NABILA MOUNIAB: L’ORGOGLIO DI ESSERE DONNA
Aveva sperato di poter contribuire attivamente all’evoluzione sociale del Marocco. Invece, l’8 ottobre scorso, la coalizione tripartitica da lei promossa (ossia la Federation of the Democratic Left) non è riuscita a superare la soglia minima del 3% necessaria per approdare in parlamento, che in tal modo continuerà a essere egemonizzato dagli islamisti del Justice and Development Party (il più quotato su scala nazionale) e dai monarchici indipendenti dell’Hizb al-Istiqlal.
Ma a dispetto della sconfitta subita alle urne la 56enne Nabila Mounib – al vertice dell’Unified Socialist Party dal 16 gennaio 2012 e attualmente unica personalità femminile di rilievo del panorama politico locale – non ha alcuna intenzione di rifugiarsi dietro le quinte della rassegnazione, né tantomento di lasciarsi coinvolgere in un’altra avventura elettorale. Del resto è pur sempre la sola ad aver incrinato, in qualità di leader, la barriera cristallina (di clintoniana memoria) del tradizionalismo, notoriamente tesa – malgrado il vincolo delle quote rosa (15%) imposto nel 2013 ai ministri – a precludere all’altra metà del cielo l’accesso ai luoghi istituzionali.
Un successo epocale quindi, in una regione annoverata dal World Economic Forum al 97° posto nella lista nera dei 145 stati maggiormente restii al riconoscimento dei diritti civili. “Mi sono imbattuta precocemente nelle difficoltà in cui incorrono quotidianemente le donne. Non ho mai ignorato che per perseguire gli obiettivi che mi ero proposta avrei dovuto lottare doppiamente rispetto agli uomini“, ha esordito. “E’ stato appunto il desiderio di abbattere le barriere pregiudiziali a indirizzarmi verso la sfera politica: volevo aprire le porte del cielo a tutte le connazionali, diventare insomma un esempio da seguire“.
Pacata, gentile, accattivante (e talmente insofferente ai condizionamentii religiosi da sfidare le ire dei conservatori con un abbigliamento casual) ha saputo far breccia nel cuore delle masse con una retorica semplice, immediata e assolutamente scevra da connotazioni demagogiche. “Ho faticato molto per farmi ascoltare, perché la nostra società obbliga le donne alla timidezza e alla riservatezza” (non a caso la stessa Lalla Salma, consorte di re Mohammed VI ma declassata al rango di principessa dal momento che quello di regina è incompatibile con l’Islam, si è spesso mantenuta ai margini della scena pubblica.
Una realtà discriminatoria assolutamente estranea al contesto familiare in cui è vissuta, fonte primaria di ispirazione del percorso occupazionale successivamente intrapreso (il padre era infatti un diplomatico assai stimato). Ma i privilegi economici e soprattutto culturali (dopo gli studi di biologia e geologia ultimati nella città natale di Casablanca ha conseguito il dottorato in endocrinologia presso l’ateneo francese di Montplìellier) di cui ha potuto beneficiare in passato non hanno minimamente influito sulla sua rapida ascesa agli apici del sistema.
“Nessuno ha mai steso un tappeto rosso davanti a me, anche se mi ritrovo alla guida di un partito“. Infatti sono ovviamente in molti a individuare nel suo operato una riprovevole tendenza alla prevaricazione gerarchica. “Io sono aperta e tollerante, ma ho da tempo rinunciato al dialogo: crede di essere detentice della verità e quindi cerca di evitare il confronto diretto“, ha osservato Emna Ma Al Ainaine, ex docente di filosofia convertita alla causa della formazione islamista in carica.
Mere illazioni misogine per l’attivista Nada Harif: “E’ soltanto sicura di sè e questo infastidisce ancora parecchio. Sicuramente verrà messa sotto accusa anche per gli occhiali da sole che indossa e l’auto con cui si sposta, Gli avversari faranno il possibile per denigrarla, in modo da distogliere l’attenzione generale dalle vere emergenze incombenti sul Marocco“. Opinione ampiamente condivisa dalla 38enne Chenna Hadhoum, impiegata municipale di una comunità rurale tuttora fortemente pervasa dal maschilismo. “Qui una donna non può allontanarsi da casa senza il permesso del marito. Una persona di autorevolezza pari a un uomo ci sta dimostrando che l’uguaglianza dei sessi non è un’utopia“.
E’ quanto auspicato appunto da Nabila, assurta a paladina della parità di genere: “Mi auguro di assistere, un giorno, al trionfo di forze democratiche capaci di celebrare la diversità ovviando al sessismo vigente. Sogno un paese in cui le donne possano essere felici della propria condizione e libere di scegliere se uscire con gli shorts o l’hijab“.