E’ morta Zaha Hadid, la grande architetta dell’armonia delle forme.
Nel lungo, faticoso percorso che le donne da sempre hanno intrapreso per essere riconosciute nel mondo per i loro meriti, prima che per il loro genere, quando una di loro, di noi, infrange il tetto di cristallo che ci opprime, quando riesce a volare e il suo volo è visibile e riconosciuto in ogni luogo e da ogni abitante del nostro pianeta, noi siamo felici e grate. Quando una di loro chiude le ali, muore, ci coglie un profondo dolore.
E’ così che ci possiamo sentire oggi, dopo avere appreso la prematura scomparsa di Zaha Hadid, la grande architetta dell’armonia delle forme.
La morte ci rende uguali, le nostre azioni ci possono rendere straordinari. E la vita di questa donna sicuramente lo è.
Nata a Baghdad 65 anni fa, studi a Beirut e Londra, Zaha Hadid, Era considerata universalmente “la regina” dell’architettura.
Certo è che le strutture delle sue opere hanno lasciato impronte e forme da considerare uniche nel rispetto del paesaggio in cui sono collocate.
Insieme all’unicità della sua opera architettonica, piace riconoscere in lei una donna che ce l’ha fatta e non solo un’icona della progettazione.
Forse molto più fortunata di tante altre sue conterranee, sicuramente un esempio impossibile da imitare ma a cui possiamo fare riferimento. Non può infatti sfuggire, al di là del successo, la determinatezza che crediamo le sia stata necessaria per perseguire quella strada. Tanto da renderla appunto, unica, un modello per tutti.
In un mondo disseminato da cattedrali nel deserto, mostruosi edifici, scheletri di orrori per il paesaggio, le sue opere, tali vanno considerate le sue architetture, dominate dalla morbidezza delle forme ricavate senza compromessi ma “ unioni di onde, strutture allungate, angoli, spazio fluido”, tutto ciò a noi piace immaginarlo anche come frutto di una sensibilità speciale, particolarmente presente e cara al nostro genere.
Poco da aggiungere su ciò che lascia, basta solo aprire il web per sapere tutto di lei e di ciò che ha fatto/costruito. Molti i premi e riconoscimenti, fra i quali un prestigioso Premio Pritzker, considerato il Nobel dell’architettura, e nel Regno Unito la Medaglia d’Oro del Royal Institute of British Architects.
Una donna che ha lasciato la sua impronta anche nel nostro Paese e che il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini che ha voluto ricordare “L’uso innovativo dei volumi e degli spazi che ha caratterizzato la sua architettura” anche nel nostro Paese, riferendosi all’edificio del Mmaxxi di Roma, un ricerca che “si è espressa al meglio in questo edificio, che ha seguito in ogni fase dalla progettazione alla costruzione introducendo nuove tecniche e materiali”. Tra i suoi lavori italiani c’era anche l’impegno nel quartiere City Life, l’ex Fiera di Milano: suoi uno dei centri residenziali, già ultimati, e una delle tre torri, in costruzione.
Noi donne vogliamo essere meno formali di un ministro ed abbiamo un diverso modo di esprimerci. E nonostante che abbiano voluto comunque trovarle definizioni per identificarla al femminile “la first lady dell’architettura”, “la donna più elegante”, noi certamente non la ricorderemo per queste ma per ciò che ha prodotto nell’architettura. . Un esempio che le donne, tutte, in ogni parte del mondo possono riconoscere e riconoscersi, un esempio che certamente dimostra quanto il genere non crea limiti né confini alle capacità umane.