TUNISIA. “IL DAESH SI E’ APPROPRIATO DEI LORO SOGNI”: ALMENO 700 DONNE SEDOTTE DAL JIHADISMO
Con la sinuosità di una serpe dispensatrice di veleno, il radicalismo sta lentamente penetrando nel tessuto connettivo della società tunisina, pesantemente afflitta da problematiche economico-occupazionali che non concedono tregua. Disilluse, demotivate e prive di prospettive concrete per assurgere a un ruolo da protagoniste della commedia umana, le giovani generazioni si stanno rivelando particolarmente sensibili al richiamo seduttivo esercitato dalla campagna propagandistica del Daesh.
L’immagine di successo, invulnerabilità e potenza proiettata sullo schermo mentale dei più fragili è sostanzialmente alla genesi dell’inganno intorno al quale ruota l’intera ideologia jihadista. Ma pochi hanno l’avvedutezza di accorgersene per tempo. Molti, troppi continuano a rimanere profondamente sedotti dal verbo stragista e oscurantista del leader supremo Abu Bakr al-Baghdadi.
Almeno cinquemila tunisini avrebbero infatti già abbandonato i luoghi natii alla volta di Siria e Iraq, teatri dell’ascesa islamista e tuttora annoverati tra le aree più infiammate del pianeta. Aspiranti mujahedeen. Potenziali martiri aprioristicamente immolati sull’altare della follia tra i quali sono annoverate circa 700 donne, alcune ancora adolescenti.
E poco importa la disperazione delle rispettive famiglie. Hanno giurato fedeltà al Califfo e accettato di combattere per la presunta gloria di Allah: nulla potrà convincerle a rinnegare la causa. “Non c’è più pace in questa casa“, si è sfogata Olfa Hamrani, madre di due ragazze affiliate allo Stato Islamico. “Avrei preferito morire piuttosto che vivere un tale strazio. Se non ci fossero state altre due figlie da tutelare, mi sarei suicidata“.
Un dolore difficile da superare, specialmente se l’incubo da cui è scaturito seguita a condizionare ogni istante della quotidianità. “Eppure non sembravano diverse dalle coetanee: ascoltavano musica hard rock, strimpellavano la chitarra, uscivano spesso con gli amici“. Ma in concomitanza con le ore serali – simili a eroine di un romanzo gotico – si trasformavano in esseri assetati di sangue. Accantonati cd e tv iniziavano a progettare apertamente l’imminente adesione all’Is, ponderando i vantaggi che ne sarebbero derivati.
“Il cambiamento era così evidente“, ha proseguito la donna tra le lacrime. “Da quando avevano abbracciato quell’infame dottrina non parlavano d’altro e io dovevo solo tacere. Il Daesh rappresentava tutto: alfa e omega, madre, padre, tutore. Si è appropriato dei loro sogni privandole di ogni ambizione“.
Il risultato è che entrambe sono state arrestate subito dopo aver varcato il confine con la Libia e ora languiscono in un carcere di Tripoli insieme alla bimba di soli cinque mesi nata dal matrimonio della maggiore con un miliziano accusato di coinvolgimento nell’eccidio di Tunisi occorso nel 2015. “La mia priorità immediata è la protezione delle più piccole. Sono preoccupata perché vorrebbero emulare le sorelle. Per questo ho deciso di affidarle alle cure di uno psicologo“.
Un mese fa la polizia tunisina è riuscita a intercettare tre studentesse di Sibi Bouzid in procinto di recarsi nello Stato Islamico: sono state incarcerate per una settimana. “Stiamo valutando ogni opzione per contrastare il messaggio distorto dei jihadisti”, ha ammesso il ministro dell’Educazione Neji Jalloul. “Abbiamo investito molto nella cultura, affinché anche i bambini riconoscano la sacralità della vita, che va sempre preservata“.
A fronte delle difficoltà insite nel percorso che attraverso la Turchia conduce alla regione siro-irachena, spesso l’opera di recrutamento femminile viene condotta nella vicina Libia: i social network abbondano di informazioni in tal senso.
“Le donne che tornano in Tunisia dopo aver servito il Califfato sono spesso vedove o mogli” ha precisato Mohamed Iqbal ben Rejeb, rappresentante della Rescue Association of Tunisians Trapped Abroad. “E per questo vengono puntualmente sottoposte a una certa pressione prima di essere condannate. E’ necessario, dal momento che incarnano l’onore stesso dei combattenti, un fattore di valenza davvero speciale nell’ottica islamista“.