Nonostante una partecipazione sempre più attiva alla crescita economica del paese, le donne continuano infatti a subire una quotidianità circoscritta alle mura domestiche, che non contempla interazioni estranee alla sfera familiare.
Molti doveri e nessun diritto.
Soggette all’autorità maschile (espressione del retaggio patriarcale incombente ovunque) e schiavizzate dai rigidi dettami imposti dalla legge shariatica vigente, si ritrovano immancabilmente a subire gli effetti deleteri della marginalizzazione sociale. Costrette ad assecondare la volontà altrui a scapito della propria: l’obbedienza assoluta e silenziosa agli uomini ( parenti, imam o eventuali insegnanti) resta un imperativo categorico da non trasgredire. Mai.
“Non solo ci viene costantemente preclusa una vita sociale, ma non ci è consentito neppure ridere troppo, perchè è sconveniente. Noi siamo ritenute esseri non pensanti “: insofferente alla condizione di non esistenza tradizionalmnte riservata all’altra metà del cielo, la 29enne Roya Mahboob (nata in Iran da genitori esiliati ma rientrata in patria nel 2003 in seguito alla caduta del regime Taliban) ha individuato nella tecnonologia l’unica alternativa all’isolamento, al punto da decidere di fondare, nel 2010, la Afghan Citadel Software: società hi-tech che le ha consentito di diventare la prima leader del settore informatico su scala nazionale.
“Attraverso l’alfabetizzazione digitale tutte potranno accedere alla conversazione globale. Per molte si tratterà magari di un’opportunità per raggiungere anche l’indipendenza finanziaria. Ho sperimentato personalmente l’enorme potere dei social media e l’importanza di essere connessi al mondo”, ha raccontato. “Ora espando il business senza muovermi da casa“
Internet è insomma l’agognato spiraglio destinato a proiettare le donne nella sfera planetaria virtuale. “A me ha aperto diverse porte e mi auguro che anche le altre riescano a trarre vantaggio dal nuovo status di cittadine di un mondo libero e sconfinato“. Probabile, dal momento che nel corso dell’ultima decade l’Afghanistan ha registrato una crescita esponenziale delle utenze web (6.4 ogni 100 abitanti).
“Per me e mia sorella Elaha esordire in un contesto conservatore è stata una vera sfida. Abbiamo incontrato difficoltà soprattutto per acquisire la clientela: in quanto donne non eravamo ritenute affidabili. Spesso poi venivamo addirittura pagate meno del dovuto. Siamo anche state spiate, pedinate, persino minacciate“. Ma la giovane imprenditrice ha resistito : “Sono riuscita a creare una fitta rete di contatti estesa a 500 aziende dislocate ovunque che mi ha permesso di realizzare un secondo progetto fruttuoso“.
Ossia Digital Citizen Fund: organizzazione onlus (11 sedi in altrettante scuole e due stand nei centri Media & Innovation) nata a sostegno delle afghane attratte dai computer che in breve tempo ha già raccolto ottomila adesioni. Un’iniziativa di successo in procinto di approdare anche in Messico, a beneficio di cinquemila aspiranti allieve desiderose di ricevere una formazione tecnologica.
“In Afghanistan è la mentalità arcaica della società a incarnare l’insidia peggiore per noi“, ha ribadito la ragazza. Certo, l’integralismo islamico promulgato da qaedisti, jihadisti e studenti coranici (profondamente invisi alla popolazione) contribuisce notevolmente ad alimentare la misoginia, tuttavia “i nemici più temibili si trovano nel circondario: conoscenti, vicini, colleghi“.
E’ del resto la ragione per cui nel 2014 ha deciso di espatriare a New York, senza però rinunciare all’opera di proselitismo digitale. “Ultimamente le mie collaboratrici stanno sviluppando un sistema denominato Edy Edy che oltre a facilitare la connessione didattica e imprenditoriale fornirà strumenti utilizzabili a livello privato“.
Fattore non indifferente in una nazione che sopravvivendo grazie alle donazioni internazionali (stimate intorno al 61% degli introiti) è tuttora afflitta povertà e disoccupazione. passibili di dirottrare le energie giovanili all’estero o nella militanza fondamentalista dilagante sul territorio.