Parlare in pubblico è un po’ come avere una relazione con un altro individuo.
Non so voi, ma diverse volte nel corso della mia carriera mi è stato chiesto di parlare in pubblico e tutte le volte, ancora oggi, la prima reazione è sentirmi salire un nodo in gola.
Per quanto io sia una persona altamente comunicativa ed empatica, questa cosa del public speaking mi ha sempre messo un po’ a disagio.
La formalità della situazione fa pensare immediatamente a dover ‘vestire’ dei panni altrettanto ufficiali, di dover essere impeccabile e all’altezza della situazione, soprattutto se parli come portavoce di qualcun altro, se rappresenti la tua azienda.
Con gli anni la sempre maggiore consapevolezza di sé stessi, aver acquisito competenza ed esperienza nella materia per cui sei stato chiamato a tenere uno speech ovviamente aiuta a sentirsi più sicuri, ma sfido chiunque a non ammettere che prima di salire sul palco ci sono quei 5 secondi di ansia.
Anche perché parlare in pubblico è un po’ come avere una relazione con un altro individuo: tu sai chi sei tu, ma non sai chi è l’altro e soprattutto non è detto che piacciamo a tutti e quindi c’è sempre insita la paura di essere giudicati, criticati.
Ciò accade perché siamo soliti proiettare su di noi le aspettative del pubblico, ma la platea non siamo noi, è eterogenea e ha esigenze diverse dalle nostre. Ogni singolo ospite avrà avuto le sue motivazioni per decidere di ascoltarci e quindi ciascuno ‘prenderà’ da noi solo ciò che gli interessa.
Fondamentale in tal senso è sempre informasi preventivamente della tipologia di pubblico in modo che si possa tarare contenuti ed esposizione
E’ evidente che non si potrà mai soddisfare tutti, ma sicuramente possiamo creare le condizioni affinché tutti possano apprezzare la nostra professionalità, ma anche il nostro aspetto umano. Non siamo sul palco per dimostrare quanto siamo bravi, siamo lì per essere generosi e trasferire a chi ci ascolta parte del nostro vissuto. Per questo, come nella vita, servono sia cuore che cervello.
Altro punto cruciale è il come ci presentiamo al pubblico, il nostro aspetto. Non solo il contenuto, ma anche il contenitore.
Come dico sempre io, si deve armonizzare FORMA e SOSTANZA
Nel public speaking il linguaggio verbale conta solo il 7%, il paraverbale (il tono della voce, le pause e gli intercalari) pesa il 38% e il non verbale (quello del corpo) rappresenta il 55%.
Questo vuol dire che ancora una volta l’abito FA il monaco e quando pensiamo a quale dovrebbe essere il nostro outfit per l’occasione si deve prendere in considerazione tutta una serie di aspetti: il contesto in cui siamo stati invitati, il format dell’evento, la tipologia di pubblico, quando di svolge, dove si svolge, etc.
Anche in questo caso è sempre bene informarsi con gli organizzatori per evitare di aggiungere alla paura di parlare in pubblico anche il disagio di sentirsi fuori posto.
L’importante in queste circostanze è scegliere capi che solitamente ci fanno sentire nella propria comfort zone; paradossalmente può essere più rassicurante scegliere un abito già utilizzato che acquistarne un altro. Oppure, se proprio si vuole sfoggiare qualcosa di nuovo, suggerisco di indossarlo almeno una volta prima della data dell’evento per ‘prenderci le misure’.
Infine, scegliere sempre colori che ci appartengono, sia consoni alla nostra figura, con l’obiettivo di valorizzarla, sia vicini alla nostra emotività. I colori hanno energia, se ci trasferiscono quella positiva partiamo già con il piede giusto.
Per le donne i tacchi sono consigliati perché qualche centimetro in più può aiutare sentirsi più sicure
L’arte oratoria è senz’altro un talento, ma si può imparare a essere dei bravi relatori seguendo comunque alcuni suggerimenti che aiutano ad affrontare in modo più sereno il primo impatto con il pubblico.
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Allenarsi a parlare in pubblico
E’ importate superare la timidezza o la paura partendo dalle piccole occasioni.
Certamente se la nostra prima volta fosse davanti a un convegno di mille persone l’ansia della performance è al top. Iniziamo invece dalle situazioni più gestibili: una presentazione al proprio team di lavoro, partecipare a eventi come uditore e provare a esprimente le proprie opinioni durante la sessione finale di domande.
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Prepararsi accuratamente
Ciò non significa che si debba imparare a memoria l’intervento; anzi è l’ultima cosa da fare perché se ci blocchiamo per un qualsiasi motivo è facile che non si riesca a recuperare il filo del discorso!
Scrivere invece il discorso aiuta per comprendere come potete renderlo interessante e soprattutto attuale (facendo quindi anche delle ricerche sull’attualità del tema) e in linea con il pubblico che ci ascolta.
E’ sempre utile ripeterlo ad alta voce, un po’ come si faceva con gli esami universitari.
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Pensare positivo
Se ci condizioniamo mentalmente credendo di non essere all’altezza, partiamo già zoppi. Siamo soliti pensare in negativo davanti a queste situazioni. Bisogna invece credere nelle proprie capacità.
Se davanti al fossato pensi di caderci dentro è quasi certo che ci cadrai!
Non immaginiamo che andrà tutto male, che cadremo dallo scalino, che ci si felperà la lingua, che non riusciremo a far scorrere le slide, che il pubblico si addormenterà.
Pensiamo invece che saremo talmente brillanti da suscitare domande e interesse e anche un bell’applauso finale J
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Essere se stessi
La migliore strategia per conquistare il pubblico è essere autentici. Solo così possiamo essere credibili a autorevoli. La paura della NON approvazione può spingerci ad indossare una maschera, nei modi di esporre, nel modo con cui ci si veste.
Niente di più sbagliato.
Questa maschera crolla miseramente al primo intoppo e allora verrete fuori solo voi, senza filtri, e si metterà alla prova anche la capacità di improvvisazione.
Se capita di impappinarsi perché si è molto nervosi o di accorgersi di parlare troppo velocemente è meglio fermarsi, fare un bel respiro, bere un bicchiere d’acqua e, magari con una battuta che strappa un sorriso, dichiarare apertamente che le situazioni da platea non sono proprio la vostra condizione ideale.
Siamo essere umani prima di tutto e anche mostrare le proprie vulnerabilità è un modo per generare empatia.
Inutile sforzarsi di fare proprio un linguaggio che non ci appartiene. Sempre meglio utilizzare parole comprensibili dal pubblico perché anche in un workshop di addetti ai lavori potrebbe capitare una persona totalmente estranea al settore. Insomma parla come mangi!
5. Gestire il dialogo con il pubblico
Parlare in pubblico è bidirezionale, non unidirezionale.
Non stiamo parlando a noi stessi per godere della nostra voce, siamo in una situazione di dialogo quindi bisogna sempre avere attenzione nei confronti della platea. In questa conversazione bisogna curare alcuni aspetti:
- Guadare il pubblico, tutto. Non avere un solo punto fisso, ma spostare la visuale a zone anche per catturare lo sguardo del pubblico.
- Avere le mani in vista per comunicare sincerità e apertura. Se pensiamo di gesticolare troppo proviamo a controllarci, ma meglio essere sé stessi anche in questa forma di espressione che tenere le mani in tasca!
- Stabilire un legame empatico fin da subito, magari raccontando qualcosa di sé perché è nei primi 5 minuti che le persone si fanno una prima impressione su di noi.
- Tenere il ritmo e se ci accorgiamo che il pubblico è stanco improvvisare un twist che lo desti: una battuta, un episodio vissuto, una barzelletta.
- Accettare le critiche e non irrigidirsi; anche le critiche sono un’opportunità per esprimere il nostro pensiero.
Se vuoi migliorare le tue capacità di public speaking o sei invitato come relatore a un evento e non sai come vestirti, chiamami!
Potrò senz’altro aiutarti 🙂