E’ sufficiente vedere le cose da un altro punto di vista per accorgersi che no, la nostra versione dei fatti non è uguale per tutti.
di Marta Vtali
“Facile.
E’ veramente facile prendere i tuoi quattro oggetti personali ed andartene da qui.”
Con questa frase ho chiuso gli occhi ieri sera.
Ero stanca della mia vita, fatta di casa, lavoro, impegni e doveri.
“Basta, me ne vado”
La sveglia sta suonando, ma io sono già sveglia da un po’, ho preparato a borsa, per l’ occasione ho usato quella che fino a ieri era ad uso esclusivo della palestra un cambio, spazzolino, pettine e libro, questo mi basta per andare via.
“Un caffè liscio, bollente, macchiato freddo, no niente cacao, no no neanche la cannella, grazie, lo preferisco amaro”
Difficile stare dall’altra parte del bancone.
Lo capisco dallo sguardo della barista, forse è il suo primo giorno di lavoro, non l’ho mai vista qui.
Sono seduta al mio tavolino preferito, scelgo sempre questo perché da qui posso vedere la gente che passeggia e che corre.
Sono quasi tutte donne in realtà.
Pochi gli uomini che a quest’ora della mattina passano di qui.
C’è la mamma che porta la figlia a scuola, la ragazza che va all’ università, le ragazzine che si avviano alle superiori e quelle che oggi la scuola la salteranno.
Adoro stare qui ed ammirare la vita che mi passa davanti.
Immaginare cosa dove e perché, vedere tutti che corrono e io, che da oggi, anzi da ieri sera ho scelto di viverla con calma, sono scesa da quel treno, anche io fino a ieri avevo il mio posto riservato lì.
Non potevo sgarrare di un minuto, tutto era programmato al secondo, faccenda dopo faccenda arrivava sera, tutti i giorni uguali.
Basta ho detto basta.
Da oggi passerò le mie giornate qui.
Seduta al mio tavolino preferito vi racconterò le storie di chi passerà di qui, di chi avrà voglia di fermarsi, e di chi forse, vorrà stravolgere la propria tabella di marcia.
Ecco questa sono io.
E lei, è la prima persona che mi ha incuriosita.
Dietro al bancone, un caffè dopo l’altro, soddisfa tutti i clienti che passano di qui.
Solidifica la sua corazza, non da confidenza, saluta con discrezione, forse è timida, forse è delusa.
Chissà cosa nasconde dietro quelle lenti troppo sottili rispetto alla montatura troppo spessa.
Rosa shocking, è il colore che le riempie il viso, stona su di lei, o forse sono il suo punto di forza.
Mi ignora, forse le sto antipatica, forse la mia richiesta le è sembrata troppo esigente, o forse è il mio abbigliamento che l’ha irritata.
Indosso il tailleur, quello che fino a ieri usavo in ufficio, color cammello, scarpe con il tacco marrone scuro e bijoux importanti.
Fino a ieri mi piaceva darmi delle arie, ero una manager in carriera.
Oggi no, oggi sono una donna nei panni sbagliati.
Mi sono vestita più per abitudine che per altro.
Ora, mi sento un po’ fuori posto, come lei, come la barista.
Anche lei non è a suo agio, chissà cosa sogna, chissà perché si trova qui.
Non è della zona, il suo accento la tradisce, in paese è arrivata da poco.
“Ti piace qui?”
Contro ogni aspettativa è lei a darmi corda.
“Si, no, non lo so, sono in una fase particolare della mia vita, qui ci sono le mie origini, le mie radici, ma inizio a sentirmi stretta.
E’ come se la mia terra non mi basti più, mi manca l’aria, ho bisogno di provare a vivere diversamente.”
“Tu, invece? Non sei di qui…”
Sposto l’attenzione su di lei, non sono ancora pronta per affrontare la mia vita, non ora, adesso ho sete di conoscere gli altri, spostare l’attenzione sul mondo che mi circonda.
“No, sono venuta qui per seguire il cuore.
Mi piace qui, vivete con calma, assaporate la vita, è da diverso dalla mia terra, da noi si va sempre e solo di corsa..”
Lo sapevo, è sufficiente vedere le cose da un altro punto di vista per accorgersi che no, la nostra versione dei fatti non è uguale per tutti.
Entra un cliente e lei se ne va.
Tornerà.
Giro la testa e vedo lei, una signora, cammina a fatica, trascina i piedi avvolte in pantofole calde, deve avere problemi ai piedi, sul viso noto la difficoltà che con i movimenti evidenzia, chissà dove starà andando…