Nel 2015, sono stati 104.571 i cittadini italiani che si sono espressi sulla donazione di organi e tessuti in occasione del rilascio o rinnovo della carta d’identità.
In considerevole aumento rispetto ai 15.137 del 2014. Altissima la percentuale delle manifestazioni di volontà positive: il 91,6%. E tu che aspetti a diventare donatore di organi?
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Abbiamo voluto raccogliere una testimonianza, quella di una mamma, Sofia Riccaboni, per confermare la necessità di donare gli organi non compromessi da malattie, una volta deceduti.
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”Ci sono alcune persone che possano vantare due compleanno l’anno. Mia figlia Pamela è una di queste. Ogni anno festeggia due compleanni. Nel suo caso, poi, i due compleanni coincidono anche in età. Il 19 novembre Pamela ha compiuto per la seconda volta 17 anni.
È nata il 10 giugno 1999. Aveva i capelli scuri, morettina e, a detta dei medici, un bel colorito olivastro. Solo dopo un paio di mesi una pediatra si è accorta che non era olivastra: era cirrotica.
Credo che tra tutte le cose decise nella mia vita, quella di agosto 1999 sia stata una delle cose più difficile da scegliere. Il chirurgo del reparto di chirurgia pediatrica, il 19 agosto, dopo aver operato per 8 ore Pamela, che aveva 2 mesi e nove giorni, mi ha detto: “Il suo fegato è una spugna secca, speriamo che riprenda un po’ di funzionalità, ma la dobbiamo mettere in lista per un trapianto”.
2 mesi e 9 giorni. E io dovevo sperare che un bambino, al massimo un adolescente, morisse e che i suoi genitori avessero il coraggio di donare gli organi, per salvare mia figlia.
Ho un altro figlio, all’epoca aveva 3 anni, avrebbe iniziato la scuola materna in settembre. E io, nella mia mente, mi ero fatta un film. Passavo le giornate in ospedale, a fianco della piccola e in qualunque momento, a casa, mio figlio, suo fratello, poteva avere un qualsiasi incidente domestico e diventare il donatore che speravo arrivasse per mia figlia.
Ero donatrice, ero iscritta all’AIDO da quando avevo 18 anni. 5 anni prima che nascesse Pamela. Eppure no, non ce la facevo. Ho passato notti sveglia a guardare Pamela dormire, attaccata alla pompa per l’alimentazione, alle flebo che erano infilate nei posti più impensabili, persino dietro la testa. Sveglia, ad assicurami che non si strappasse tutto. Siamo arrivati, con il parere dei medici, a metterle le stecchette alle braccia per evitare che si togliesse tutto. Eppure no. Il pensiero di quando avrei sofferto io a perdere mio figlio mi rimandava all’immagine di una donna che non conoscevo e che avrebbe sofferto come me o più di me.
Quando il 18 novembre mi ha chiamata la caposala, nel pomeriggio, mentre Pamela era a casa, in una delle poche pause tra i vari ricoveri, e mi ha chiesto se mi sarei presentata entro le 18, ho avuto un dubbio. Cosa stavo facendo? E se fosse andato male? E poi?
Alle 18 eravamo in ospedale. Le altre mamme, con figli ricoverati in oncologia pediatrica, perché al tempo era quello il reparto che seguiva i trapianti epatici pediatrici, mi hanno aiutata. A lavarla. A prepararla. A non pensare. Mi facevano ridere, scherzavano, giocavano. In quei momenti pare esita un codice, innato, di comportamento che tutte le mamme, lì dentro, conoscono. Nessuna domanda scomoda, nessuna richiesta scomoda, nessuna osservazione.
Poi, il freddo. In auto, la notte, guardando le luci alle finestre dell’ospedale, cercando di capire quale poteva essere la sala in cui operavano. Le sale operatorie non hanno finestre. Chi è dentro è dentro. E noi eravamo fuori. Dalle 22. Quando le porte scorrevoli avevano portato via Pamela alla mia vista, su una barella molto più grande di lei. Non esistono barelle per bambini. Le ore più lunghe della mia vita. Ci avevano preparato anche a 12 ore e più di intervento. Quando alle 5 ci hanno chiamato, dicendoci che il chirurgo voleva vederci, ero certa fosse per dirci che no, non era andata bene, la mamma del donatore ci aveva ripensato.
Invece alle 5 e 30 l’ho vista. Ho visto un angolino della sua guancia, l’unico angolo libero da tubi e cerotti. Era bianco. Non più “olivastro”. E i capelli stavano diventando biondi.
Ancora ora mentre scrivo, dopo 17 anni, devo trattenere le lacrime, e sento il fiato che si spezza, il respiro che trema.
Pamela nel 2017 sarà maggiorenne: il 10 giugno e il 19 novembre. Grazie.
http://www.trapianti.salute.gov.it/cnt/cntDettaglioMenu.jsp?id=5