Anche se alcune donne oggi rivestono ruoli di potere, nel mondo economico e nella politica, il cammino è ancora tanto da compiere.
Il Global Gender Gap Report del World Economic Forum, ha evidenziato ancora una volta come sia necessario rafforzare le politiche di riduzione del divario tra i generi in Italia perché «Le donne rappresentano la metà del potenziale talento di base di un paese».
La competitività di una nazione, a lungo termine, dipende in modo significativo da come la nazione educa e utilizza le sue donne. Lo stiamo dicendo a gran voce e da più parti, in tempi diversi e modalità diverse.
Viste in passato le ” reginette del focolare”, anche se continuano di fatto a sostenere un welfare che non c’è, o è scarso, non chiedono di essere «protette» o «assistite» o fatte oggetto di leggi speciali. Le attività a favore delle donne devono essere sdoganate dall’etichetta di genere e viste, interpretate nell’interesse dell’intero sistema economico, come priorità per la crescita e lo sviluppo sostenibile.
Ma «più donne al potere», cioè il Governo «rosa» che oggi abbiamo, ad esempio, e che riconosce il merito e l’importanza della figura femminile ai posti di comando nazionali, significa che non è più necessario intraprendere azioni positive a favore delle pari opportunità? No, affatto. Anche se alcune donne oggi rivestono ruoli di potere, nel mondo economico e nella politica, il cammino è ancora tanto da compiere.
Cosi come l’incremento significativo delle donne italiane ai «posti di comando», con l’applicazione della recente normativa sulle quote rosa nei Cda, evidenzia un buon miglioramento dei numeri ma mette al centro un problema fondamentale sul reclutamento delle stesse, sulla provenienza politica, sociale ed anche territoriale.
Serve pensare non solo alle donne già formate e capaci di poter ambire a ruoli di livello, ma alle necessità delle donne “normali”, incentivare l’occupazione, garantire stabilità del proprio posto di lavoro, spesso minata da ricatti ( vedi dimissioni in bianco, debellate) ed una giusta remunerazione, che sappiamo essere diversa dall’uomo, e sostenere il credito d’impresa. E quindi occorre pensare che dalle Pari Opportunità si debba passare alla Capacitazione, alla concreta traduzione del pensiero collettivo delle donne in azioni efficaci verso le donne che vivono nel mondo reale, verso donne e ragazze «normali» che vivono un loro quotidiano, che aspirano ad un lavoro, ad una propria autonomia, ad un nuovo mondo possibile.
Girando per l’Italia possiamo verificare le loro risposte alla crisi con il loro impegno, e sono rassicuranti per il futuro dell’Italia.
Le donne, oggi, sono più forti, credono sempre più in se stesse, hanno una visione concreta del loro domani e si impegnano a realizzarlo mettendo insieme le forze. Si riconosce questo a noi donne : «capacità di resistenza ma anche di innovazione, di adattamento difensivo e persino di rilancio e cambiamento».
Nonostante la crisi, le opportunità ci sono, soprattutto in settori come il turismo, il cibo e la ristorazione, la nuova agricoltura, l’accoglienza, la cultura, i servizi alla persona: per il nostro Paese questi settori sono veri e propri giacimenti di ricchezza.
I dati ci dicono che le donne, probabilmente, lo hanno capito e si stanno dando da fare.
L’imprenditoria femminile ad esempio contribuisce in maniera significativa al Pil italiano costituendo una risposta importante alla crisi, grazie anche al contributo di competenze e stili imprenditoriali spesso differenti. Secondo l’ultimo rapporto sull’imprenditoria femminile dell’Osservatorio Unioncamere, anche nel 2016 si è mantenuta vivace la crescita delle nuove aziende al femminile, superiore alla media nazionale. In Italia, circa un’impresa su quattro è donna, in tempo di crisi le donne stanno rispondendo con la creazione di nuove imprese alla mancanza di lavoro. Si mettono in gioco, senza paura.
Il loro potenziale imprenditoriale è un motore di crescita economica e occupazionale molto poco sfruttato, perchè è di circa il 34 % dei lavoratori autonomi in Europa. E questo indica come sia necessario un maggiore incoraggiamento per diventare imprenditrici.
Occorre favorire, quindi, la nascita di nuove imprese femminili attraverso il sostegno, la valorizzazione e l’individuazione delle capacità e potenzialità imprenditoriali dei soggetti con maggiore rischio occupazionale e di esclusione dal mercato del lavoro, favorendone il consolidamento e radicamento sui diversi territori.
E quindi cosa potrebbe davvero fare la politica? Fondamentale è il ruolo delle pubbliche amministrazioni nelle politiche di gender mainstreaming, nell’incoraggiare, supportare e accompagnare le donne nella ricerca attiva del lavoro e favorire i processi di creazione di impresa e di start up. Solo stimolando approcci innovativi nell’organizzazione del lavoro aziendale compatibili con le responsabilità familiari sarà possibile raggiungere il tasso di occupazione previsto dagli obiettivi dell’Ue per il 2020.
Sarà pertanto necessario pensare ad azioni mirate per promuovere uno sviluppo intelligente che favorisca una crescita economica sostenibile, secondo i principi di equità ed eguaglianza nell’accesso alle risorse e rispettando le generazioni future, i diritti umani, l’ambiente e la sovranità territoriale. Non è femminismo, è il diritto alla non discriminazione, il diritto ad avere gli stessi identici canali e valorizzazioni, rispetto al maschio. E’ il dovere, da parte del mondo politico, di un nuovo impulso che metta al centro l’energia femminile, come leva di cambiamento e motore economico e sociale. La stagione di riforme avviata ha messo in moto e con chiarezza gli aspetti sui quali è urgente e necessario intervenire. Molto è cambiato, possiamo dirlo, se si guarda alla parità di genere nella rappresentanza. Le assemblee parlamentari si sono allineate ai parametri europei, le leggi elettorali, regionali e nazionali, sono orientate al rispetto della democrazia paritaria, anche se non ovunque.
La Toscana funge da esempio, la prima a dare pari rappresentanza di genere. Occorre superare il concetto di ” quote”, del tutto inadeguato rispetto all’avanzata complessiva della cittadinanza femminile. La presenza delle donne nel luogo ” dove si decide” è l’esito di un processo lungo, riformista e moderno, che supera gli assetti arcaici che impediscono le vie della crescita. L’Europa insegna: i paesi che hanno trasformato il welfare lo hanno fatto dietro l’ingresso delle donne nelle assemblee elettive. Perché la loro presenza ha permesso di ridefinire l’agenda politica nazionale, liberando gli ostacoli che impedivano l’accesso pieno e di diritto, delle donne alla vita pubblica. Da qui la risultanza : Più donne. Che lavorano, più natalità. Sembra un assurdità, ma è così.
E noi donne, sulle trasformazioni collettive di lungo periodo, lanciamo la sfida e la vinceremo.