Donne aggredite, picchiate, stuprate, uccise o semplicemente svanite nel nulla: una vera e propria ecatombe, un eccidio ingiustificato e ingiustificabile, che riconduce alla perfidia strisciante che serpeggia nel sottosuolo della nostra civiltà.
Un male che traspare dagli echi di un rancore sordo, dell’ostilità e dell’ odio vendicativo di cui cadono preda uomini psichicamente, pericolosamente fragili e solo apparentemente normali. Il furore maschile si sta diffondendo ovunque.
Da nord a sud vengono ormai quasi quotidianamente registrati casi di aggressioni spesso mortali ai danni di donne “ree” di aver compiuto scelte di vita contrastanti con quelle dei rispettivi compagni. E’ un dato di fatto che il potere maschile stia lentamente – ma inesorabilmente – scemando, in un contesto sociale in cui le donne lottano tenacemente per trovare una loro collocazione (sebbene la strada che conduce a una vera emancipazione sia ancora incredibilmente lunga e ardua da percorrere).
Tuttavia il rafforzamento della personalità femminile non implica necessariamente il deterioramento psichico di certi uomini. In un certo (discutibilissimo) immaginario collettivo di stampo ovviamente maschilista, la donna è subordinata all’uomo. Anzi, esiste esclusivamente in funzione sua. A lui spetta dunque di disporne a piacimento, come farebbe del resto con qualsiasi altro oggetto capitatogli tra le mani.
L’ambito del dominio maschile è circoscritto alla forma femminile che incarna il riflesso di un potere illusorio a cui non gli è possibile rinunciare. Il carnefice sa perfettamente che la propria autorità viene garantita solo dalla piena sottomissione femminile e che, in tale ottica, senza una donna, la sua stessa esistenza finirebbe per perdere ogni giustificazione etica e razionale.
L’uomo violento, lo stalker, l’omicida hanno il terrore di affrontare un’individualità ignota che rischierebbe di destabilizzare le loro esigue certezze. Perciò non intendono affatto mettere a repentaglio l’equilibrio precario costruito sull’equivoco con il rischio di ritrovarsi poi a dover affrontare quelle responsabilità sociali da cui intendono invece allontanarsi.Ma soprattutto – presunti esseri superiori – considerano intollerabile l’idea che lei, l’eletta, ostentata come simbolo della supremazia maschile; quella donna su cui riversano frustrazioni e delusioni si trasformi – optando per la libertà – nella fonte del loro fallimento.
Le donne oggi soffrono e muoiono perchè gli uomini non vogliono arrendersi all’evidenza della crisi di potere che li ha investiti. Forti di un’egemonia secolare su quello che a torto è sempre stato definito “sesso debole”, i maschi del XXI secolo scoprono improvvisamente di essere diventati vulnerabili, fragili, insicuri.Forse lo sono sempre stati, esattamente come le donne ai loro occhi. Solo che adesso sono costretti a prenderne realmente atto. La verità spesso è dolorosa, ma in certi soggetti psicologicamente labili può diventare addirittura pericolosa. Per tutte le donne del mondo.