La storia di Maria Teresa Parpagliolo, architetta del Novecento, è emblematica della scarsa attenzione che il mondo culturale nazionale e accademico rivolge alle donne di valore.
di Barbara Belotti
Figura importante dell’architettura di paesaggio e del garden design internazionale, in Italia è pressochè dimenticata e a suo nome non esistono intitolazioni di vie e di piazze, neanche a Roma in cui si è svolta una parte significativa della sua vita umana e professionale.
Il testo è tratto dalla biografia di Maria Teresa Parpagliolo pubblicata su “Memorie” nel sito www.toponomasticafemminile.com
Maria teresa parpagliolo_logoIn uno dei suoi tanti interventi sulle donne Mussolini affermava che la natura femminile, di per sé analitica e non sintetica, le escludeva di fatto dal campo dell’architettura. Quasi nello stesso periodo, nel 1928, Maria Teresa Parpagliolo cominciava ad affacciarsi nel mondo dell’architettura, in particolare in quella del paesaggio, una categoria particolare della progettazione che in Italia non aveva scuole né corsi universitari, pur avendo una antichissima tradizione di realizzazione di giardini per ville e dimore storiche.
Mancando nel nostro Paese un percorso di studi ben definito, la figura di Maria Teresa Parpagliolo appare quella di una pioniera dell’architettura di paesaggio e del garden design, discipline poco sviluppate e seguite in Italia, almeno in anni non recenti. E nonostante il suo valore, riconosciuto a livello europeo soprattutto in ambito anglosassone, da noi è pressoché sconosciuta.
Lo sguardo verso un panorama internazionale è un’ambizione che Maria Teresa ha fin dall’inizio e che la porta a studiare in Inghilterra; corrobora gli studi teorici approfondendo da sola la conoscenza di piante e specie botaniche che costituiscono gli strumenti fondamentali delle sue realizzazioni. I suoi primi lavori sono progettazioni per spazi verdi destinati a case private, perché l’organizzazione del verde pubblico si rivela prevalentemente in mano a professionisti uomini; si dedica anche alla stesura di articoli sulla progettazione dei giardini e tiene per Domus, tra il 1930 e il 1938, una rubrica fissa dal titolo Giardino fiorito.
Nel 1939 ha l’opportunità di seguire, insieme agli architetti Raffaele De Vico e Pietro Porcinai, l’organizzazione dell’intero sistema di parchi e giardini della nuova zona di Roma destinata ad ospitare l’Esposizione Universale del 1942, l’EUR. La progettazione delle aree verdi dell’EUR voleva essere, cosa inusuale ancora oggi nel nostro Paese, di ampio respiro, non solo vista come completamento della parte urbanistica e architettonica. Come si legge nel volume Una grande casa, cui sia di tetto il cielo di Anna Maria Conforti Calcagni, il grande parco pensato per l’EUR doveva «avvolgere l’opera nella sua totalità e […] restare in stretto rapporto col “magnifico panorama della campagna romana” […], stabilire un armonioso rapporto tra le linee rigide dell’architettura e quelle più addolcite disegnate nel verde […] qualificare in modo sempre diverso il complesso intersecarsi delle strade, di cui esaltava funzioni e prerogative».
Dirige, dal 1940 al 1942, l’Ufficio Parchi e Giardini del Comune di Roma e la carriera di Maria Teresa Parpagliolo appare avviata verso traguardi di sicuro successo nell’ambito della progettazione del verde pubblico, campo che sembra riservare alle donne (non solo in Italia) ruoli di maggiore indipendenza e libertà rispetto all’architettura tradizionale.
Nell’immediato dopoguerra sposa il militare inglese Ronald Shephard e comincia ad alternare lavori e incarichi di prestigio tra l’Inghilterra e l’Italia. I nuovi contatti con la scuola anglosassone di progettazione e di garden design (entra a far parte del British Institute of Landscape Architects), la partecipazione al Festival of Britain del 1951, i disegni per il Regatta Restaurant Garden (1950), la risistemazione a giardino della fascia costiera di Mablethorpe nel Lincolnshire, un’area trasformata in modo sensibile durante gli anni della guerra, la lanciano in un panorama decisamente internazionale, senza però recidere il legame con l’Italia.
A Roma si aggiudica, insieme all’architetta Elena Luzzatto, il concorso per la realizzazione del cimitero militare francese di Monte Mario; progetta il parco dell’Albergo Cavalieri Hilton (1963), la sistemazione di piazza Jacini a Vigna Stelluti, l’atrio e il giardino interno della sede RAI in viale Mazzini (1966), in cui propone una felice sintesi fra il giardino italiano e il giardino giapponese, ispirato da un viaggio in terra nipponica, la sistemazione dei giardini e degli spazi esterni del complesso residenziale Prato della Signora e di quello in via Nomentana 373.
Agli anni Sessanta risale anche un altro importante piano architettonico, quello relativo allasistemazione degli spazi verdi pubblici e privati del comprensorio di Casal Palocco, affidatole dalla Società Generale Immobiliare. Si vuole ricreare, lungo la direttrice che da Roma conduce verso il litorale, non distante dalla vasta tenuta presidenziale di Castel Porziano, un nuovo complesso residenziale immerso nel verde. Il paesaggio cui si ispira l’architetta è quello della macchia mediterranea della vicina costa tirrenica, fatta di arbusti e piante che hanno il compito di creare omogeneità con l’ambiente circostante, contenere l’inquinamento acustico, valorizzare la salubrità dell’aria, caratterizzare la viabilità della zona garantendo al tempo stesso privacy e tranquillità ai proprietari delle abitazioni. Un vero esempio di integrazione fra paesaggio urbano e paesaggio naturale.
Il valore della progettazione ambientale, la valorizzazione del verde pubblico in sinergia con quello privato, la funzione estetica e ecologica dell’architettura del paesaggio e del garden design accompagnano l’intera esperienza professionale di Maria Teresa Parpagliolo che è stata una prolifica scrittrice di articoli per riviste specializzate nazionali e internazionali.
Il ritardo italiano nel comprendere il valore dell’architettura paesaggistica la portò, insieme a Pietro Porcinai e altri colleghi, a dar vita all’AIAPP (Associazione Italiana degli Architetti del Giardino e del Paesaggio) certa che fosse necessario formare una coscienza e una specificità professionale anche in questo campo. Nonostante la ricca e antica tradizione dei giardini all’italiana, infatti, il mondo accademico nazionale ha faticato a riconoscere un valore significativo e autonomo all’architettura di paesaggio e solo alla fine degli anni Settanta è stata istituito il primo corso di specializzazione in Architettura del Paesaggio presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Genova.
Negli ultimi anni Maria Teresa Parpagliolo studia e progetta la ricostruzione del giardino storico cinquecentesco Bagh-e Babur a Kabul, voluto dall’imperatore Moghul Babur come luogo di svago e successivamente scelto per accogliere la propria tomba. L’incarico, condotto per conto dell’ISMEO (Istituto per il Medio ed Estremo Oriente), dimostra la capacità costante di Maria Teresa Parpagliolo ad aprirsi verso culture diverse, mai venuta meno nel corso di un’intera carriera.
1 commento
Maria Teresa Parpagliolo è una professionista di talento che ha dato un notevole contributo alla realizzazione del verde architettonico in Italia e all’estero.
Rimasta nell’ombra, non ha avuto il giusto riconoscimento nelle istituzioni accademiche.
Oggi qualcosa sta cambiando nella visione e nella valorizzazione delle aree verdi ed è sempre più necessario investire in opere che rendano possibile un equilibrio tra popolazione e urbanizzazione.
Bell’articolo che tende a far conoscere profili femminili di elevato spessore professionale!