org/wiki/Lucrezia_Marinelli
http://www.ombrettadebiase.it/de-biase-biografia.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Maricla_Boggio
http://www.donnediparola.eu/chi-siamo/
(Laura Modini)