L’arte diventa negli anni ’80, tecnologica , innovativa e interattiva, riproducibile, rielabora la realta’ per riproporne subito un’altra, non sempre rispondente alle idee e agli intenti dell’ artista.
Forse non si sbaglia a considerare come patria degli effetti speciali fantascientifici nelle produzioni televisive proprio l’ Inghilterra: la televisione Inglese, passando da ” Doctor Who” che inizia negli anni ‘ 60, e prosegue nei decenni seguenti, sforna telefilm ad episodi, visti in tutto il mondo, come “UFO” , del ‘ 69, “Spazio 1999” del ’75 , Zaffiro e Acciaio, dell ’79. Nella seconda meta’ degli anni ‘ 70 il cinema invece rompe gli schemi con l’ americano “Incontri ravvicinati del terzo tipo” (1977) , e prosegue con ” Star Wars” del 1977 e ” Star Trek” del ’79; interventi storici , nel digitale , caratterizzati da forti investimenti , sono stati dunque i film di fantascienza, quasi tutti, comunque, prodotti negli States . E in questo vi e’ la coerenza prosecutiva della sperimentazione eseguita dai pionieri, gli artisti del digitale. Ma all’ inizio degli anni ’80 arriva nelle sale cinematografiche il film di animazione digitale ” Tron” (1982 ), della Disney, il primo a fare un uso notevole di tecnologie digitali in 3D, che ne surclassa gli apporti. Il film sviluppa nella sua trama il rapporto tra la realta’ e la dimensione virtuale. Per fare questo, oltre 200 le scene riprese in live action, e combinate in post- produzione con sfondi realizzati in computer grafica.Su 105 minuti di film, ben 15 minuti sono completamente prodotti in computer grafica. Dopo, e’ un fiume che ingrossa le sue acque di nuovi e piu’ spettacolari effetti ad ogni nuova uscita. Blade runner ( 1982), E.T. ( 1982), Ghost buster ( 1984 ),Terminator ( 1984), Highlander ( 1986), Predator (1987) , Total recall (1990),sono solo alcuni tra i molti film.
Questi possono considerarsi ottimi paradigmi di un genere che porta insieme alle connotazioni di carattere innovativo e tecnologico per le produzioni sempre piu’ ardite grazie al digitale, una pregnante istanza di riflessione per i temi trattati, spesso rasenti la filosofia, l’ etica. Questo e’ il periodo, soprattutto dalla seconda meta’ degli anni ‘ 80, in cui , nati i video giochi, la grafica e i temi sono la replica dei film cui si riferiscono. Così, se da un lato vi e’ un aumento della ” prestazione Artistica”” di un film , grazie al digitale, vi e’ una maggiore mercificazione dello stesso, in un sequel di oggetti che mistificano l’ intento artistico, riducendolo ad un mero paravento emozionale, atto alla raccolta di denaro,in cambio di brandelli di arte, ormai contraffatta e tradita, o replicata in modo seriale ed industriale, produttiva ma ormai vuota. Si e’ spinti a dire ( con un occhio all’ Inghilterra e alle esperienze video psichedeliche anni ’70 delle performance di cantanti come David Bowie) che e’ negli States e sempre negli anni ‘ 80, che nasce l’ Arte digitale , un interesse anche pratico degli artisti per il mezzo , che permette una nuova interazione con la realta’ e viene molto sperimentato sotto questo aspetto .
Nascono gruppi di artisti che lavorano insieme e sperimentano. Un esempio di ciò e’ l’ artista Amy Franceschini, Guggenheim Fellowship per le Arti Creative, artista californiana,che lavora , giovanissima, gia’ dagli anni ‘ 80 e si cimenta nella net art , la video art e il web design, e in moltissimi altri aspetti artistici, tanto che fonda il gruppo Futurfarmers, in cui mette insieme artisti multidisciplinari come lei, per trovare soluzioni tra la tecnologia e la natura.Ha insegnato alla Stanford University e alla San Francisco Art Institute.Ha ricevuto premi e riconoscimenti prestigiosi, fra cui il SECA Art Awards del San Francisco Museum of Modern Art.
E’ dunque evidente che negli anni ’80 la parte del leone e’ quasi tutta della video art, la quale sembra essere la più adatta a rielaborare la realtà e a proporne immediatamente un’ altra, che si impossessi delle idee dell’ artista e ne dia un senso differente, ripetibile, quasi estraneo allo stesso artista. Emergono nuove funzioni nella semantica dell’ arte e crollano concetti assiomatici: l’ arte ( e l’ artista) era qualcosa da guardare da lontano e con rispetto sacrale, ora diventa di tutti, modificabile, democratica. Il fruitore guarda, interagisce, quando non e’ addirittura invitato o messo nella condizione, di essere parte del processo creativo e dell’ opera, che diventa ” Azione” altamente performante e appunto interattiva. Questo e’ lo scopo del processo creativo performativo. Il fruitore può vivere una esperienza psicosensoriale personale, di interazione e confronto con l’ opera dell’ artista, la quale offre tanti aspetti e tante possibilità di espressione quanto sono i fruitori stessi. L’ opera dunque può diventare un sistema di interazione libera, non mercificabile. Nel connubio tra arte e tecnica , la fruizione artistica diviene ampia e generalizzata, grazie ai supporti tecnologici , talvolta anche irripetibile, eppure registrabile e riproponibile in qualche maniera. Questo e’ il nuovo aspetto dell’ Arte Tecnologica interattiva. L’arte stessa diviene aperta e corrisponde ad un ” processo in divenire” e l’ opera è un ” non luogo” o un “non momento” che non ha dunque un vero termine. E la paternità dell’ opera diviene un momento a piu’ mani: il creatore dell’ idea, il programmatore ,il fruitore, convergono in un evento che ha il connotato e le coordinate dell’ arte collettiva, animata e nata dall’ impulso vitale degli individui che l’ hanno resa possibile L’arte diviene quindi un processo e un evento, performativo. “L’arte attraverso il digitale si fa riproducibile e l’identità dell’artista viene frammentata negli infiniti cloni della sua creazione artistica generati dalla fruizione diretta. ” Grazie al digitale le opere toccano una concretezza traduttiva e portano efficacemente avanti le istanze di opposizione e feticizzazione del movinento punk e del cyber punk, di struttura squisitamente inglese, che sottolineavano la ” cosizzazione” del ” sistema culturale”, attraverso le autoproduzioni. A questo e’ riconducibile il mood delle pratiche ” plagiariste” di derivazione situazionista degli anni ‘ 80, che sfociarono nel ” Festival del Plagiarismo” che ebbe luogo a Glasgow, dal 4 all’11 Agosto dell’ 89. La tesi portata era di radicale critica verso l’ artista e l’ arte quali percepiti storicamente. Si voleva invece dimostrare che l’ artista non e’ un genio unico, come indicato da idee di derivazione romantica , o diremmo meglio, preromantica, poiche’ una tal posizione viene stigmatizzata nelle tesi plagiariste come inadeguata al testimoniare la realtà contemporanea. La manifestazione di Glasgow indicava invece, rispetto all’idea e alla visione dell’ arte storicizzata, una contrapposta idea “di leggere nella pratica plagiarista, nella clonazione e nel deturpamento del senso l’unica valida alternativa”, sostenendo quindi che l’ Arte deve essere sempre riproducibile. A esemplificazione di ciò, veniva anche citata la pratica utilizzata da oltre 100 artisti di tutto il mondo, di firmare con un unico nome, ” Karen Elliot” , i propri lavori.
WEBLIOGRAFIA
– Storia dell’ animazione digitale
www.xlab.it
-wwwArtes Mundi.org
Amy Franceschini/ Futurfarmers
– strano.net
Pratiche reali per corpi virtuali: l’ artista e il digitale