La due giorni del 4 – 5 febbraio a Bologna del percorso femminista Nonunadimeno ha visto le tante realtà femminili e femministe reincontrarsi dopo la manifestazione del 26 novembre e la partecipazione ai tavoli tematici del 27 novembre 2016 a Roma per continuare il lavoro collettivo iniziato. Filo conduttore il rifiuto della violenza di genere in tutte le sue forme.
di Nadia Cario
La due giorni del 4 – 5 febbraio a Bologna del percorso femminista Nonunadimeno ha visto le tante realtà femminili e femministe reincontrarsi dopo la manifestazione del 26 novembre e la partecipazione ai tavoli tematici del 27 novembre 2016 a Roma per continuare il lavoro collettivo iniziato. Una marea di donne di tutte le età che hanno messo insieme i loro percorsi, saperi e determinazione. Preponderante la presenza delle nuove generazioni piene di competenze, grinta e determinazione.
Filo conduttore il rifiuto della violenza di genere in tutte le sue forme.
In primo piano la riscrittura del Piano antiviolenza nazionale partendo dal basso e l’organizzazione dello sciopero transnazionale delle donne del Lotto marzo 2017.
Nelle aule dell’Università di Giurisprudenza in via Belmeloro, dal nome di un bellissimo lauro che vi era piantato, circa 1400 donne si sono incontrate ai vari tavoli tematici:
Piano legislativo e giuridico;
Lavoro e welfare
Educazione alle differenze;
Femminismi e migrazioni;
Sessismo nei movimenti;
Diritto alla salute sessuale e riproduttiva;
Percorsi di fuoriuscita dalla violenza;
Narrazione della violenza attraverso i media.
Le bolognesi hanno preparato un programma denso e ben organizzato, dove ha trovato posto per la pausa pranzo anche cibo vegano e vegetariano. Allestito anche lo spazio bimbe/i gestito da compagni femministi che si sono offerti volontari per la due giorni.
I tre obiettivi da raggiungere consistevano nel definire il Piano femminista antiviolenza, da completare nei prossimi mesi entro giugno, nell’identificare un punto in comune per gli otto punti per lo sciopero dell’8 marzo e il terzo punto riguardava come organizzare lo sciopero e la mobilitazione nei luoghi di lavoro.
C’è chi ha un lavoro e può scioperare o, in alternativa per chi non può, individuare delle pratiche simboliche per sottrarsi dal lavoro in tutte le sue forme, riproduttivo compreso.
Lo sciopero viene coperto a livello nazionale dallo Slai Cobas e Confederazione USI per l’intera giornata per tutto il personale a tempo indeterminato e determinato, con contratti precari e atipici, per tutti i comparti, aree pubbliche e per le categorie del lavoro privato e cooperativo, su richiesta del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario (Mfpr). I confederati tacciono. In ballo c’è lo sciopero del 17 marzo del comparto scuola. In plenaria viene comunicato che la Cgil ha demandato a ciascuna Camera del lavoro la copertura dello sciopero. Sgorga un buuuuuuuu! collettivo.
Domenica si è svolta l’assemblea plenaria con i report dei vari tavoli. Uno dei principali punti che accomuna i tavoli è stato quello del riconoscimento di quanto già stato fatto finora come lotta femminista e buone pratiche. Non si parte da zero, ma da quanto è già stato fatto finora. Il riconoscimento, inoltre, che la violenza di genere ha una radice culturale e il linguaggio, nel modo in cui viene usato, ne è veicolo e uno degli strumenti più potenti. Linguaggio sessuato ed educare alle differenze con approccio sistemico sono da inserire nel piano antiviolenza.
Dal tavolo della narrazione dove molte giornaliste erano presenti la discussione parte dai 5 punti focalizzati a Roma. La formazione sul linguaggio correttamente declinato anche quando si parla di LGBTQ diventa indispensabile per modificare la rappresentazione maschile sulla violenza. Viene proposto di mettere come esame obbligatorio per diventare giornaliste/i il corretto uso del linguaggio sessuato. Per monitorare le narrazioni, i video, le foto a corredo degli articoli, la proposta è quella di creare una Osservatoria nazionale indipendente autogestita con esperte e esperti collegata con altri paesi, che produca materiali da mettere in rete quali manuali di lessico con le parole da usare e quelle da non usare.
I Centri antiviolenza devono rimanere spazi laici ed autonomi delle donne. Luoghi di elaborazione femminista, che attivano processi di trasformazione culturale e personale, di formazione e anche fonti autorevoli di riferimento.
Alcune compagne di Pisa portano lo studio delle interazioni sociali attraverso l’analisi degli algoritmi di alcune piattaforme social e come attraverso i tweet storm possiamo agire nell’informazione.
Vengono elencati contenuti e articoli della Convenzione di Istambul che non viene applicata generando così una ulteriore violenza, quella dell’inerzia dello stato, oltre a quella della diminuzione e trasformazione dei consultori in ambulatori e la continua persistenza degli obiettori di coscienza negli ospedali che impediscono l’applicazione della L. 194/78.
La mancanza di politiche sociali efficienti, di servizi sempre più a carico di chi li chiede, il precariato, oltre a generare povertà, gravano sulle donne che colmano queste mancanze. Sono state elencate le varie forme di discriminazioni verso le donne migranti.
Il percorso di avvicinamento verso lo sciopero globale transnazionale delle donne dell’8 marzo prevede varie iniziative da svolgersi nei territori. Lo sciopero sarà locale con un momento più ampio a livello internazionale alle ore 18. Il colore della giornata sarà il nero con il viola e il fuxia.
A Roma eravamo marea, dice Renata in chiusura, ora siamo oceano e nessuno scoglio ci potrà fermare!