L’ultima scoperta di bioelettronica organica dell’università di Bari
Dispositivi biomedicali impiantati o semplicemente iniettati, ma anche ingoiati e riassorbili dall’organismo umano (dopo aver esaurito la loro azione) basati su fibre naturali come la seta che controllano il rilascio di farmaci a distanza o l’abbattimento di infezioni in vivo. Ma anche dispositivi che – nella grande distribuzione – segnalino sofisticazioni degli alimenti. Come anche sistemi che negli spazi pubblici (aeroporti, stazioni ferroviarie, luoghi di aggregazione sociale) indichino la presenza di sostanze pericolose (stupefacenti o esplosivi) attraverso la rilevazione del loro odore. In generale, congegni in grado di rivelare sostanze che possono nuocere all’incolumità collettiva, come, per esempio, gli inquinanti atmosferici.
Sono questi alcuni dei temi discussi durante la seconda edizione di ‘OrBItaly – Organic Bioelectronics Italy’, il simposio internazionale organizzato da due docenti dell’università di Bari, Luisa Torsi e Gianluca Farinola, del Dipartimento di Chimica dell’ateneo barese.
La prima edizione di OrBItaly è nata nel 2015 dall’idea del prof. Fabio Biscarini, docente di Chimica all’università di Modena e Reggio Emilia, di dare organicità e rappresentatività alla comunità degli studiosi italiani operanti nel campo della bioelettronica organica (Organic Bioelectronics Italy), la più numerosa al mondo in questo settore, che si incontrava in giro per il pianeta ma mai in Italia. Perciò dopo Modena (l’anno scorso), ricercatori provenienti oltre che dall’Italia, anche dagli States, Austria, Germania, Svezia, Spagna, Francia e Regno Unito, si sono incontrati nel Salento, in Puglia, a Santa Cesarea terme, per confrontarsi con un uditorio molto selezionato sui risultati più rilevanti ottenuti nei loro laboratori.
Gli argomenti di cui si è ampiamente discusso sono stati i più recenti risultati nel campo della bioelettronica organica che potrebbero rivoluzionare alcune prassi medico/scientifiche e di salvaguardia sociale. Questo nuovo settore dell’elettronica – grazie all’utilizzo di nuovi materiali funzionali (polimeri, biomateriali, sistemi nanostrutturati) – consente ai dispositivi elettronici di interfacciarsi e ‘dialogare’ con gli organismi viventi. ‘Ispirandoci ai sistemi biologici che Madre Natura mette a nostra disposizione, siamo in grado di mimarli e utilizzarli’, spiega l’accademica Luisa Torsi.
In questo settore, il Dipartimento di chimica dell’università di Bari – da diversi anni – svolge ricerca di eccellenza riconosciuta negli ambienti scientifici internazionali che riguarda una tecnologia con enormi potenzialità di impatto. Infatti, spazia dalla diagnosi precocissima di patologie e sistemi sensoristici avanzati alla realizzazione di nuovi materiali a basso impatto ambientale per l’approvvigionamento energetico grazie ad un approccio all’avanguardia, interdisciplinare ed innovativo. Tali studi, aggiunge il prof. Gianluca Farinola ‘offrono sbocchi applicativi e tecnologici nell’àmbito non soltanto della diagnosi clinica e dello screening di massa mediante biosensori che sfruttano l’elettronica integrata con sistemi biologici, ma anche nella terapia attraverso la realizzazione di meccanismi intelligenti per il rilascio controllato di farmaci. I nuovi sensori, inoltre, hanno importantissime applicazioni nella salvaguardia della sicurezza agroalimentare’.
Insomma, l’ambizioso obiettivo che s’intende raggiungere è riuscire a far comunicare tra loro strutture biotiche (organismi viventi) e abiotiche (materia artificiale) per analizzare o controllare un sistema biologico. Per esempio, ‘uno dei dispositivi messi a punto nei nostri laboratori è in grado di registrare la presenza di bio-marcatori in un organismo umano a seguito dell’insorgenza di una patologia. L’uso di tali dispositivi permetterebbe alla medicina di anticipare la diagnosi e l’eventuale terapia’, chiarisce Luisa Torsi, docente di chimica all’università di Bari e presidente della società europea di Scienza dei Materiali. I risultati raggiunti nei laboratori dell’ateneo barese ‘dimostrano inoltre che è possibile creare una nuova elettronica basata su materiali prodotti da microorganismi come le alghe ed i batteri con la prospettiva di una tecnologia “verde” a zero impatto ambientale’ aggiunge Gianluca Farinola, professore di chimica organica nel medesimo Dipartimento.
In altre parole, la tecnologia si mette al servizio della società per migliorarne la qualità della vita. Tutto ciò può essere reso possibile e fruibile dalla comunità anche con il supporto del mondo imprenditoriale impegnato nell’innovazione tecnologica che pur mostra interesse per queste scoperte, ma la realizzazione di tali dispositivi e la loro immissione sul mercato richiede uno sforzo ulteriore in sinergia con programmi nazionali che finanzino lo sviluppo di queste tematiche.