Come fare shopping, tagliare panettoni o brindare al nuovo anno, come fare a rimuovere quello che accade in Siria?
C’è qualcosa in questo Natale, in quest’anno, in questo Millennio, nel futuro, che inquieta la coscienza. Almeno la mia.
Mi domando come partecipare a queste feste. Come fare shopping, tagliare panettoni o brindare al nuovo anno, come fare a rimuovere quello che accade in Siria?
Come facciamo a riempire di regali i nostri bambini mentre tanti altri, troppi oltre quelli morti, lottano per la sopravvivenza, soli, alla ricerca di genitori, di cibo. Bambini barbaramente uccisi, mutilati, dei quali non si saprà mai quale sarà il destino. Di loro conosciamo (purtroppo) i loro volti trasmessi dai media o postati sui social e ne immaginiamo il loro terribile presente.
Gira un video su FB, si proprio quello strumento con cui amiamo interagire con leggerezza, dal titolo “I bambini di Aleppo hanno smesso di piangere” (http://retenews24.it/bambini-aleppo-smesso-piangere-video/).
L’ho postato per dovere.
Non ci sono parole né commenti idonei, basta guardare.
Oltre all’orrore provato mi concedo alcune riflessioni, magari banali ma necessarie.
Siamo ancora sotto choc per le vittime di stragi che avvengono nei nostri paesi, improvvise e crudeli, mirate a colpire la nostra sicurezza, la nostra vita, la nostra democrazia così come ci sentiamo impegnati a denunciare le ingiustizie ancora esistenti nella nostra società.
Ma i morti vanno sempre pianti, non si discute.
Quello che sta accadendo in Siria, Aleppo ne dimostra il martirio, ricorda purtroppo la Shoah. Perché impedire ogni via di fuga ad una popolo dentro una guerra di sterminio, senza consentirgli una via di salvezza, un rifugio, è come condannare tutti a morte, esattamente come chiuderli dentro una camera a gas.
La paura che molti fra noi esprimono per il fenomeno dilagante dell’immigrazione (che riguarda anche altri territori) non può essere così cieca da fare accettare, condividere quello che accade oggi in quel paese, a quel popolo, a quei bambini.
La nostra cultura, la nostra storia, la nostra sensibilità non ci permettono di essere egoisti.
Perché la pietà che ci coglie mentre seduti nelle nostre poltrone, guardando immagini sullo schermo televisivo, mentre mangiamo, mentre accudiamo la famiglia e sorridiamo ai figli non può essere un alibi.
Pensiamo anche solo per un attimo che i nostri stessi cari potrebbero essere in quella storia, diversa solo per un contesto geografico, pensiamoci e proveremo una sesazione di paura e di orrore infiniti.
Ad Aleppo, le operazioni di evacuazione sono state di volta in volta annunciate e poi sospese; le persone restano intrappolate in una città distrutta, a dormire per strada con il termometro sotto lo zero. Impossibili e difficili gli interventi della Croce rossa e della Mezzaluna rossa, lo hanno confermato anche l’Osservatorio siriano per i diritti umani e la Bbc.
Scorrono nelle notizie i nomi di chi ha il potere di fare cessare questa tragedia ma la partita si gioca lontano da quel teatro di guerra, mentre quel popolo viene sterminato. La risoluzione non arriva e i compromessi appaiono ancora lontani e difficili.
La storia ci racconta dell’insensatezza delle guerre, della rincorsa dell’uomo ad espandere il proprio dominio e sottomettere altri popoli e aree geografiche; con la scusa dei propri confini, della propria sicurezza.
L’economia, sovrana della nostra era, guida tutto e in nome dei suoi interessi consente anche lo sterminio di popoli, l’estinzione di specie animali, la desertificazione delle foreste e lo scioglimento dei ghiacciai.
Noi siamo davvero fuori e lontani da tutto ciò? Possiamo mettere a tacere la nostra responsabilità individuale? E’ demagogia? Retorica? Coscienza? Forse ma tacere è vietato e impossibile.