Il diritto democratico di andare controcorrente
Domani sarò al lavoro. Non farò nessuno sciopero. Non posso permettermelo, ho un mutuo, una famiglia e non è un momento facile anche per me che sono una privilegiata con uno stipendio fisso e a tempo indeterminato. Non lo farò anche perché non accetto il linguaggio violento e di pura rivendicazione, che il mondo femminista sta lanciando e che credevo ormai superato dalla storia.
Questo non significa che non onorerò la festa della donna, in cui credo, pensando però che qualche iniziativa di piazza o qualche evento in più in questo mese, non serva per cambiare le logiche e le politiche che fanno ancora del nostro Paese un luogo “non amico” delle donne.
Sono una donna, orgogliosamente funzionario pubblico, nonostante la stampa parli degli/delle statali solo come i furbetti/e del cartellino, credo fermamente in una società che debba dare pari opportunità a donne e uomini, recuperando con azioni concrete per le donne ,il divario che ancora esiste nella nostra società e che purtroppo le ricerche ci continuano a rappresentare. Non sopporto la violenza verbale e fisica, anche se a volte non ho propriamente porto l’altra guancia.
La mia posizione viene definita con disprezzo “pariopportunismo”, la prima volta l’ho sentito dire a una certa Francescato del partito dei Verdi che dal suo “scranno” dispensava giudizi su quali donne fossero degne e quali no. E anche chi continua ad usarlo ha la stessa propensione al giudizio tagliente che parte dall’ego smisurato di “chi sa” di chi al di fuori dalle istituzioni e dai partiti “costruisce politiche dal basso” e si oppone fermamente a chi, come me, osa pensarla in modo diverso e considera le istituzioni, i partiti i luoghi deputati per farlo.
Faccio parte del Partito Democratico e sono una “renziana”. Non condivido le critiche di chi fingendo di ignorare il “ quasi niente” del passato sostiene che nessuna politica reale sulle pari opportunità sia stata portata avanti dal Governo Renzi e oggi dal Governo Gentiloni.
Ad esempio sul fronte dell’educazione di genere, o della lotta contro le discriminazioni contro le donne e i minori. In particolare mi piace ricordare che proprio su questo fronte, in questi giorni, ha preso avvio a Bologna il Percorso di promozione e sensibilizzazione per educatori: “La scuola come luogo di prevenzione e tutela: come proteggere bambini e ragazzi dai fenomeni della violenza, del bullismo e cyberbullismo, dell’abuso e sfruttamento sessuale”. L’iniziativa è stata promossa dal Dipartimento per le Pari opportunità in attuazione degli impegni contenuti nel Piano nazionale di prevenzione e contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale di minori, in collaborazione con il MIUR e con l’Osservatorio per il contrasto alla pedofilia ed alla pornografia minorile.
Il piano antiviolenza sarà come dicono le feroci critiche “costruito a spot” ma finalmente lo abbiamo! Sicuramente il mondo femminista riuscirà a produrre un “piano perfetto”, ma rischia con la ferma opposizione che ha fatto al Governo Renzi e alle sue riforme, di far vincere alle prossime elezioni la destra o i cinque stelle che non mi sembra abbiano un orecchio così abituato all’ascolto delle loro proposte.
Sul fronte della rappresentanza di genere nelle istituzioni il summit “Women in Parliaments”, forum globale che riunisce le parlamentari donne di tutto il mondo, ha conferito qualche tempo fa all’Italia uno speciale premio a riconoscimento degli sforzi compiuti dal Governo italiano per l’equilibrio di genere nelle posizioni ministeriali. I premi si basano sul ranking del “Global Gender Gap Report ” pubblicato dal World Economic Forum in collaborazione con le Università americane di Harvard e Berkeley, in cui l’Italia ha recentemente scalato molte posizioni. Poichè il principio di parità lo ha applicato Renzi anziché Che Guevara o un altro leader preferito, allora non va bene. Le donne scelte, di Confindustria, cattoliche, di destra, moderate, in maternità, di Snoq, invece che sindacaliste, anarco-insurrezionaliste, comuniste, femministe, etc, allora non vanno bene. Anzi, è proprio il principio della parità a non andar bene o a non aver nessuna importanza. Dato che lo gestisce un altro, dato che le designate non corrispondono alle aspettative. Il moderato e opportunista Renzi ha capito di aver bisogno delle donne. Considera il riconoscimento della parità pregiudiziale. Poi si può mettere in discussione tutto, si può contestare il programma, l’impostazione, il fatto che manchi il ministero delle pari opportunità o quello dell’integrazione. Mancanze che però non dimostrano affatto l’assenza di una visione, di una politica in merito, l’intenzione e la capacità di produrre una legislazione.
Ho per anni ricoperto un ruolo istituzionale come Consigliera regionale di parità della Valle d’Aosta, ho pensato allora e penso adesso che solo entrando “nelle stanze dei bottoni” si possa cercare di cambiare le politiche e le scelte che ancora non prestano così attenzione alle donne, per cui mi batto, nel mio piccolo, per una vera rappresentanza di genere nelle istituzioni e perché ci siano spazi paritari nei partiti, vere occasioni di sviluppo per la creatività femminile nell’imprenditoria, nelle professioni, percorsi di carriera reali e non condizionati da pregiudizi e stereotipi nelle amministrazioni e nelle aziende, una rete sociale di supporto fornita oltre che dallo stato anche dalle aziende, in un welfare ripensato obbligatoriamente vista la nuova realtà economica.
Nel mio piccolo ruolo di consigliera in un consiglio d’amministrazione di una partecipata pubblica, sto tessendo relazioni e confronti costruttivi perché oltre che di bilanci e di investimenti, si parli di attenzione alle risorse umane, di sostegno ai bisogni di uomini e donne in un’ottica giusta di sviluppo umano e produttivo.
Domani, dopo il lavoro, parteciperò a Torino, al primo del CICLO DI INCONTRI “Governance al femminile: opportunità al vertice” promosso dal Tavolo di Lavoro “Più donne per i CDA e le posizioni apicali” e rivolto alle donne che intendono candidarsi a diventare componenti dei Cda di società quotate e/o partecipate pubbliche o che aspirano a raggiungere posizioni di vertice all’interno delle organizzazioni. Mi sembra il modo giusto per festeggiare.
Buon otto marzo a tutte!