Dunque, come le dicevo,
lei ha una fissazione d’amore.
Non esistono sentimenti così,
contemplati nella nostra psichiatria.
Le va bene?
– Certamente”
(Alda Merini, Delirio amoroso)
Deve incontrarlo fra un paio d’ore. La luce è morbida, come un maglione nuovo. Ha quello smalto su tutto il corpo, quel ritmo delle belle canzoni. Vuole cose. Le vuole perché le merita.
― “Vuole cose che io…”
― “Che tu?”
― “Che io non so volere”
― “Ti piace?”
― “Mi piace”
― “E allora?”
― “È un casino”
― “Cosa?”
― “Desiderare tutto”
Lei si ferma davanti all’edicola di piazza Strozzi, saluta Gianni, l’uomo dei quotidiani, e legge sul Messaggero: “Un barbone marocchino invitato da una donna a partecipare ai festeggiamenti natalizi la stupra dopo il cenone…”. Resta in silenzio, l’umore si è incupito. Andrà al suo aperitivo digrignando appena i denti bianchissimi.
Lui ha assecondato le istruzioni di sua madre. Vivendo lo stesso gli eccessi dei borghesi di provincia. Dal guscio delle convenienze. Con qualche incrinatura Punk a vent’anni. E laurea, master, studio al Patheon. L’invidia dei colleghi in scooter, che alle feste portano il Corvo. Come negli anni ’90
Tutto conquistato passo passo. Nella Roma pigra dei taxi. Rinunciando alle velleità musicali. Qualche escort ogni tanto. La coca a Capodanno. La Thailandia come premio. La casa col mutuo da condividere con gli Erasmus. Alla soglia dei trentotto l’amore. Con una professionista elegante e curata. Figlia di un associato in Fisica e di una latifondista lucana dedita alla coltura del peperoncino. La sicurezza. Dopo tre mesi di convivenza ha confessato agli amici un dubbio. L’ha fatto dopo l’ultimo giro di gin. Con un’aria seria e indecifrabile. L’unico silenzioso nella bolgia. Non si è fatto travolgere dalle domande. Più grevi che sensate.
― “Te scopi ‘natra?” gli ha chiesto Daniel
― “No. Lei capirà”, ha detto della sua giovane fidanzata
― “Le ho comprato un solitario da Tiffany”