Facciamo Pace verso la conferenza di pace delle donne del mediterraneo
“C’è un ruolo che le donne possono giocare nella risoluzione dei conflitti nel mediterraneo e non solo? Può incidere sul corso degli eventi un pensiero condiviso generatore di vita e non di morte ? Lo sguardo delle donne può offrire una terza via che non sia solo quella del conflitto armato e dei muri ?”
Le donne degli Stati Generali dopo aver molto discusso, a partire dalla tragica attualità degli attacchi di Isis, ma anche dai fatti di Colonia, dei muri e dei veli, delle morti nel Mediterraneo, hanno avviato una riflessione a più voci che porterà alla fine del prossimo anno alla prima “Conferenza di pace delle donne del Mediterraneo”. Tale obiettivo sarà preceduto da una serie di step progressivi di confronto fra voci diverse, anche per cercare di comprendere le ragioni che hanno portato allo scemare del movimento pacifista. Alcune hanno vissuto tutte le stagioni di quel movimento, dal congresso fondativo dell’Associazione per la Pace che si tenne il 1988 proprio a Bari, all’impegno delle Donne in Nero, al Comitato Tornando a Sarajevo; senza dimenticare l’esperienza di don Tonino Bello che tanto influenzò il movimento pacifista femminista.
Da donne pugliesi, allora, che hanno familiarità con quel passato, si vuole provare a ricostruirne le ragioni e la storia e riannodare i fili di quel pensiero, declinandolo al presente. Si vuole partire dalla Puglia, aggregando insieme pezzi di esperienze e conoscenze e confrontando visioni e sentire di altri Paesi, misurandosi con le nuove forme dell’impegno pacifista, con le organizzazioni che operano in quei territori, con i tanti protagonisti del volontariato, con le studiose e gli studiosi e con chi narra le cronache dai territori di guerra, e soprattutto con le testimonianze di vita. Si vuole, al termine, poter costruire un percorso concreto che possa incidere davvero sul pensiero corrente: non un’inutile ed improduttiva vetrina. Un progetto difficile.
Facciamo pace. Facciamola insieme. Facciamo che sia contagiosa.
Facciamo che ognuno porti un proprio contributo, anche piccolo, alla costruzione di un percorso al quale Stati Generali delle Donne di Bari dà inizio con una due giorni alla Casa delle Donne del Mediterraneo in Bari.
Questa iniziativa è il primo appuntamento per la realizzazione e la messa in pratica di percorsi di costruzione di pace tramite la lettura e il contributo femminile.
Esperienze, pratiche femminili e riflessioni a confronto per fare del Mediterraneo il mare della pace.
Sono intervenute
Annamaria ANNICCHIARICO, direttora generale di Tecnopolis
Nuray BASER, ricercatrice presso IAM
Giusi Giannelli, Stati Generali delle donne
Maryan ISMAIL, antropologa,referente Comunità Somala a Milano
Raffaella LAMBERTI, filosofa e fondatrice del Centro di documentazione delle donne, Bologna
Laura MARCHETTI, filosofa
Lea MELANDRI, saggista e fondatrice della Libera Università delle donne, Milano
Franca MIONETTO, antropologa, esperta in cooperazione internazionale
Farian SABAHI, giornalista e docente specializzata in Medio Oriente (in videoconferenza da Torino)
Ghada SHIHADEH, presidente Unione Generale delle donne Palestinesi in Italia
Maria SOLIMINI, antropologa
Si è parlato con loro di tecnologia: un gap o un’opportunità?; donne mussulmane tra tradizione e contemporaneità; dignità e prospettive di futuro per le donne richiedenti protezione internazionale; Samar, parlare alla luna; amore e violenza; memorie di una donna vagante; identità violate; e non solo…
Farian Sabahii, oltre a parlare delle sue esperienze di italiana, nata da genitore mussulmano e della sua intervista al Primo premio nobel per la pace Donna mussulmana, ha consigliato di non mettersi su un piedistallo per giudicare gli altri diversi da se.
Annamaria Annicchiarico ha illustrato come l’uso del web e dei social media possono sia portare al facile reclutamento di terroristi, ma anche facilitare le rapide comunicazioni. Inoltre, come si è visto nel recente golpe abortito in Turchia, tale mezzo diventa più importante degli altri mezzi di comunicazione.
Lea Melandrii, fra tante considerazioni illuminanti, ha esortato all’uso delle tecnologie, ma a non dimenticare che la crescita dei movimenti e delle opinioni avviene principalmente con il contatto e contaminazione diretta e reale. Nello specifico bisognerebbe parlare di Permanenza.
Maryan Ismail , partendo da una proposta di Livia Turco per il riconoscimento dei diritti delle donne mussulmane in Italia, ad iniziare a portare il velo, ribatte che andrebbero paritariamente riconosciuti i diritti di quelle donne mussulmane propense a non portarlo, a indossare la minigonna, a fumare in pubblico, ad andare in bicicletta, senza costrizioni, visto che tutti questi divieti non sono scritti nel Corano.
Raffaella Lamberti ha detto che prima della pace bisognerebbe parlare di Convivenza.
Maria Solimini invita a lavorare sulle estraneità. Ha parlato soprattutto di riconoscimento dell’alterità e della differenza attraverso il racconto che mantiene viva la memoria ; il suo libro è “memorie senza tempo”. Insegna antropologia culturale all’università di bari
Franca Mionetto, autrice del libro “Uso di Mondo. Memorie di una donna vagante”, in cui distingue l’uso del termine “uomo”(quello dei diritti dell’uomo, omnicomprensivo) dal termine “maschio”, attribuito al genere. Afferma che le donne africane sono VITA e che le storie delle donne sono universalmente “diverse”. Lei è una “studiosa dell’uomo” che stravolge la semantica della definizione di differenza sessuale andando oltre l’etica della differenza sessuale di Luce Irigary. Da donna ha attraversato il mondo degli uomini attraverso le donne. Hai codificato e decodificato le cosmologie fintamente “neutre” dell’universo maschile. Le ha destrutturate senza velleità ricostruttive e senza demonizzazioni. Senza assolutizzazioni, se non dal punto di vista metodologico per dare una sistematizzazione agli interventi futuri del gruppo.
Maria Grazia Tajè fa conoscere l’origine della foto simbolo del femminismo, adottata dal Movimento di liberazione delle donne”, risalente agli anni 70, in cui è proprio lei la donna ritratta (aveva 33 anni). Ricorda che partendo dall’UDI, in quegli anni, vivendo a Bari fondò l’associazione di tutte le donne di Bari, prima di andarsene a Roma.E’ sostenitrice degli “archivi dei diari”, iniziativa nata a Pieve di S. Stefano. Informa che l’ARCI ha lanciato l’appello per radunare Diari degli immigrati da non considerare disperati, ma speranzosi.
Maryan Ismail, ancora, ha ricordato che Barbara Stefanellii dal Corriere della Sera ha lanciato l’iniziativa laboratorio “Tempo delle donne” utile per il Festival delle donne del Mediterraneo. Propone un protagonismo attivo e propositivo con rapporto paritetico fra le varie culture.
Raffaella Lamberti ha esordito dichiarando che “Il mondo non comincia quando noi apriamo gli occhi”, esiste un passato che non può essere dimenticato,bello o brutto che sia. Bisogna partire dalle proprie soggettività e rendere il tutto una mondialità, inventandosi un nuovo paradigma anche con parole nuove, come quella di suo nipote che guardando il Colosseo lo ha chiamato Giropalazzo. Partire dalla Resilienza.
Concetta Cuscusa ha esposto il suo concetto di “Pace” individuandolo in un “Progetto di Pace”, affermando di credere fermamente che se non la si “attraversa” dentro di se, non sarà possibile pre-figurarsi traiettorie accessibili… Auspica che il gruppo voglia lavorare (per almeno due o tre incontri) sul valore ed il significato del “Progetto”….. perchè esso avrebbe valore se e quando viene esteso a tutte insieme, solo così potrà essere “sposato” in piena coscienza!
Mariella Maria Lipartiti ha invitato a parlare di affermazione delle donne invece che del femminismo.
Luciano Anelli ha ricordato che a Bari esiste un Archivio di genere, creato dal centro di documentazione e cultura delle donne,e proposto di investire nel progetto la Prima donna islamica premio nobel per la Pace (nel 2003) e Giuliana Sgrena con le sue esperienze dal rapimento, descritte nel suo libro “Dio non ama le donne”.
Fahma Said ha portato a conoscenza dell’esistenza di Campi profughi nel sud del Sudan, dove la guerra dura da decenni senza che se ne parli, dove ci sono oltre 2 milioni di persone di cui il 70% donne e bambini. Mentre in Somalia il 20% del Governo è formato da donne. Lì ha funzionato il microcredito. Bisogna acquisire i modi e le conoscenze di come vivono le donne in quei paesi, prima di formulare idee comuni.
Anna Rita Tateo afferma che la globalizzazione non ci porta alla pace. Bisogna rispettare i territori e le loro tradizioni, mentre le multinazionali operano per destabilizzarli e operano così contro la pace. Si è in una fase di capitalismo globalizzante.
Annicchiarico asserisce che ci stiamo impoverendo sia economicamente che delle menti, visti quanti cervelli se ne vanno dall’Italia. Bisogna valorizzare le risorse mentali. I modelli organizzativi nuovi li dobbiamo sperimentare prima su di noi e poi esportarli. La pace può esistere solo se ci consideriamo tutti paritetici.
Alba Russo ricorda che il libro “Un altro mondo è possibile” afferma che “I cambiamenti sono decisi dalle donne”.
Antonella Lella afferma che bisogna garantire libertà,rispetto sicurezza. Elenca quindi aree di possibile discussione ed elaborazione come: tecnologia, ambiente ed economia, pratiche con le rifugiate, lavoro sulle estraneità, pratiche paritetiche, reciprocità, soggettivismo, microcredito, sorellanza, pace ed uguaglianza, punti di aggregazione, welfare garantito dalle donne e scritto dalle donne.
Giusi Giannelli ha concluso l’evento leggendo un altro brano dal libro di Francesca Borri “Fermiamo la guerra”, e ricordando che il linguaggio e le parole, sono importanti, come quelle ritornate nella due giorni: convivenza, mondialità, resilienza.
Francesca Borri riporta una cosa che diceva Cassese: “ I verbi hanno un soggetto, le azioni hanno una responsabilità”
“La pace non è un sogno, ma per ottenerla bisogna saper sognare” (Nelson Mandela)