Ad una manifestazione di tale proporzione non si assisteva da tempo, e si è trattato di un puro e sano esercizio del diritto allo sciopero, un qualcosa di davvero emozionante
Questa mattina sono arrivata a Milano prima del solito, certo per paura di trovare metro sbarrate e autobus fermi, ma anche perché avevo davvero voglia di vivere questo 8 Marzo in modo diverso dal solito.
Ci siamo incontrate tutte in Largo Cairoli, dove abbiamo atteso una parte delle manifestanti (anche se va precisato che diversi uomini hanno aderito attivamente alla giornata!), per dare ufficialmente il via al corteo passate da poco le 9:30 del mattino.
La prima sensazione è stata – lo ammetto – di smarrimento. Temevo di non riuscire a trovare una mia dimensione, e complice la voglia di scattare qualche foto ho iniziato a vagare da una parte all’altra dell’enorme gruppo, facendomi spazio tra giovani studenti del liceo e lavoratrici sia mamme che nonne. C’erano dei passeggini con bimbi a bordo, cani felici insieme ai loro compagni umani. Il clima era di grande festa, di rinnovato vigore, come se un sentimento di rivincita si avvertisse nell’aria. Alla fine mi sono resa conto che la crescita si accompagna per ovvie circostante ad uno spostamento di attese e di necessità: ho lasciato i giovani adolescenti camminare davanti a me, fino a che non abbiamo raggiunto il palazzo sede della Regione Lombardia e ho potuto guardarli ballare, rivedendo me a 16 anni.
Sembrerà incredibile, ma non ricordo quella consapevolezza; non ricordo, tra le ragazze allora mie coetanee, questa profonda adesione alla causa femminile. Mi interessavo di musica, banalmente di questioni politiche, ma non con questa sete di partecipazione. Ho riflettuto su come le nuove generazioni non siano ancora del tutto perdute: alcuni ragazzi, cresciuti secondo il valore del rispetto nei confronti delle donne, e molte ragazze, coscienti del proprio corpo e forti di solidi obiettivi, possono ancora salvare questa società. È su loro che dobbiamo contare per vedere ridursi il numero di femminicidi, ancora drammaticamente alto; sono loro che dovranno porre le basi per una corretta suddivisione dei mestieri domestici e delle responsabilità genitoriali, così da non relegare la donna a semplici funzioni di cura. E molti di quei giovani promettenti li avevo davanti a me.
Mi sono allora aggregata ai lavoratori e alle lavoratrici. Non l’ho fatto con l’amarezza di chi non accetta, a 25 anni, di essere ormai adulto. L’ho fatto con consapevolezza e ragione. Oggi so di poter lottare concretamente e con senso pratico per il raggiungimento di una parità salariale; per l’abbattimento dei soffitti di cristallo contro cui ancora troppe donne devono scontrarsi pur di arrivare in cima; e quand’anche si arrivi in cima, per evitare che questo accada solo in momenti di crisi, perché in fondo non siamo né ancore di salvezza né madri, in ufficio. Oggi posso lottare, con sana rabbia, perché una mia coetanea non venga discriminata se già in attesa di un figlio o qualora riveli una sacrosanta voglia di maternità. Posso però anche lottare perché una donna si veda riconosciuto il diritto a non diventare madre per forza, per dedicare più tempo alla carriera o alla crescita personale. E se questo vuol dire – in una difficile fase della propria vita – porre fine ad una gravidanza entro le 12 settimane stabilite dalla Legge 194, mi unisco alla lotta di tutte le donne affinché non debbano sentirsi dire che “qui non si effettuano interruzioni volontarie di gravidanza”, perché la legge va applicata e non ci sono più scuse per non farlo. Neanche le ragioni etiche possono più giustificare un tale livello di inerzia.
e che mi vede profondamente d’accordo. Oggi ne abbiamo dato un assaggio, ma il nostro obiettivo non è fermare il mondo. L’obiettivo è renderlo dinamico, moderno e produttivo, e per farlo devono esserci garantiti strumenti idonei e non limitanti.
C’è quindi un’unica certezza: ogni donna sarà pronta a scioperare ancora, qualora questa richiesta rimanga disattesa.
Non una di meno: il corteo milanese
Eravamo in tante, ieri mattina, al corteo in occasione dell’8 Marzo. Il raduno si è svolto in Largo Cairoli alle 9:30 circa, e da lì l’intero gruppo si è spostato lungo alcune delle vie più significative del centro per arrivare alla sede istituzionale della Regione Lombardia verso le 13, dove ad attenderci c’era già un presidio di manifestanti contro l’obiezione di coscienza. Oltre alle diverse sigle sindacali, è stata forte la presenza di associazioni attive sul territorio, come la Casa delle Donne Maltrattate e il gruppo Franti, oltre al Movimento Femminista Mfpr intervenuto a sostegno degli studenti e a gruppi di attivismo politico vicini alla causa femminile. Il tutto si è svolto in modo sereno, cantando, danzando e toccando i temi forti che hanno indotto lo sciopero: la tutela della legge 194, l’assenza di un welfare vicino alle donne madri e non, la precarietà del lavoro e la disparità salariale, la violenza sulle donne e l’inefficacia degli strumenti oggi disponibili per contrastarla.