La computer art nasce di fatto nel 1950 grazie alla sperimentazione di Ben Laposky (USA) e Manfred Frank (Germania) due matematici e programmatori insieme, non artisti nel senso stretto del termine, ma con delle sensibilità artistiche di gusto fortemente grafico.
B. Laposky e M. Frank si rifanno al costruttivismo e al razionalismo del Bauhaus. Benjamin Francis Laposky (1914-2000), matematico, artista e disegnatore, nel 1950 realizza un “oscillogramma”: lavora con l’oscilloscopio, scrive una funzione matematica (quindi non un’immagine) nel processore ed ottiene la base per una proiezione grafica, poi con l’oscilloscopio varia la lunghezza d’onda dei raggi luminosi del tubo catodico creando le famose “distorsioni”, chiaramente esempi di arte astratta . E’ considerato anche il padre della computer grafica.
Nel 1953 ha pubblicato le foto di quel che ha definito “Oscillons ” (disegni- oscillogrammi) insieme ad una corrispondente tesi dal titolo “Astrazioni elettroniche” esponendole con ugual titolo, in una mostra espositiva di cinquanta foto al Museo Sanford a Cherokee. Laposky è considerato come il pioniere dell’arte elettronica, per quel che riguarda il mezzo,ovvero il vettore analogico. La Computer-Art o Arte Digitale nasce in concomitanza con l’avvento dell’Arte Cinetica e la Optical-Art. Quindi Ben Laposky e Manfred Frank ideatori e programmatori di questa nuova tecnica hanno certamente attinto al mondo dell’arte che era intorno a loro per creare questa realtà virtuale.
In questo periodo si sviluppano movimenti che tendono a rendere viva l’opera d arte, donarle movimento sotto la nuova esperienza della natura o della meccanica. Nascono così l’Arte Cinetica e l’Optical Art , anche chiamata Op-Art, che si sviluppa lungo tutto il decennio sotto l influenza dell artista Victor Vasarely, padre stesso della Optical art. L’Optical Art è un tipo di Arte Astratta, strettamente legato ai movimenti dell’Arte Cinetica e dell’Arte Costruttivista. Il primo lavoro Optical di Bridget Riley vede la luce nel 1961 dal titolo “Kiss” :una banda bianca emerge da un mare nero, segnando lo spazio tra due corpi che stanno avvicinandosi. L’ OP-Art approfondisce l’esame e lo studio dell’illusione bidimensionale.
Come possiamo comprenderla noi, l’arte digitale nasce però negli anni ‘ 60 quando scienziati, e poi artisti, iniziarono sempre piu’ a creare immagini usando il computer ma in realta’, concettualmente parlando, l’arte digitale nasce prima di se’ stessa, prima di ogni sua applicazione. La pratica comunicativa della mail art ne e’ la autentica premessa. Tale forma di comunicazione si afferma grazie alla “New Corrispondence school of Art” di Ray Johnson nel 1962, all’interno del gruppo Fluxus. ” Il network della mail art ha sempre avuto negli innumerevoli progetti interattivi che ne sono in qualche modo il telaio, forti connotazioni sociali, e, nelle sue forme più libere è stato spesso parte integrante di pratiche di movimento libertarie e controculturali. Negli anni ’60/’70 la mail art ha massicciamente sostenuto i messaggi di urgenza pacifista ed è stata un ottimo veicolo di diffusione, per esempio, delle estetiche dell’era psichedelica, con le tante cartoline realizzate artigianalmente dai colori elettrici e dalle grafiche sognanti e distorte che circolavano per il mondo come segno di ‘fratellanza’; più avanti saranno le subculture punk ed industriale a fare largo uso del network mail art. La riflessione e la presa di posizione su tematiche sociopolitiche sono costanti nella mail art.”
In poche parole la mail art consiste in una rete (per questo viene detta Network della Mail Art) di relazioni instaurata attraverso il circuito postale e si svolge in pratica spedendo e ricevendo lettere da molte parti del globo, instaurando legami “virtuali” con tanti individui uniti semplicemente dalla voglia di comunicare.
Vittore Baroni, attivista della mail art negli anni ’80, scrive: “Una lettera indirizzata a te personalmente, dall’angolo più lontano del globo, è un filo di energia che lancia messaggi più potente di uno show sul primo canale TV. Attraverso il sistema postale puoi scoprire una trama di energia planetaria, un network di amore, arte, follia. Ogni cosa è possibile, ogni cosa funziona. Per certi versi è come pescare a caso in una piscina piena di stranezze.”
Dalla Mail Art nascerà l’idea dei Networker Congress, i primi incontri dedicati a chi opera sulle Reti, sia postali che telematiche, come veicolo di comunicazione orizzontale e democratica, tematiche che ancora oggi sono attuali grazie ad Internet. Il digitale rappresenta una componente della contempo-raneità da non ignorare e permette concretamente di realizzare certe pratiche che in passato si sarebbero attuate con un elevato dispendio di energia e denaro (si pensi alla pratica della Mail Art degli anni ’80, che oggi è degnamente sostituita dalle mailing-list, chat, newsgroup e dal semplice utilizzo della posta elettronica.
A partire dagli ani ’80, l’uso del computer nei linguaggi dell’mmagine ha determinato una non indifferente svolta nell’ambito delle espressioni artistiche, permettendo lo sviluppo di nuove forme di percezione e configurazione.
Però è negli anni ’80 che si è andata sviluppando una nuova tipologia di arte digitale: la pixel-art. Attualmente i maggiori sostenitori sono i nostalgici dei videogiochi degli ’80 e questo ci permette di capire come questa nuova tecnica parta da lontano:la pixel-art tanto in voga in questo periodo,riproponequasi uno stile vintage che forse è proprio uno dei motivi del suo grande successo.anche se, soprattutto negli ultimi anni ’90, sempre più rivolta verso il futuro. Questa tecnica visiva, i quali esponenti principali sono gli eBoy, gli Snake , e altri giochi , anche da telefonino, riproduceva panorami urbani (ma non solo) di grandi dimensioni partendo però dal singolo pixel che é fondamentale in quanto e’ il più piccolo elemento base che però, assemblato con tantissimi altri pixel, creando un’immagine di grande impatto comunicativo.
Il digitale rappresenta un aspetto della contemporaneità da non ignorare e permette concretamente di realizzare pratiche visive che in passato si sarebbero attuate con un elevato dispendio di energia e denaro (si pensi alla pratica della Mail Art degli anni ’80, oggi degnamente sostituita dalle mailing-list, chat, newsgroup e dal semplice utilizzo della posta elettronica). Inoltre il digitale, attraverso le sue componenti interattive, permette più concretamente di impossessarsi dell’opera artistica e di personalizzarla, mettendo in gioco non solo la vista, ma anche gli altri sensi percettivi, ed è un percorso che tutti possono compiere.
Con l’utilizzo del computer e del digitale si avranno opere diverse rispetto al passato, per le modalità di fruizione personalizzate e per il maggior coinvolgimento psicosensoriale dello spettatore (che si fa quindi attore) e per la possibilità di mettere in relazione immediata moltissime persone (basta pensare alle opere in Rete), però questo non basta: la spettacolarizzazione tecnologica di per sé non costituisce un fine e per vivere realmente le esperienze tanto osannate con il virtuale, non è necessaria la tecnologia di per sè, bensì è fondamentale che attraverso determinate pratiche, si costruisca qualcosa in noi e si operi una riflessione critica, processo che la tecnologia può favorire, poichè facilita sicuramente la messa in scena del nostro corpo-mente.Quindi la performatività delle nuove tecnologie
Sicuramente aiuta a vivere nuove dimensioni creative, ma queste si esprimono principalmente attraverso la nostra coscienza critica, e possono quindi attuarsi anche al di fuori di un ambito tecnologico, sostituendo, quando desiderato, in modo valido e propositivo tecniche e modelli visivi cui si riferiscono, e creandone nuovi.
Il digitale ( virtuale )ha permesso all’arte di aderire sempre più al nostro corpo e alla nostra mente, diventando quasi una metafora onirica dell’inconoscibile, dell’oltre la soglia.
Dalle parole di artisti digitali, emerge proprio l’esigenza che è necessario avere una visione critica sul reale, e questo aspetto non deriva assolutamente dal creare opere tecnologiche e “virtuali”, poche’ molti di loro sottolineano l’utilizzo della tecnologia per la sua multimedialità, versatilità, trasversalità, e ipotetica democraticità, perché permette un maggior dialogo con il fruitore e permette al fruitore di essere maggiormente attivo nel processo comunicativo, ma non perché è necessaria per conferire validità ad un’opera.
Bibliografia
Cynthia Goodman (1987), Digital Visions Computers and Art, New York, Harry N. Abrams.
Ben F. Laposky (1953), Electronic Abstractions, Cherokee, Iowa, Sanford Museum.
Magdalena Holzhey, Vasarely, Colonia, Taschen, 2005,
Enciclopedia Treccani – optical art
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