Agli anni ‘ 70 era il compito, non scontato, di sviluppare tutta la sperimentazione degli anni ’60, dare un nuovo senso e implementare l’ orizzonte.
Non e’ semplice definire l’ arte digitale degli anni ‘ 70. Molto era sostanzialmente gia’ stato scoperto negli anni ’60, molta avanguardia americana e inglese aveva sperimentato e prodotto immagini nuove e nuovi significati: agli anni ‘ 70 era il compito, non scontato, di sviluppare tutta quella sperimentazione, dare un nuovo senso e implementare l’ orizzonte. Obiettivo certamente centrato grazie ai tanti artisti che ci si sono cimentati.
A questo avevano dato un contributo verso la fine degli anni ’60, le ricerche di STEINA e Woody Vasulka, le registrazioni di Gerry Schum, le videoperformance e le installazioni di Bruce Nauman, e le mostre come Cybernetic Serendipity.
Le prime esperienze del trattamento delle immagini elettroniche risalgono a Nam June Paik, che fin dal 1963 genera all’interno del dispositivo televisivo un magmatico flusso di forme e suoni, musicista e videoartista coreano (Seul, 1932 – Miami 2006)
Sviluppò idee e ricerche nell’ambito avanguardistico del Gruppo Fluxus, diventò uno dei principali esponenti della video art, ricercando sempre nuovi mezzi espressivi (videotape, videosintetizzatori a colori, ecc.) per le sue complesse ambientazioni che combinavano performances di musica elettronica a videoinstallazioni o a meccanismi cibernetici, collegandosi in qualche modo agli esperimenti di Laposky.
Questo nuovo linguaggio non-linguaggio permette di associare questa nuova estetica sperimentale a un cinema dei pittori, dove il mezzo televisivo non è più soltanto un “comunicatore di mediazione” ma si sposta in quel mondo artistico dove vivevano e ancora vivono la pittura, la scultura e l’installazione.
Tra gli esempi più importanti in questo campo che hanno fatto luce, per la prima volta nella storia, sul rapporto arte e TV, risalgono a metà degli anni ’60 (più precisamente nell’anno 1963) l’installazione Exposition of Music: Electronic Television del coreano Nam June Paik (alla Galerie Parnass, Wuppertal 11-20 marzo 1963): il lavoro di Nam June Paik è rappresentato da un’installazione costituita da undici monitor accesi, dove venivano trasmesse immagini distorte e manipolate, provenienti da frammenti di programmi televisivi difficilmente riconoscibili per via dei cortocircuiti.La stessa opera poteva interagire col pubblico tramite un pedale il quale, premendolo, si poteva generare dei disturbi visuali (overdrive) per cui l’immagine esplodeva in svariati punti luce.Nel 1965 inaugura l’uso creativo della registrazione con la prima telecamera portatile.
Tuttavia, é utile e fondamentale approfondire la storia artistica dei coniugi Vasulka, così fortemente intrecciata alla ricerca artistica di questo momento storico.
Nel 1965 dalla Cecoslovacchia STEINA, violinista, e Woody Vasulka, diplomato dall’ Accademia di Arti e Spettacolo di Praga, si trasferiscono a New York dove vi approdano negli stessi anni di Paik e lì, al Greenwich Village, scoprono le possibilità estetiche del video, con la consapevolezza di avere tra le mani una ” materia primigenia” e tutta la voglia di scoprirne le infinite possibilità. Dal 1969 sperimentano tutto quello che riguarda il video, affiancando a questo una notevole attività di insegnamento in alcune università americane, e fondando il laboratorio The Kitchen (1971), uno spazio aperto alle loro ricerche video ma non solo. Accusati sino alla metà degli anni settanta dalla critica di trascurare gli aspetti sociali del nuovo medium, i Vasulka concentrano la loro ininterrotta ricerca sui processi di elaborazione di immagini e suoni con i media elettronici e informatici e apparecchi tecnici sofisticati. Le loro opere, spesso in collaborazione, riflettono l’esigenza di un controllo del rapporto arte e tecnologia, e sono accompagnate dall’invenzione di nuovi dispositivi e strumenti per la messa in pratica della loro poetica (dal sistema MIDI alle “machine vision” agli “ibridi autonomi” alle “tavole interattive”). Studiano la luce elettronica e il tempo dell’istante, il “punto di vista delle macchine” e l’importanza espressiva del “feedback” elettronico; e tra il 1972 e il 1976 creano la tecnica del “morphing“. La loro più affascinante intuizione è stata – intorno al 1970 – quella di rendere esteticamente produttivo il fenomeno elettronico dei salti di frequenza e delle distorsioni visivo – sonore ad essi collegati: ovvero, una stessa frequenza elettromagnetica, se commutata in un modo origina un suono, se commutata in un altro origina un’immagine, e se adeguatamente distorta rende visibile la linea di confine che i nostri sensi percepiscono tra suono e immagine, costituendo insieme audio-visivi per la prima volta nella storia del cinema effettivamente unitari. Il contributo che essi hanno dato alla videoarte è notevole. Hanno appunto costruito nuovi modelli di comunicazione video con un’esplorazione sottile del rapporto spazio-tempo che il segnale elettronico stabilisce. Per ottenere questi risultati hanno potuto valersi di quella cultura metaindustriale che caratterizza la ricerca avanzata negli Stati Uniti. “Ho scoperto che negli Stati Uniti esiste una cultura industriale alternativa, che s’affida alla genialità individuale, quasi come nell’arte. Gli inventori-programmatori in elettronica hanno saputo difendere la loro indipendenza all’interno del sistema. Divenuti artisti a pieno titolo, essi utilizzano gli utensili elettronici che hanno creato. ” Ha detto Woody Vasulka. In collaborazione con alcuni ingegneri informatici, i coniugi Vasulka realizzano strumenti che sono i caposaldi del digitale, nel 1972-73: il Digital Video Effecter e nel 1976, con Jeffrey Scheir, il Digital Image Articulator o Imager, uno strumento videodigitale di elaborazione delle immagini in tempo reale capace di un molteplicità di differenti processi, tra simultaneità, sequenza, passaggi e spostamenti. Lavori emblematici di questo tipo di ricerche sulla metamorfosi videonumerica sono diverse serie di immagini, quali le trasformazioni sinusoidali di Hybrid Hand Studies di Woody Vasulka (1973), risultato di un sistema che ibrida analogico e digitale, e la serie di affascinanti elaborazioni di Organizational Models of the Electronic Image (1975-76).
The computer and the Arts (1968), proponeva “Tv as a Creative Medium” (New York 1969), dedicata alla videoarte, definendo l’idea di un’ Arte che non deve imitare la realtà, né fermarla in un’istantanea, né provvedere a una sua “correzione” o lettura introspettiva, ma si impossessa del mezzo stesso per descrivere una nuova realta’ semanticamente collegata al recentepassato di ricerca e al presente sperimentale, alla ricerca tecnologica e visivamente aperta a nuove soluzioni. La neonata Arte Elettronica, cerca risultati attraverso la semplice deformazione delle immagini, il superamento dell’idea del tempo legato allo spazio ed all’oggetto.
Il linguaggio nuovo e affascinante stringe un rapporto tra arte e tecnologia che supera l’idea della manualità e procedimenti tradizionali a favore di un fare mentale che implica un’interazione particolare tra artista e macchina.
L’arte elettronica o Videoarte nasce dunque fra gli anni 60 e 70 con l’avvento della tv e della videoregistrazione con tutte le sue tecnologie (videocamere, videoregistratori e stazioni di montaggio video) e con l’utilizzo di linguaggi audiovisivi per realizzare opere, videoinstallazioni, viedeoperformance e videosculture.
Alle sue origine la tecnologia era analogica, con nastro magnetico e cassetta VHS come supporto, tecniche attualmente superate dal digitale con supporti quali Cd Rom, DVD e memorie Ram. La telecamera portatile ha dato il via alla lunga stagione del video d’artista, allargando i soggetti delle arti visive a tutto il mondo visibile, comprese le immagini stesse, con il mezzo televisivo, elaborabili secondo sensazioni e sentimenti dell’artista.
E’ questa, percio’ la fase sperimentativa e visiva che precede e,in questo momento storico, costituisce il prodromo dell’ arte digitale, quale si affaccera’ negli anni ‘ 80.
E’ il caso di sottolineare, in conclusione, che, la maggior parte delle elaborazioni scoperte dai coniugi Vasulka, tecnoartisti valentissimi, sono diventate parte integrante della base effettistica di qualsiasi buon mixer video professionale, e si ritrovano nei più sofisticati sistemi di montaggio digitali. I Vasulka hanno partecipato a numerose mostre, anche personali, e rassegne: di particolare importanza la partecipazione a Ars Electronica a Linz nel 1992.
BIBLIOGRAFIA
– EnciclopediaTreccani – Nam June Paik biografia
Webliografia
Per Vasulka:
-wikiartpedia.org
-Videoinstallazione. blogspot.it
– windoweb: Arte digitale