Vita da Au pair – l’ultimo intrigante libro di Claudia de Lillo.
Fare la Au pair spesso è una soluzione per chi desideri avere un’esperienza all’estero ma non voglia spendere molti soldi. Infatti sono sempre di più le ragazze, solitamente tra i 17 e i 26 anni, che sognano di viaggiare e conoscere nuove culture, lingue e tradizioni. O fare semplicemente nuove esperienze. Un tuffo in nuove realtà ci aiuta a conoscere anche altre culture non dal di fuori ma dal di dentro. Un’americana che viene in Italia come au pair è il tema del libro di Claudia de Lillo, alias Elasti, che racconta un punto di vista critico di vizi, virtù e stereotipi degli italiani della classe media. Il tutto in un libro epistolare che accompagna la descrizione delle sue giornate. ”A poco più di vent’anni, con un dolore da smaltire, Alice lascia gli Stati Uniti e parte per Milano a occhi chiusi, all’avventura: ragazza alla pari per sei mesi. Ovvero baby-sitter, autista, cuoca, confidente e orecchio assoluto per una famiglia da riformare. Una madre in carriera, un padre piacione, un’adolescente pestifera, un ragazzino eccentrico, un piccolo alieno e una governante dispotica. “Sei qui per darci una mano con i ragazzi ma, soprattutto, per dare stabilità e tranquillità alla nostra famiglia”, le hanno spiegato. Ecco che Alice, una mail dopo l’altra – scrivendo al fratello, alla nonna, agli amici lasciati dall’altra parte dell’oceano -, compone un involontario e divertentissimo romanzo epistolare a senso unico. A colpi di battute e di rimpianti, di sorrisi e di rimproveri, la protagonista di “Alla pari” conoscerà se stessa e troverà la propria famiglia, anzi due: quella da cui viene e quella in cui si è imbattuta. E mentre il suo sguardo cambierà il mondo intorno, il mondo cambierà lei. Perché il caos, l’amore e persino i pidocchi hanno un lato davvero imprevedibile.” Già intervistata da dol’s per l’altro suo libro di temi e contenuti diversi, abbiamo voluto reincontrarla dopo aver letto il suo accattivante ”Alla Pari”.
§Perchè hai scritto questo libro Claudia? Molto diverso dal precedente e dalla tua scrittura consueta…Hai mai fatto la ragazza alla Pari di cui parli nel libro Ho voluto cambiare quella che è la mia cifra, cioè il racconto autobiografico. E per farlo ho deciso di procedere per piccoli passi, passare al romanzo ma parlando di ciò che conosco, la famiglia, ma ho voluto farlo con lo sguardo ”altro” di chi la vede da fuori ed allora sono ricorsa ad una figura che credo di conoscere bene perché da cinque anni abbiamo sempre avuto delle ragazze alla pari americane e mi sono innamorata del loro sguardo con la freschezza da ventenni che scoprono il mondo. Ho poca dimestichezza con questa età perché ho figli piccoli e trovo che la loro esperienza coniugata alla gioisità dell’età mi conquisti.
Avete sempre avuto ragazze americane? Sì e quasi sempre dal New England. Quindi le italiane viste dal punto di vista di un’americana? Sì, le giovanissime americane hanno l’ abitudine al gap year appena finiscono il college. E’ spesso un’esperienza semilavorativa che serve loro a capire cosa vogliono fare nella vita. E poi tornare a casa con le idee più chiare, come si racconta anche nel libro.
Uno shock cultuale per le giovani americane? Da noi si vedono molti film che parlano della vita negli U.S.A. Spesso ne abbiamo mutuati i costumi e quindi quando andiamo oltreoceno non siamo così impressionati delle differene esistenti quanto loro che invece spesso conoscono poco l’Europa ed hanno spesso delle immagini stereotipate dell”Italia. Quindi per molte cose per loro è davvero uno shock culturale…cominciando dall’alimentazione. Non capiscono per esempio perchè non mescoliamo i sapori nei cibi, come spesso invece fanno loro. Perchè per esempio noi non mettiamo il pesto nei panini? Ecco da questo punto di vista ci considerano molto primitivi. O il caffè che beviamo in un sorso mentre loro sono abituati ai beveroni che durano tutto il pranzo o la serata o l’incontro con un’amica. Trovano la ”tazzurella” di caffè poco socializzante. O il fatto che noi quando parliamo urliamo anche quando discorriamo tra amici tranquillamente.
Tu dai un’immagine di una famiglia borghese italiana. Io però non mi sono trovata in molte delle lettere che scrive Alice alla nonna.. Sì, non ho voluto raccontare una famiglia tipo italiana, ma l’implosione di questa in cui la madre in carriera è quasi sempre assente ed il padre è un personaggio mite ma che rifiuta le responsabilità. I figli sono il risultato di questa situazione famigliare che la au pair si trova a vivere e ad affrontare. E’ come se fosse l’iperbole di una madre in carriera, fredda ed un padre che invece è il corto circuito dei padri contemporanei, tanto carini ma che rifiutano le responsabilità. Il padre Ranieri è infatti un tipo un po’ fumoso.
Perché hai inserito il tema del mancato o rinunciato aborto? Perchè anche questo testimonia il fatto che il padre Ranieri vuole avere tutto sotto controllo e la rinuncia di Vittoria ad abortire è invece un modo di sfuggire da questa gabbia.
Prima di pubblicarlo questo libro lo hai fatto leggere alla tua famiglia? No, l’ho fatto leggere a mia cognata ed ad alcune fidate amiche. Mio marito lo ha letto dopo. E cosa ha detto? E’ stato ipercritico come al solito e di poche parole. Ha detto ‘non è ‘il mio genere’ e ‘poi tu scrivi di solito bene’.
Pensi di scrivere un altro libro prossimamente?
Probabilmente sì. Mi piace scrivere è un mio modo d’essere anche se in Italia non si vive di libri, ma credo lo farò.