Il 31 marzo 2016 sono state premiate 50 donne che ”Ce l’hanno fatta” come annuncia il titolo del premio consegnato a Milano presso la sede della Regione Lombardia, contemporaneamente all’Assemblea delle donne Latino Americane.
Di premiazioni di donne ne esistono molte, in lungo ed in largo per tutta Italia. Premi settoriali, premi alle più brave, alle più efficienti, premi vari a vario titolo. Una donna delle Latino americane, Elsa Javier, che ha preso la parola per prima dopo la premiazione, ha detto : ”E’ giusto che le donne vengano premiate e messe in evidenza, se lo meritano”.
Lo penso anche io da molti anni ed infatti dols ha sempre messo in luce le varie eccellenze femminili. Mi sono quindi proposta di Intervistarne alcune consultandole una ad una, specie quelle che si sono occupate di violenza sule donne, considerata l’attualità dell’argomento. Prima di questo ho però voluto chiedere alle premiate cosa volesse dire per loro essere state indicate come ”Donne che ce l’hanno fatta” ed ecco alcune delle loro risposte
Francesca Brezzi: Roma
Docente di Filosofia morale presso l’Università di Roma Tre Dipartimento di Filosofia della Facoltà di Lettere , è stata dal 2000 Delegata del Rettore per le Pari opportunità – Studi di genere. La sua ricerca si è concentrata sulle tematiche filosofico morali, sul pensiero della differenza e la filosofia di genere scrivendo numerosi testi e fondando l’Osservatorio interuniversitario di genere per le università statali romane.Un impegno quotidiano dedicato alle sue allieve
”Per me il premio ha significato in qualche modo che sono riuscita nella mia vita nell’applicare una frase di Hannah Arendt : ‘essere li’ con tutta me stessa’.molte altre e cose si potrebbero dire….”
Debora Riccelli – Genova
“Nessuno mai potrà + udire la mia voce”,è un vero e proprio romanzo che, ispirandosi alle storie di tante donne vittime di violenza, dà voce proprio a loro, attraverso i pensieri di una protagonista di nome Francesca, che non esiste realmente, ma vive nel cuore di molte.
Deborah Riccelli,ha scritto questo libro e lo ha anche portato a teatro al Carlo Felice lo scorso novembre.Lei è anche fondatrice e Presidente de“Oltreilsilenzio Onlus”, un’Associazione e Centro Antiviolenza che ha sede a Genova e che si occupa non solo delle vittime, ma anche del sostegno legale e psicologico ai loro familiari, aspetti spesso trascurati. Deborah narra, con delicatezza e sensibilità, tanti anni di esperienza al fianco di donne raccontando, con uno stile che ha la spontaneità delle pagine di un diario e la potenza narrativa del flusso di coscienza, il coraggio che c’è nell’affermazione dei propri diritti.
”Il mio premio lo dedico a loro…a tutte le donne che non ce l’hanno fatta delle quali io porto in giro la voce”. (segue intervista)
Francesca Zalteri ‘, Mantova
Docente, vicepresidente della provincia di Mantova, dal 2016 Consigliere Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Un lavoro assiduo svolto sul territorio a favore delle giovani generazioni che si è concretizzato nella costruzione di nuovi modelli di alternanza scuola lavoro e nella attivazione di innovativi processi per l’orientamento verso il mercato del lavoro.
Dirigente medico e responsabile del centro coordinamento vittime di violenza della task force inter istituzionale formata da Asl 9 e Procura di Grosseto, impegnata nella direzione del progetto Codice Rosa per la tutela delle vittime di violenza, progetto andato a regime in Maremma per la prima volta in Italia, che evidenzia l’ impegno professionale in ambito sociale ispirato ad elevati principi morali che rappresenta un servizio di straordinaria efficacia reso alla collettività, in grado di garantire pronti interventi su ogni caso di violenza che si verifichi garantendo la massima riservatezza e tutela delle vittime e nel contempo la massima efficacia nei successivi procedimenti penali a carico dei responsabili delle violenze.
Per il suo impegno in tema di diritti umani, contrasto alle discriminazioni di genere e alla violenza, attiva nei progetti di microfinanza che Pangea, l’associazione per cui lavora, sostiene per promuovere diritti, economia e l’empowerment delle donne e delle bambine
”Personalmente non ho per me stessa la sensazione dell’ “avercela fatta”. Mi sono sempre impegnata da quando avevo venti anni per costruire valore aggiunto nella collettività avviare processi di empowerment economico e superare le ineguaglianze, le discriminazioni di genere, le violenze. Questo valore non è monetizzabile, è frutto di sacrifici e molto molto lavoro in Italia come in altri paesi del mondo. Il fatto che altre donne mi riconoscano questo merito mi fa sentire fortunata. L’idea e la possibilità di essere di stimolo a tante giovani donne mi emoziona. Viviamo tempi difficili, per questo dobbiamo impegnarci al massimo e non abbatterci.Questo premio è una bellissima iniziativa, mi piace è sapere che siamo in tante! Orizzontalità.È una spinta a fare meglio e di più, come società civile impegnata per l’avanzamento delle donne, delle bambine e quindi della collettività tutta.”Marta Pia Ercolini: Roma
Docente, insegna Geografia e coordina attività formative sulla didattica di genere, ha pubblicato una guida turistico – culturale di Roma “Percorsi di genere femminili”, una collana volta a riscoprire le tracce femminili nei diversi territori italiani. Fa parte della Commissione consultiva di toponomastica dl comune di Roma. Studiosa di toponomastica femminile, progetto culturale e sociale che si impegna a far intitolare vie e piazze alle donne italiane trascurate dalla storia, per eliminare lo squilibrio sessista presente negli ambienti urbani.
”Il premio dato a me è stato dato alla mia capacità di fare rete ed a tutte le donne che hanno collaborato perchè da uno spunto, le targhe stradali dedicate alle donne, nascesse un grande progetto per poi spostarsi a donne e Lavoro e alle donne artiste. Quindi lo consideri dato a tutte le donne che con me collaborano alla realizzazione di Toponomastica femminire.”
AMALIA ERCOLI FINZI,Milano,”Un po’ di Italia sulla cometa”
Per la sua ricca ed avvincente esperienza nell’esplorazione dello spazio, l’impegno per i giovani e in particolare le giovani donne, il lavoro nei più accreditati organismi spaziali, la grande capacità di comunicare in modo semplice temi complessi, l’ampia e chiara pubblicistica, l’attenzione alla presenza femminile nelle facoltà scientifiche e in particolare nell’Ingegneria aerospaziale
“Un premio così prestigioso non é solo un riconoscimento (e questo fa piacere!), ma anche e soprattutto uno sprone a continuare, perché c’é ancora tanto da fare. Non é detto che saremo noi ad arrivare in cima alla salita, ma certamente qualcuna raccoglierà il nostro testimone e ripartirà con maggior slancio.”
Simonetta Cavalieri, Roma
Originalità, passione,entusiasmo,una grande apertura verso il nuovo coniugando tradizione ed innovazione. Una nuova idea di innovazione sociale che guarda verso il futuro
https://www.dols.it/2016/04/27/simonetta-cavalieri-e-linnovazione/
Maria Andaloro che non ha potuto ritirare il premio personalmente:
Messina – Ideatrice di Posto Occupato, quel “posto”.
Un impegno quotidiano in tutta Italia.
Un impegno svolto con passione,determinazione,senza paura, per tutte noi.
Buongiorno a tutte e grazie per il riconoscimento
Mi scuso per la mia mancata presenza ma impegni precedentemente assunti mi impediscono di essere con voi
E grazie per l’opportunità che mi si da nel poter raccontare e parlare di posto occupato, questo è quanto avrei voluto e
desidero condividere: “Tempo fa, parlai a lungo al telefono con Franca Viola, grandissima donna che ho avuto l’onore di conoscere e abbracciare il 7 marzo del 2012
E che mi ha dato grande forza. Lei, Franca, quando io non ero nemmeno nata, ad Alcamo,
vicino Trapani, fu rapita, stuprata e dopo, non solo si rifiutò di sposare “grazie” all’istituto del matrimonio riparatore*
quell’uomo che le aveva usato violenza. Lei quell’uomo lo denunciò con l’aggravante, paradossalmente sempre per lei, era pure mafioso. Fra mille difficoltà, unite all’ignoranza, all’indifferenza, ai pregiudizi, ai giudizi e all’omertà e perfino alla paura di una comunità ostile ai cambiamenti culturali e sotto il potere anche psicologico di leggi e codici non scritti di una cultura profondamente mafiosa, si oppose con la sua famiglia
accanto.
Sempre. Tenacemente. Coraggiosamente.
Ecco, qualche tempo fa al telefono come allora ad Alcamo entrambe abbiamo avuto l’impressione che ancora oggi
sopravvivano e vivono le coraggiose.
Le altre muoiono, soccombono e/o subiscono più o meno consapevolmente.
Che è come essere morte da vive. “Posto occupato” nasce per non far abbassare l’attenzione, per non far si che ci si scandalizzi e indigni ad ogni notizia, ad ogni dramma familiare e poi tornare a occuparsi d’altro tanto il problema non ci tocca personalmente.
La violenza è un problema culturale ed una responsabilità sociale. Nel 2013, anno in cui è stata lanciata la campagna, un numero incredibile di donne uccise, 179, e tutte avrebbero potuto e dovuto occupare il loro posto, ovunque e qualunque fosse.
E ovunque magari da una, due, tre di loro, da “quel” posto che avete riservato nel pubblico o al tavolo avremmo potuto,
voluto sentire la voce, l’opinione di quella donna che come me, come tutte voi avrebbe voluto, potuto e dovuto essere
presente al nostro incontro di oggi mentre è possibile solo riservare “quel” posto poichè l’ultimo atto estremo,
irreversibile agito contro di lei non glielo ha consentito.
Poteva meritare questo premio, lo merita ma …non ce l’ha fatta.
Non c’è. Io non potrò esserci oggi, “lei” mai più Cancellata, per sempre “Lei” ha perso la vita, è stata uccisa, cancellata forse non avendo saputo intercettare i sintomi della sua relazione non sana.
Non avendo forse potuto difendersi da qualcosa che non riconosceva come minaccia o che aveva denunciato ma che è
stata più forte e veloce, di tutti. Avrà avuto paura di denunciare? O pudore di raccontare? O forse nessuno a cui confidare il disastro emotivo nel quale viveva. Avrà avuto paura di perdere quello che qualcuno le ha insegnato fosse amore invece era altro.
Avrà avuto paura di perdere i figli, di perdere ciò che le consentiva di chiamare famiglia quel bisogno di averla una
famiglia.
Non lo sapremo mai. Ecco che così “quel” posto rappresenta la memoria tangibile di una assenza-presenza.
E contestualmente monito per gli altri a non sottovalutare MAI i sintomi della violenza
Ci sono responsabilità sociali, politiche e soprattutto culturali, altrimenti non si spiega perché negli ultimi 10 anni mediamente 170 donne l’anno siano state uccise, in quanto donne.
Perché ancora una su tre subisce violenza, siamo “obiettivi sensibili”.
Esposte.
In pericolo? E questo è solo il dato emerso… Forse, le comunità in cui accadono queste tragedie sono sorde
o indifferenti, o impreparate, forse incapaci di individuare, prevenire e sostenere le donne che vivono e sopravvivono
nell’incubo della violenza.
Violenza di qualsiasi natura, verbale, psicologica o quella più evidente fisica.
I media che ci informano e la quantità di informazioni che arrivano rischiano di far assuefare e abbassare l’attenzione su
questa piaga sociale.
Che, passata l’indignazione del momento resta un problema dentro le mura di chi resta. Ad esempio nel caso dei figli si ritroveranno orfani di madre, col padre assassino.
E per le donne che sopravvivono? Che riescono a scappare? A Salvarsi?
Ecco perché “quel” posto, ovunque.
Per non abituarci .
Bisognerebbe trovare soluzioni.
Sarebbe necessario collocarle nel mondo del lavoro, come categorie protette, come le categorie vittime di mafia.
In fondo se hanno avuto la forza di denunciare e liberare la loro vita e la società tutta di un pericolo sociale, che è ciò che
una persona violenta rappresenta, va garantita una corsia preferenziale.
Possono, devono essere trovate modalità e vanno cercate, suggerite insieme.
Ascoltando e intercettando segnali, incentivandole alla “fuga consapevole” facendo sapere a quelle donne che non
resteranno in mezzo ad una strada se finalmente lasceranno quell’uomo che garantisce un pasto ai loro figli pagando lei
quel prezzo altissimo, disumano e di riflesso quei figli che si crede di proteggere.
Perché pagano pure loro, quei figli che lei crede di proteggere col suo sacrificio, subiscono anch’essi, la violenza assistita è
un dramma nel dramma. I figli che crescono in dinamiche violente saranno uomini e donne “scompensate”.
Segnati per sempre E’ necessario introdurre l’educazione sentimentale nelle
scuole.
I ragazzi hanno bisogno di sapere e capire come poter iniziare e coltivare una relazione con l’altro.
Fosse di amicizia, amore o un domani, professionale. Rispetto e valore. Diritti e doveri.
E poi a quelle donne è fondamentale farle sentire meno sole. Meno indifese. Meno diverse.
Le istituzioni devono aiutarle. Loro si devono fidare ed affidare. È anche sbagliato, se non pericoloso sottolineare che alcune
sono morte dopo aver denunciato. Delle centinaia salvate in silenzio non giunge notizia per la
privacy. Si rischia soprattutto di scoraggiare chi ha seppur con paura
la volontà di denunciare. Potrebbe pensare “non mi sapranno vorranno potranno salvare” sono migliaia le donne salvate.
Che non fanno notizia.Suggerisco sempre di cambiare caserma, posto di polizia
finché non si troverà il giusto “sguardo”ed un attento ascolto.
L’ascolto.
“Ascoltare e vedere” cito una straordinaria donna, Jacqueline Morineau Infine anche i media dovrebbero fare estrema attenzione con le parole e con le modalità con le quali spesso divulgano notizie o spacciano scoop rendendo gossip e fuffa temi così delicati.
Da quel 29giugno 2013 da quando è stata lanciata l’ iniziativa centinaia, migliaia di persone, uomini e donne, da sud a nord,
che ogni giorno riservano “quel” posto ovunque.
L’ultimo evento #ungiornoinpiu
Il 29 febbraio in moltissime città e nelle più diverse location (comuni, scuole, sedi di sindacato, teatri, università, ecc) si è
parlato di alcune delle Innumerevoli forme con le quali la violenza di manifesta
Un giorno in più dedicato alla riflessione, al dibattito, convegni, seminari, proiezioni di film e presentazione di libri e
la mostra “Violate”
Di qualsiasi genere siano le aggressioni.
Verso chiunque
Un tempo in più per approfondire diversi temi: le molestie nei luoghi di lavoro, la violenza sulle donne, i minori non
accompagnati, il bullismo, la dispersione scolastica, le violenze al territorio ecc.
Discriminazioni, violazioni e pregiudizi Tutti semi che nel terreno dell’ignoranza hanno vita facile per
crescere
Riflettere ogni giorni indispensabile 366giorni quest’anno
Altra attività collegate a posto occupato
La mostra “Violate” che gira l’Italia 10 illustrazioni di alcune delle modalità di come può esser agita la violenza sulle donne
donata alla campagna da Lelio Bonaccorso
L’impegno con toponomastica femminile a diffondere e condividere la loro iniziativza
Mi piace ricordare le 9 strade a 9 donne tutte insieme quasi un anno fa il 9 aprile a Milazzo dedicate a
Graziella Campagna e Anna Cambria. Uccise l’una per aver visto troppo (troppo nei codici non
scritti dei mafiosi, sebbene non avesse idea di cosa si trattasse).
L’altra per essersi trovata nella traiettoria di una pallottola in pieno centro a Milazzo mentre usciva da un bar; venne colpita
a morte da quella pallottola diretta ad un altro ma che il killer non risparmiò sparando.
Morte, adolescenti, per due guerre che non le appartenevano.
Giovani donne come Rita Adria, suicida dopo la morte del
giudice Borsellino.
In “Guerra” come quella della poliziotta Emanuela Loi, morta per lo Stato nella strage di via D’Amelio.
Le guerre si combattono in tanti modi, Maria Grazia Cutuli e Ilaria Alpi lo fecero con le loro inchieste.
O donne socialmente e politicamente impegnate come Rosa Balistreri che conduceva le sue battaglie civili con la musica e
le sue canzoni.
E poi infine una strada alla straordinaria scrittrice catanese Goliarda Sapienza e una alla grandissima Ipazia.
Morta perché voleva pensare…
Penso sempre alla bandiera di Libera ai funerali di Lea Garofalo.
Con sopra la locandina di posto occupato
Lea, come Rita vittime della cultura mafiosa, come Francesca Serio, come Franca che pagarono un prezzo altissimo, in quanto donne dedico infine il premio a mia madre
Dal rapimento, dallo stupro di Franca Viola ad Alcamo
* passarono sedici anni prima che le cose cambiassero anche
a livello legislativo.
Solo il 5 settembre 1981 “delitto d’onore” e “matrimonio
riparatore” – residui legislativi del Codice Rocco in vigore dal
Fascismo, e in forte contraddizione con il nuovo diritto di
famiglia e il divorzio – furono espunti dalla legislazione
italiana
www.postoccupato.org
1 commento
Io c’ero a questa giornata stra piena di emozione! Mi ritengo tra le fortunate che ce l’hanno fatta e la mia storia ora è online, spero che un giorno tutt’e le donne che soffrono in silenzio trovino la forza per farcela!! Un abbraccio