Qual è la forma corretta fra: avvocato, avvocato donna, avvocata, avvocatessa?
di Laura Candiani
Intanto cominciamo dal quesito proposto la volta scorsa; qual è la forma corretta fra: avvocato, avvocato donna, avvocata, avvocatessa?
La risposta è: AVVOCATA; le altre vengono bocciate la prima perché è esclusivamente maschile, la seconda perché non ha senso aggiungere “donna” (alle professioni maschili MAI aggiungiamo “uomo”: avvocato uomo, operaio uomo, medico uomo…), la quarta porta il suffisso -essa, mentre è preferibile la normale desinenza in –a (qualcuno forse ricorda in una preghiera cattolica l’invocazione alla Madonna definita ”Avvocata nostra”), per analogia con i nomi della prima classe: bambina, alunna, gatta, maestra, segretaria.
Lo stesso vale per architetta, medica, notaia, chirurga, ginecologa.
Questa volta voglio proporre un articolo interessante, che spezza una lancia a favore della nostra pacifica battaglia culturale. L’ho trovato su “Vanity Fair” del 9 marzo 2016, a firma di Francesca Bussi. Titolo :”Auguri e… figlie femmine -Fin da prima della nascita, i luoghi comuni sottolineano la differenza dei sessi (con notevole svantaggio per lei). Come difendersi? Usando il linguaggio corretto. E guardando uno spot speciale”.
Partiamo dalle foto: vediamo l’attrice Emma Watson, ambasciatrice della campagna ONU “He for She”, e due immagini dello spot citato, con didascalie spiritose e appropriate. Una dice: ”Perché femminuccia suona sempre come un’offesa?”, l’altra: ”Un uomo single sui 40 anni si può definire zitello?”.
Il brevissimo testo è corredato di dati aggiornati (stime ONU 2015): le donne rappresentano solo il 22% dei parlamentari, le lavoratrici guadagnano il 24% in meno dei colleghi, l’analfabetismo è al 60% femminile,1 donna su 3 subisce violenze fisiche o sessuali.
In campo linguistico come si cerca di attuare la parità, fuori dall’Italia? In Germania Ovest (nel lontano 1972) fu bandito l’uso ufficiale di “signorina” a favore di “Frau (signora)”, in Svezia (2014) è stato aggiunto ufficialmente il pronome neutro “hen”, in Gran Bretagna sono state inviate nelle scuole delle linee guida che invitano i docenti a evitare vocaboli sessisti e discriminatori.
Ma quali sono le espressioni più odiate dalle donne, in Italia? Al primo posto “sesso debole” , poi troviamo “femminuccia” usato per sminuire un uomo fragile o sensibile e “zitella” che qualifica in modo fortemente dispregiativo una donna non giovanissima semplicemente singola. Sgradevole e volgare l’espressione “con gli attributi”: si vuol fare un complimento a una lei evidenziando ciò che appartiene a un lui; frutto di un antico retaggio e di ignoranza medico-scientifica l’aggettivo “isterica” (derivante dal greco hysteron = utero) che voleva attribuire i cambiamenti di umore delle donne a un organo del corpo (analogamente, si dice “avere fegato” o “avere un cuore”). Nel 2013 la presidente dell’Accademia della Crusca Nicoletta Maraschio ha chiarito una volta per tutte in un comunicato stampa l’uso del genere femminile “per i ruoli istituzionali e per le professioni alle quali l’accesso è normale per le donne solo da qualche decennio”; dunque dobbiamo abituarci a usare: l’assessora, la ministra, la cancelliera, la sindaca, la magistrata, la consigliera e così via.
Autrice: Laura Candiani – laureata in Lettere,ex insegnante-si occupa di studi storici, cinema,l etteratura,ambiente. Dal 2012 è socia e collaboratrice di “Toponomastica femminile” di cui è la referente per la provincia di Pistoia e per cui scrive articoli, biografie,reportage; partecipa a convegni, promuove iniziative e realizza pubblicazioni su tematiche “al femminile”( le balie della Valdinievole, le donne del Risorgimento, le intitolazioni). Collabora con varie commissioni Pari Opportunità ed è consigliera della sezione Storia e storie al femminile dell’Istituto Strorico Lucchese.