Alfonsina Orsini de’ Medici è l’emblema della donna determinata e risoluta, decisa a non rassegnarsi al ruolo subalterno che la sua condizione femminile prevede.
di Lucrezia Ramacci
Nasce nel 1472 da Pietro Orsini, conte di Tagliacozzo, e da Caterina Sanseverino; cresce fino alla prima adolescenza presso la corte di Ferdinando I a Napoli, una delle capitali culturali di quel periodo. A soli 14 anni nel 1486 sposa Piero de’ Medici, figlio del ben più noto Lorenzo il Magnifico e di Clarice Orsini, sua cugina che, da quel momento in poi, sarà anche suocera. A Firenze giunge solo nel 1488 e durante i primi anni del matrimonio, non si distingue molto dalle altre mogli devote di personaggi politicamente di rilievo: si occupa perlopiù di cause religiose e, in particolare, intercede insieme alla madre e alla suocera per il rinnovo del convento di Santa Lucia a Firenze, per il quale venne costruita una chiesa, furono comprati immobili e terreni e fu ampliato il dormitorio, arrivando fino a 120 celle.
Dal matrimonio fra Alfonsina e Piero vengono al mondo tre figlie e un figlio: Lorenzo e Clarice, i primi nati, sono chiamati così in onore dei nonni paterni; le altre due, Maria e Luisa rimaste nell’ombra, sono pressoché sconosciute.
Le cose iniziano a cambiare nel 1494 quando, nel mese di novembre, Piero scappa da Firenze in seguito ai tumulti popolari fomentati da Savonarola. Alfonsina decide, almeno per i primi due anni, di rimanere in città e di non seguire il marito. Il suo piano è quello di non permettere la confisca dei beni, già decisa dal governo subentrato, di salvare il salvabile per quella famiglia non sua che sembra aver perso tutto: una Orsini più Medici di qualsiasi altra Medici. Il marito, impegnato in alleanze e strategie politico-militari con i Francesi per riguadagnare il potere a Firenze, può aspettare: lo raggiunge in esilio solo nel 1496.
Piero de’ Medici, soprannominato “Il Fatuo” per il suo carattere poco affidabile e per nulla propenso alla politica e alla diplomazia, muore nel 1503 nella campagna militare contro il Regno di Napoli, annegando nel Garigliano mentre cerca di traghettare armi e cannoni con una barca; Alfonsina, poco incline al ruolo di vedova addolorata, assume il ruolo di capo-famiglia (che forse le sarebbe stato calzante sin dall’inizio) e, facendo base prima a Roma e poi tornando a Firenze, recupera molto del prestigio che la famiglia Medici ha perso.
Per prima cosa si occupa di garantire alla figlia Clarice un matrimonio di prestigio. Alleandosi con il cognato, il cardinale Giovanni de’ Medici non ancora eletto papa, riesce a combinare le nozze con Filippo Strozzi, rampollo di una delle casate fiorentine più influenti del tempo; acquista palazzi e terreni (per esempio l’attuale Palazzo Madama) consolidando anche a Roma e nel Lazio la forza economica della famiglia.
Si dedica alla costruzione di una fitta rete di amicizie vantaggiose in molte città italiane. Il genero Filippo Strozzi così scrive nel 1515:” È sempre occupata a scrivere a Roma o costà [Lombardia] o a dare udienza, di che ne segue che la casa è sempre piena e da tale concorso ne risulta reputatione allo stato, animo alli amici e timore alli adversi. Conclusive: fa quello offitio che altra donna sarebbe impossibile, a pochi huomini facile”.
È molto vicina alla famiglia Strozzi, ovviamente, a Machiavelli e soprattutto al cognato ormai papa, Leone X. È questa una protezione non indifferente per una donna sola al potere, una valida garanzia e un solido appoggio per il giovane figlio Lorenzo che Alfonsina, sopra ogni cosa, vuole vedere affermato e potente. Per lui pensa a un matrimonio che riesca a proiettare la famiglia Medici nel panorama internazionale, ridandole l’antico prestigio e ancora di più: ecco quindi le nozze con Maddalena de la Tour d’Auvergne, nipote del Re di Francia, e la strada aperta verso la corte parigina.
Nel giugno 1515 Alfonsina rientra a Firenze, dove i Medici nel frattempo hanno riguadagnato il potere, e comincia a giocare il suo ruolo di capofamiglia. Non è raro trovare, a lato di numerosissimi documenti ufficiali del tempo, la dicitura “di commissione dell’illustrissima signora Alfonsina” o anche “per ordine di Madonna Alfonsina”. Un altro aspetto interessante del suo impegno è possibile trovarlo negli scritti “non ufficiali”, nei registri cittadini e in tutte quelle testimonianze lontane dai giochi di potere e dalle manovre politiche pubbliche.
Si apprende, infatti, che Alfonsina si prodigò molto anche per abbellire la città, aumentare la produttività delle derrate alimentari e fornire sostentamento ai meno abbienti: acquistò per esempio il padule del Fucecchio con lo scopo di far eseguire lavori di drenaggio e guadagnare, per le povere popolazioni locali, nuovi terreni coltivabili, risollevando in parte l’economia locale basata soprattutto sulla pesca lacustre.
Nelle pagine scritte su di lei dopo la morte si trovano spesso biasimo e sbeffeggi: alle donne non si legittima facilmente la posizione di rilievo raggiunta, non si perdona il potere e Alfonsina Orsini Medici ha avuto entrambi. Di lei è stato trasmesso un ritratto fatto di molte ombre e poche luci. Si è parlato di avarizia, sete di denaro e di potere, di ambizione smisurata, di intrighi e faziosità soprattutto per il destino politico del figlio Lorenzo. Ciò che per gli uomini sono tratti fondamentali, pregi se non vere e proprie virtù quando si esercita il comando, per una donna le stesse caratteristiche sono vizi e, come tali, veri e propri peccati.
Lucrezia Ramacci, 19 anni, dopo la maturità classica comincia a studiare Scienze della comunicazione all’Università RomaTre; nel 2013 ha partecipato al progetto “Sulle vie della parità. Le donne del ‘900 sulle strade di Roma” realizzato da Toponomastica femminile e finanziato dalla Commissione delle elette del Comune di Roma.
Non sa ancora bene cosa fare del suo futuro, ma vuole farsi ascoltare perché sente di avere molto da dire. Le sue grandi passioni sono la natura, gli animali e la letteratura. Ama aiutare gli altri e vedere i sorrisi delle persone. Vive con la nonna e il suo pigrissimo gatto Odino.