L’evento “In Lunetta per la Libertà” ha voluto coniugare l’impegno sportivo con la lotta contro la violenza sulle donne.
di Danila Baldo
Referente lodigiana Toponomastica femminile
La manifestazione a scopo benefico, organizzata dal Consolato USA, era prevista inizialmente per il giorno 4 giugno 2016 presso il palazzetto dello Sport della città di Lodi, ma è stata poi spostata a Milano e ha avuto luogo il venerdì 3 giugno presso piazza Città di Lombardia.
L’evento si è svolto in concomitanza con le finali juniores nazionali di basket, organizzate dal CONI e dalla Federazione Italiana Pallacanestro. L’obiettivo è stato sensibilizzare il pubblico sul tema della violenza contro le donne, destinando i fondi raccolti all’associazione e centro antiviolenza “La metà di Niente” di Lodi.
Si è quindi svolto nella mattinata un incontro sportivo di basket, che ha visto in campo le squadre di giocatori del Titan e di giocatrici di Geas Basket e Sanga Milano, veicolando un messaggio non di competizione come contrapposizione, ma come collaborazione e parità sociale tra i generi. Durante l’incontro sportivo, commentato dal coach Dan Peterson, ci sono stati tanti momenti di approfondimento, introdotti dal console generale americano, l’ambasciatore Philips T. Reeker, che ha sottolineato l’impegno del presidente Obama nelle campagne in difesa dei diritti ed in particolare di quelli delle donne. Sono intervenuti, fra gli altri, l’assessore del Comune di Milano Marco Granelli e Elena Maiocchi, presidente dell’associazione “La metà di niente” di Lodi.
In quest’occasione è stata invitata anche l’associazione Toponomastica Femminile, i cui progetti hanno rappresentato uno dei capisaldi del palinsesto. In rappresentanza dell’associazione hanno presenziato Nadia Boaretto, di Milano, e Daniela Fusari, docente della Rete lodigiana, che ha accompagnato un gruppo di studenti dell’ITC Bassi di Lodi. E’ stato sottolineato come spesso sono state realizzate mostre di Toponomastica femminile proprio in occasione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza domestica sulle donne, come si può anche vedere sul sito www.toponomasticafemminile.it
Perché i nomi delle nostre strade e delle nostre piazze contribuiscono a creare la cultura di un popolo, definendone le figure storiche degne di memorabilità, ma se tali figure illustri sono quasi sempre maschili, quali le conseguenze nella percezione delle persone? Una società che non riconosce il valore delle sue donne non può difenderle dalla violenza! La violenza di genere, che può giungere al femminicidio, ma che si manifesta anche in tante altre forme meno eclatanti, è frutto di una discriminazione secolare (per non dire millenaria) che ora, col voto alle donne e tante leggi paritarie, si cerca di scalfire, ma che ha bisogno di un “lavoro culturale” ancora molto lungo da percorrere per raggiungere relazioni rispettose ed equilibrate tra i due generi. A questo lavoro sta contribuendo Toponomastica femminile, con progetti svolti soprattutto con le scuole, premiati nel concorso “Sulle vie della parità”, giunto quest’anno alla terza edizione.
Lo scopo da un lato è colmare il gap che vede solo un 4-5% in media di vie dedicate alle donne, dall’altro è promuovere ricerca, conoscenza e dare visibilità a tante figure di donne benemerite, che non hanno avuto adeguato riconoscimento, facendole uscire dall’ombra e rendendole modelli da seguire, per le ragazze, ed esempi di valore, per il mondo. E’ stato poi anche presentato il concorso “Viale delle giuste”, a cui possono partecipare scuole ed enti entro fine ottobre 2016 (tutte le informazioni sul sito), che è stato progettato da una classe del Liceo Maffeo Vegio di Lodi, con la docente di filosofia Danila Baldo, insieme a Jacopo Fo, durante un’esperienza di Alternanza Scuola Lavoro nella Libera Università di Alcatraz in Umbria. Infine si è ricordata la grande importanza del linguaggio per riconoscere alle donne un ruolo nella società non solo subordinato o di cura, ma anche di governance, per cui non deve più suonare strano sentire sindaca, prefetta, avvocata o ministra, ma questi termini declinati al femminile devono diventare comuni come operaia, contadina, infermiera e maestra, per orientare meglio le nostre ragazze e i nostri ragazzi al riconoscimento e al rispetto reciproco.