Non ho potuto ottenere quello che volevo vedere attraverso l ‘accostarmi e il riprodurre, così sono andata a monte del problema. Ho iniziato a studiare quadrati, rettangoli, triangoli e le sensazioni che danno origine a ( l’ atto creativo…)… Non è vero che il mio lavoro dipende da qualche impulso letterario o ha qualche intenzione illustrativa. I segni sulla tela sono agenti monomandatari ed essenziali in una serie di relazioni che costituiscono la struttura del dipinto. “ (Bridget Riley)
Perche’ Bridget Riley è stata così importante nel panorama artistico degli anni ’60 ,qual’è il suo rapporto con l’ Arte digitale?
Ecco un sunto della sua storia.
Dobbiamo inquadrare il momento ” magico” in cui tutto stava confluendo, da varie direzioni , per sfociare in un punto di convergenza che raccoglieva evoluzioni artistiche provenienti da un lontano temporale ed anche spaziale: passando dal divisionismo ( Seurat- Francia) e dal futurismo ( Boccioni, Italia) nella pittura , per arrivare alle ricerche ottiche con l’ oscilloscopio e gli ” Oscillons” del matematico Ben Laposky.
Questo e’ il retaggio dell’ Optical-Art ( o Op-Art ) ha avuto in Bridget Riley la sua pioniera britannica di piu’ grande spessore. Bridget nasce a Londra nel 1931 in una famiglia di stampatori da generazioni. Nel 1939, a causa della II guerra mondiale, il padre fu richiamato sotto le armi e la famiglia si trasferì in Cornovaglia per motivi di sicurezza . Quel periodo fu per la Riley una fonte di formazione alla fantasia e alla liberta’, come lei stessa ebbe modo di dichiarare piu’ volte in seguito.Trascorreva molto tempo sulle spiagge di Padstow, il luogo dove vivevano, e qui per ore e ore fermava, nella sua memoria, la luce, le nuvole , le variazioni e i moti degli elementi attorno a lei.Tutto questo fu la base della sua ” consapevolezza visiva” , come ha sempre dichiarato.
Il disegno era gia’ il centro della sua vita. Rientrata a Londra con la famiglia, tra il ’46 e il ’49 studio’ presso il Cheltenam Ladies College, poi presso il Goldsmiths College tra il ’49 e il 52, infine presso il Royal College of Art tra il ’52 e il ’55.
Questo periodo caratterizzò i suoi approcci con il disegno in bianco e nero dove il chiaro e lo scuro danno volume e dimensionano i soggetti disegnati o dipinti. Uno studio approfondito , condotto in modo molto personale, poiche’ non era soddisfatta degli insegnamenti nei College , cui provava a sopperire ricercando le emozioni della luce e il suo rapporto con lo spazio e con la fluidita’ della luce stessa.
Al termine del corso di studi al Royal College, nel ’55, tornò a Lincolnshire per occuparsi del padre, ferito gravemente in un incidente stradale. Il periodo fu molto difficile e stressante per lei, tanto che ne ebbe un esaurimento anche fisico e dovette ricoverarsi ,nonostante 3 mesi passati in Cornovaglia nel tentativo di riprendersi.Dopo il ricovero trovò anche un lavoro presso un antiquariato di vetri. In questo disastrato ’56, ebbe però modo di vedere alla Tate Gallery, a Londra, una mostra che per la prima volta in Inghilterra, mostrava pittori americani astratto- espressionisti.Questo fu molto formativo per lei.Tra il ’57 e il ’58 insegnò Arte in un collegio femminile ad Harrow, introducendo i concetti delle sequenze di forma, linea e gruppi di colore, sperando di aiutare le studentesse a recuperare i loro impulsi creativi per evitare la mera copia dal vero.In questo periodo ricomincio’ a dipingere, con influenze evidenti di Matisse e Bonnard.
Nel 1958 iniziò a lavorare come grafico in una agenzia pubblicitaria. Nello stesso anno vide una mostra dal titolo ” Processo di sviluppo” di H. Thubron, che insegnava alla Leeds School of Art, il quale cercava di documentare nuove idee e come in America e nel resto d’ Europa si lavorasse in quel momento, come andava evolvendo la pittura moderna rispetto al Regno Unito, introducendo concetti di ” Forma organica, colore, forme in progressione e indagine spaziale” .
Bridget Riley ne rimase affascinata al punto da lasciare il lavoro di grafica, accettare la cattedra al Loughborough College of Art, frequentando la scuola estiva di Thubron a Norfolk. Qui incontrò
l’ assistente di questi, Maurice de Sausmarez, che tanto influenzò la sua ricerca da quel momento in poi.
Difatti nell’ estate del ’60 la Riley , insieme al Sausmarez, si recò in Italia, visitando gallerie e dipingendo. Rimase fortemente colpita dagli edifici romanici a Ravenna e quelli a fasce bianche e nere a Pisa. Anche i quadri futuristi di Boccioni e Balla furono per lei fondamentali. Dipinse in quel periodo un quadro molto ispirato al divisionismo di Seurat, del quale Sausmarez le aveva caldeggiato lo studio.
Rientrata a Londra si divise tra un part-time fino al ’61 all’ Hornsey College of Art diretto dallo stesso Sausmarez, e dal ’61 al ’64 presso il Croydon School of Art, riprendendo a lavorare come grafica part-time fino al ’64.
Nel ’61 a Hornsay esegue i suoi primi lavori Op – Art, utilizzando linee sinuose e pulite e forme geometriche basali,
triangoli, quadrati e ovali.Anche se aveva studiato molte aree della percezione, il suo lavoro, con la sua enfasi sugli effetti ottici non era stato destinato ad essere fine a se’ stesso. Era nato in modo istintivo, e non basato su alcuna teoria, ma la artista era certamente guidata da ciò che i suoi stessi occhi le facevano vedere e percepire.
Mentre lavora a Croydon , crea il primo lavoro che le varra’ entro l’anno il riconoscimento della critica. Nel’62 tiene a Londra la sua prima importantissima personale
Nel 1963 vince un premio nella sezione aperta della mostra di Liverpool e il Premio della Critica AICA a Londra. Seguìto da un invito a partecipare alla prestigiosa mostra “New Generation” presso la Whitechapel Gallery a fianco di Allen Jones e David Hockney.
Fu dunque tra il ‘ 60 e il 65 che il termine ‘Op-Art’ , contrazione del piu’ lungo ” Optical – Art ” è entrato nella coscienza collettiva artistica. La Op-Art cattura l’immaginazione del pubblico e entra a far parte dei “swinging sixties”. Le industrie della moda, del design e pubblicitarie si innamorano della sua grafica -segno, come modello di valore decorativo .La Op-Art era fresca, innovativa e Bridget Riley divenne in Gran Bretagna il numero uno delle celebrità artistiche.
La base del movimento Op-Art era una forma di astrazione geometrica, un modo transpersonale ovviamente non legato al mondo oggettivo- visivo, di rendere una sintesi percettivo-creativa. La Riley ebbe modo di dire di non essere riuscita ad ottenere quello che voleva vedere, e mostrare, direttamente attraverso le cose che le erano di fronte, oggetti definiti e riconoscibili, ricreandoli, quindi aveva deciso di spostare la sua attenzione verso quel che sta prima delle forme stesse, vale a dire la loro percezione, la percezione immediata e intuitiva, della loro forma, del loro rapporto spaziale, della loro essenza.Iniziò quindi a studiare quadrati, rettangoli, triangoli in quanto forme pure e le sensazioni che esse portano con sè, sia per loro essenza , sia nel ricrearle, scaturendone in modo naturale. Ecco perche’ la Riley ricusa le opinioni di alcuni critici che vedevano nel suo lavoro un qualche genere di impulso primario di tipo letterario, cioé narrativo, descrittivo, come anche una qualsivoglia intenzione illustrativa. I segni che lei dipinge sulla tela sono , letteralmente,agenti autonomi, monomandatari , per cui non rispondono che a sè stessi,e quindi perfettamente capaci di intessere in modo assolutamente autonomo, rapporti, tra linee e forme , totalmente pregni di sè, e percio’ essenziali, in una serie di relazioni, di confronti, di linee o di forme, anche speculari, o liquidi, o di campiture, o di colori, o di luci, che costituiscano la struttura intrinseca del dipinto.
D. Calfapietro
BIBLIOGRAFIA
Enciclopedia Treccani- biografia Bridget Riley
WEBLIOGRAFIA
– Op-Art.co.uk Bridget Riley
–www.guggenheim-venice.it biografia