Le due versioni di “Giuditta che decapita Oloferne”, quella agli Uffizi e quella a Capodimonte, sono il fiore all’occhiello della mostra che si tiene a Roma dal 30 novembre 2016 all’8 maggio 2017.
di Livia Capasso
Dal 30 novembre 2016 all’8 maggio 2017 a Roma nelle sale di Palazzo Braschi con il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, è aperta la mostra Artemisia Gentileschi e il suo tempo, che ripercorre le tappe dell’ascesa di questa icona del talento femminile dalla sua città natale, Roma, dove si è formata, a Firenze, a Venezia, a Londra, città che hanno visto l’ascesa della sua carriera, fino a Napoli, dove visse l’ultimo periodo della sua vita.
Si tratta di trenta opere autografe di Artemisia, grandi capolavori, provenienti dalla Galleria degli Uffizi di Firenze, dal Museo di Capodimonte di Napoli, dalle Collezioni Comunali d’Arte e da quelle della Pinacoteca Nazionale di Bologna, dall’Art Museum di Saint Louis, dal Museo di Belle Arti di Budapest, dalle Raccolte d’arte del Sovrano Militare Ordine di Malta, dal Fondo Schwartz del Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford, dall’UniCredit Art Collection, dal Museo Nazionale del Prado di Madrid, dal Metropolitan Museum of Art di New York, dal Fondo Clarence Brown del Museum of Art di Toledo, dalla Galleria G. Sarti di Parigi. Ma molte sono anche opere avute in prestito da collezioni private e quindi meno conosciute al grande pubblico.
Le due versioni di “Giuditta che decapita Oloferne”, quella agli Uffizi e quella a Capodimonte, sono il fiore all’occhiello di questa mostra. Ancora ricordiamo le parole con cui lo storico Roberto Longhi descrive tutta la sua meraviglia a proposito di questo quadro:
“Chi penserebbe che sopra un lenzuolo studiato di candori e ombre degne d’un Vermeer, dovesse avvenire un macello così brutale ed efferato. Vien voglia di dire – ma questa è la donna terribile! Una donna ha dipinto tutto questo? …… ciò che sorprende è l’impassibilità di chi ha dipinto tutto questo …non vi pare che l’unico moto di Giuditta sia
quello di scostarsi al possibile perché il sangue non le brutti il completo novissimo di seta gialla?”
La versione fiorentina, rispetto alla precedente napoletana, è più grande di svariati centimetri; la scena viene proposta da un punto più distante, ed essendo più ampia permette di cogliere più particolari, come ad esempio le gambe della vittima. Poi sono diversi i colori delle vesti: mentre nel quadro napoletano le due donne sono vestite di blu (Giuditta) e di rosso (l’ancella), qui Giuditta indossa un vestito giallo, e l’ancella un modesto vestito bianco. Merita attenzione anche il rosso scuro della coperta in cui è avvolto Oloferne. L’espressione di Giuditta è decisa e appare più furiosa, mentre sta tagliando la gola al generale nemico.
Ancora possiamo ammirare Susanna e i vecchioni, mentre si fa il bagno sotto lo sguardo di due vecchi lussuriosi, o Giaele e Sisara, dove una deliziosa fanciulla, vestita con un elegante abito di seta gialla e con i capelli ramati raccolti in una ricercata acconciatura. – sta per ficcare un chiodo nel cranio di un ignaro generale cananeo; una Cleopatra morente; una sensuale Danae; o Corisca, che scappa dal satiro, mettendosi dei capelli posticci; o Ester, che dopo un digiuno di tre giorni si presenta al re persiano per svelare un complotto contro il popolo di Israele.
Obiettivo di questa mostra è stato quello di mostrare l’arte di Artemisia all’interno del clima culturale in cui si è formata, mettendola a confronto con gli artisti suoi contemporanei, da cui è stata influenzata, così come ha assorbito dagli antichi maestri, e come ha saputo adeguare il suo talento alle volontà dei committenti. Insomma un’Artemisia non solo caravaggesca, come finora si è ritenuto! In tutto un centinaio di opere, oltre a quelle di Artemisia, si possono ammirare lavori del padre Orazio, di Francesco Furini, Simon Vouet, Giovanni Baglione, Jusepe de Ribera, Francesco Guarino, Massimo Stanzione, Bernardo Cavallino.
Artemisia Lomi Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli, 1653) è stata una straordinaria artista, oltre che donna indipendente e impegnata a perseguire la propria affermazione contro i pregiudizi del suo tempo. Imparò a leggere e a scrivere molto presto, così come a suonare il liuto; superò violenze familiari e seppe venir fuori da difficoltà economiche; cambiò città, cambiò case, fu promotrice di se stessa, richiesta dai più colti ambienti culturali del tempo e dai grandi d’Europa.