Pasta, pane, pizza, biscotti, taralli e tanti altri derivati del grano sono oggi sempre più condizionati dalla scarsa qualità delle derrate agricole di provenienza estera che hanno ridimensionato enormemente la vocazione originaria dei territori di produzione italiana, considerati dei veri e propri giacimenti d’oro sotto il profilo salutistico.
di Donatella Caione, Editrice
Pensiamo al Tavoliere delle Puglie da sempre chiamato il Granaio d’Italia perché il suo clima mediterraneo, il vento e il sole bollente di giugno lo rendono il luogo ideale perché il grano possa maturare naturalmente asciugandosi bene prima della mietitura.
Dal grano duro si ottiene la semola, una particolare farina di consistenza quasi sabbiosa e dal tipico colore giallo, che è l’unico ingrediente necessario, insieme all’acqua, per ottenere la pasta.
Le orecchiette, i troccoli, i cicatielli sono le tipiche paste che da sempre le nostre nonne hanno preparato in casa con la semola di grano duro locale. Oggi però il prezzo del grano duro risente di una spietata concorrenza da parte di grani importati e il principale paese esportatore è il Canada. Con la globalizzazione il grano è ritenuto una commodity e come tale è soggetto a fenomeni speculativi. Ma ci sono i presupposti perché ciò sia vero? Le industrie preferiscono il grano estero nascondendosi dietro le sue elevate proprietà proteiche che in realtà permettono processi lavorativi della pasta più veloci ed economici a scapito però di una minore digeribilità e qualità organolettica del prodotto. Oltretutto l’eccesso di proteine causa intolleranze al glutine e gluten sensitivity al punto di spingere ad un sempre maggior uso ingiustificato di prodotti gluten free anche per i non celiaci. Le proteine alte nella pasta non rappresentano una qualità per chi la consuma ma solo per chi la trasforma.
Il nostro grano è meno proteico ed ha altri vantaggi. Esso sfugge alle malattie fungine o muffe a cui è soggetto il grano importato, coltivato in climi continentali favorevoli allo sviluppo di micotossine (DON) che rimangono nel chicco; inoltre in Canada le spighe non maturano naturalmente come da noi ma vengono disseccate chimicamente con un diserbante, il gliphosate, i cui residui, veicolati nella pianta attraverso la linfa, rimangono nel chicco. L’uso del gliphosate è di vitale importanza per l’agricoltura canadese poiché solo attraverso di esso si riesce a portare a maturazione il grano, tanto che spesso la raccolta è fatta su campi innevati.
Questi tre aspetti, proteine, DON e gliphosate, escludono che il grano possa essere ritenuto una commodity in quanto si tratta di prodotti diversi.
I residui di DON e gliphosate si ritrovano nelle paste prodotte miscelando i nostri grani sani con i grani canadesi contaminati e rappresentano un pericolo per la salute in quanto sono sostanze tossiche anche in piccole dosi e lo sono ancor più per bambine e bambini per via del loro peso più basso.
Ma perché allora se il grano canadese ha questi problemi viene importato da noi? Per una questione di prezzo poiché questo prodotto in Canada non può essere commercializzato secondo le norme lì in vigore, più restrittive delle europee, in quanto non ritenuto commestibile. Ciò permette che venga importato da noi a prezzi irrisori, causando fenomeni speculativi e l’attuale crisi del prezzo del grano.
Ma chi fa la spesa e consuma può fare la differenza. Diamo la preferenza ad una pasta sana, fatta con grano duro italiano. Non fidiamoci della dicitura Made in Italy su un pacco di pasta che indica solo che quella pasta è prodotta in Italia, ma non con materia prima italiana. La cerealicoltura italiana ha bisogno di essere sostenuta e chi consuma ha diritto a prodotti sani e di qualità. Scegliamo i piccoli marchi che indicano l’uso di solo grano italiano, scegliamo la pasta fatta con farina macinata a pietra, abituiamoci a valutare con il gusto, a scegliere la pasta che sentiamo essere più buona e più digeribile. Scopriamo che se la pasta in cottura si spezza un po’ è una cosa positiva, perché vuol dire che è più digeribile. Abituiamoci all’idea che per il prodotto più importante della nostra dieta dobbiamo spendere qualche centesimo in più a piatto. Comprendiamo che non è solo il condimento a rendere buono un piatto di pasta.
Per sostenere tutto ciò è nato il libro di Matilda Editrice Il forziere di Ada, di Luisa Staffieri in cui si racconta ai bambini e alle bambine la coltivazione del grano e, attraverso lo speciale rapporto tra nonna Ada e la nipote Bianca si aiuta a comprendere come sia importante e affascinante la coltivazione di questo prodotto, alla base della nostra alimentazione ma anche della nostra cultura.
http://www.matildaeditrice.it/libri/il-forziere-di-ada
Il libro sostiene Granosalus, un’associazione che mette insieme produttori e consumatori per dare voce ai produttori di grano duro e rassicurare i consumatori e che sta effettuando a proprie spese le analisi delle paste in commercio per fornire informazioni di fondamentale importanza a consumatori e consumatrici.
www.granosalus.com