Centoquaranta grandi fotografie, rigorosamente in bianco e nero, appese a cavi invisibili. Sono le foto di Letizia Battaglia esposte ai Cantieri culturali della Zisa a Palermo.
La maggior parte degli scatti raccontano una parte della città, quella dei tanti morti ammazzati per mafia, delle donne che piangono, dei giochi dei bimbi nei rioni più degradati, della miseria delle famiglie nelle baracche.
Foto scattate dal 1971 in poi, in cui si mescolano vita e morte,sangue e violenza, gioco e miseria. E in un video Letizia racconta come era difficile per una donna fotografa svolgere il proprio lavoro, spesso le forze dell’ordine non le permettevano di avvicinarsi e lei doveva gridare per reclamare i suoi diritti.
Le immagini documentano “pagine truculente di cronaca nera” m a anche il dissenso dei cittadini onesti di Palermo. Si percepisce nitidamente nei suoi clic l’amore per la sua città ed il netto rifiuto alla rassegnazione.
Letizia è nata a Palermo il 5 Marzo del 1935. Si avvicina alla fotografia nel 1971 e dal 1974 al 1991 è direttora dell’Ufficio fotografico del quotidiano “L’Ora”. E’ la prima donna e la prima fotografa europea a ricevere nel 1985 il “Premio W. Eugene Smith Award” per la fotografia sociale. Nella sua lunga carriera ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. E’ regista, ambientalista ed editrice delle “ Edizioni Battaglia”. E’ stata assessora dei Verdi nella giunta di Leoluca Orlando durante gli anni della c.d. “Primavera di Palermo” ed è stata anche deputata dell’Assemblea Regionale Siciliana. E’ tra i fondatori e le fondatrici del “Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato” e nel 1991 cofondatrice della rivista “Mezzocielo”.
E’ stata definita “la donna che cammina sulle ferite dei suoi sogni” e le sue foto in giro per il mondo hanno sempre testimoniato la sua sete di giustizia. Il suo sguardo sui morti e sui luoghi della guerra di mafia ci impedisce di dimenticare, di archiviare il ricordo di vittime e carnefici.
Sono immagini che entrano negli occhi per poi scendere al cuore e imprigionarlo in una morsa di ghiaccio.